Frammenti d’essere
Qualche frammento di questi ultimi anni.
Per il passato nulla:
alcuni li ho dimenticati, stracciati,
altri abbandonati, sconfessati,
altri ancora dispersi, donati.
Ma sempre scribacchiati d’istinto,
non certo con la ragione,
perché solo l’istinto è esente da ipocrisia.
Dove è la vigna di Ca fiù ‘d reusa
ci sono Bella, Biscotto, Briosche,
ed i loro quattro amici,
mucche, pecore, capre, galline,
cani e gatti girovaghi.
Qui la vite fiorisce ogni anno ascoltandone le voci,
mentre i filari la nebbia avvolge,
la pioggia sferza, il sole abbacina,
finché l’autunno matura i suoi frutti
che antica saggezza accoglie.
Dopo lunga invernale attesa,
ecco dalla vigna la barbera di Simona,
da versare se vuoi nell’allegro convivio di amici
o in sola meditazione davanti al camino.
Ogni sorso ti parlerà dell’amore per la terra,
di fatica e duro lavoro,
di albe e tramonti in collina,
delle stagioni della vita.
Filari
Vagare tra filari nel trionfo della notte,
acini d’argentea luce
come stelle cadenti tra i tremuli tralci.
Il sussurro della brezza
e il leggero fruscìo di foglie,
son sinfonia di musica agreste,
che solitudine coglie nell’intimo vibrare.
Nostalgia di infanzia negata alla terra
macera lo stanco incedere.
Illusioni depredate,
sogni lentamente sgretolati,
rincorrono il tempo,
incidono l’anima,
mentre incanto di luna riporta al presente,
intriso di quiete e rugiada,
immerso, sommerso,
in tenui bagliori, misteriosi riverberi,
ombre vaganti e infinito silenzio.
Pigramente albori di luce,
tenui raggi di sole autunnale,
riscaldano la bruma e l’attesa dei grappoli maturi,
al vociare della vendemmia.
Nebbia
Vivere la nebbia è vivere il sogno,
imporre il fiabesco alla realtà,
bramare il dubbio e l’incertezza,
l’arcano e l’immaginario,
ansimare di puerili paure,
smarrirsi in magico paesaggio,
nutrirsi dell’alito della terra.
E’ velata visione, soffusa, confusa,
che induce a gioiosa melancolìa,
a tristi ricordi di felicità,
a momenti di riflessione
sull’essere stato primavera,
sull’essere adesso autunno,
sul prossimo divenire
della prima notte di quiete.
Ovattata suggestione,
sola, segreta amante di seducente solitudine,
cercata, voluta,
per fuggire dalla ignobile miseria dell’uomo.
Blues & barbera
Sono metabolizzazioni del lavoro della terra,
l’uno del cotone, l’altra dell’uva,
aventi parimenti una struttura, armonia,
toni e note.
Sbocciati dal popolo, per il popolo,
penetrano istinto e viscere,
se ne fottono di raziocinio e mente,
dirompono in ardente passione
Simboli di sublime creatività dell’uomo,
hanno lacrime di incontenibile allegria o struggente tristezza.
Sono momenti liberatori,
l’uno dalla condizione umana,
l’altra dalla convenzione umana,
incitano spudoratamente alla verità.
Sono mitizzazioni di spiritualità contrapposte:
l’uno è del diavolo la musica,
l’altra è degli dei il nettare.
E poi, che altro dire?
Prova a ritrovarti solo,
tu con loro,
socchiudi gli occhi,
lascia che i sensi mormorino,
che l’emozione affiori,
scoprirai intriganti affinità,
e non potrai più farne a meno.
A Giorgia
Ciao Giorgia, eccoti qua, arrivata...
ed ecco il mio frammento di muro,
che figura uno dei simboli
di quando tuo nonno era molto giovane,
simbolo da tempo ignorato, volutamente dimenticato,
ma che voglio che sia per te,
quello che è stato per me.
Il crescere e vivere con dignità,
sapendo sempre da che parte stare,
stringendo risoluta tra le mani i tuoi diritti,
non meno che i tuoi doveri,
e lottare duramente perché gli altri facciano altrettanto.
Capire che la diversità è un valore inestimabile,
che le passioni vanno vissute,
e talvolta possono, devono, anche non avere limiti.
Conoscere, perché la cultura è la miglior difesa,
dai prepotenti, dai mistificatori, dagli utili idioti,
di cui è pieno il mondo.
Comprendere che religione e potere,
al di là di quello che ti vorranno far credere,
hanno un unico dio.
E, soprattutto, renderti forte nei momenti in cui ne avrai bisogno,
perché tra una sconfitta ed una vittoria,
la scelta sia solo quella che, dopo,
guardandoti allo specchio,
tu non debba mai abbassare gli occhi.
Stella Alpina, Milano
Liscio e bocce,
biliardo e carte da gioco,
un giardino per correre
coi primi amici che memoria abbraccia,
e che non sai scordare.
Stanze fumose,
la sala incipriata a dovere,
vino, spuma, bianchin sprùzzà,
caffè, ciliegie sotto spirito,
caramelle e olive sciolte.
Come colonna sonora,
grida, risate,
parole in lingua dimenticata,
fisarmonica e piano.
Quante volte il pensiero corre a quel vocìo,
al Ruschetìn, conosciuto, amato,
a quel gabiòt,
sotto la casa di ringhiera,
dove ti nascondevi.
Varcarne la soglia,
ogni volta era impetuosa emozione,
ora incancellabile ricordo,
inciso come centenaria ruga nel vissuto.
Crescendo l'hai perduta,
nulla più trovando,
e loro se la sono divorata,
senza pietà, senza vergogna,
in nome della cultura,
come se tra quelle vecchie mura,
tra un rigolo, un trisett ciapanò, un giro di valzer,
non fosse fiorita e non dimorasse
la cultura dei semplici,
il respiro comune degli umili.
Deserto
Camminare, camminare,
nessuno intorno, lo sguardo a perdere,
vento sferzante, insinuante,
gocce di sudore grondanti sulla sabbia,
bruciano impietosamente.
Infuocata immagine lontana,
indefinibile, seducente, intrigante,
ti trascina nella fuga
in avventura che bimbo sognavi.
L'infinito accecante,
la luce immensa,
scavano la tua anima
sino a poterla scrutare nell'assoluto profondo.
Siedimi accanto, e parlami
delle infamie di questo mondo assurdo,
di uomini che hanno perso dignità,
di bimbi ridotti a stracci da gettare.
Siedimi accanto, e dimmi
come farai a vivere,
per essere diversa,
in cosa vorrai credere,
per evadere dalla normalità,
cosa cercherai in te stessa,
per essere una vera donna.
Siedimi accanto, e credimi,
avrei voluto lasciare intorno a te
solo quel ch’è giusto e onesto,
farti trovare soltanto rispetto e solidarietà.
Siedimi accanto, e guardami,
ma non farmi sentire in colpa,
se nel mio tempo ho perso,
se in questi anni non ho saputo
darti qualcosa di meglio.
Siedimi accanto, e aiutami,
ora che cammino nel crepuscolo,
perché non ho più nulla dentro.
E’ malinconia scrutarlo mentre cerca,
raccoglie e gelosamente serba,
brandelli di ciò che ha intorno, briciole di esistenza,
che allora sapevo essere per lui solo trascurabili inezie.
E osservo quei segni del tempo
che gli solcano dolcemente il viso,
messaggeri di silenzi non voluti,
che lo avvolgono, lo soffocano.
Vilmente fuggo da quegli occhi stanchi
che stillano angosciante solitudine,
cercano comprensione, chiedono pazienza e ascolto,
e mentre sento i suoi sogni svanire,
lo vedo aggrapparsi sempre più al flebile sussurro della vita.
Il sorriso
In questi giorni di dicembre
nella solita casa, nelle stanze del quotidiano trascorrere,
emozioni dolcissime e struggenti
riportano ad altri siti, a tempi lontani.
Momenti di tacito ascolto
vi dimorano in attesa di un tenero borbottìo,
di un pianto accennato, talvolta sconsolato o dirotto.
Accorrere fremente, quindi sperare,
con gesti, parole, carezze,
che borbottìo o pianto divengano quel tenero sorriso,
che sa pervadermi di gioia infinita…
intensa… profonda… inebriante.
Seduto sulla battigia,
come volo radente sul plumbeo mare,
errante è l’animo inquieto…
nel suono della risacca, col suo ripetersi perpetuo,
facile è smarrirsi tra ricordo e sogno,
e nell’inesorabile dissolversi l’uno nell’altro,
cerco di eludere l’evanescente realtà.
Varcarne la soglia diviene ormai più facile,
sempre meno ho fra le mani palpabili emozioni,
ancorarmi al presente talvolta è ardua impresa
e così come l’infinito orizzonte
rende mare e cielo indistinguibili entità,
sfuma il confine tra esistenza e il nulla.
Lasciati andare in questo risveglio di primavera,
dopo questa notte di sogni spezzati,
come se la stanchezza delle stagioni perdute,
non avesse affondato lame nel cuore.
Il tempo delle illusioni è da allora finito,
lo spazio si sfalda lentamente,
crepe oscure ne preannunciano la sorte.
Il mazziere ha sempre meno carte per te,
e quando le giri il più delle volte non fanno gioco.
Se da domani,
sparecchiando dopo aver bevuto del mio vino,
ascoltando la musica che amo,
sulla tavola della vita
troverai briciole di nostalgia
del tempo trascorso insieme,
non gettarle via,
serbale per un attimo,
come ormai da tempo sto facendo io.
Pioggia
Le nubi prima lontane, ora sono su di me.
Un sole esausto, arrendevole,
cerca in ultimo sussulto di incrinare cumuli e nembi,
con incidenza di strali di luce irreale,
stridenti nel cielo cupo.
Prime gocce di pioggia si posano dolcemente,
silenziose sulla terra,
lievemente crepitanti sulle foglie,
in questo solitario meriggio
che mi accoglie nell’oblio.
Lascio che la piova mi imperli il viso,
che stille scorrano sugli occhi socchiusi,
dilavando pensiero e astrazione.
Assorto, assaporo il divenire parte della natura,
come un tralcio di vite, come una pietra, come un animale,
ed essere, senza passato né futuro,
senza coscienza né ragione,
puro istinto immerso nel presente.
La notte
La notte è una donna,
splendida e seducente, tenebrosa e sfuggente,
che ti si dona perdutamente
solo se rinunci al tuo prezioso sonno.
Sacrificio assoluto, provocante talvolta dannazione,
come amore travolgente, disperato,
impietosamente sa elargire.
E allora, in certi momenti,
invochi aiuto per troncare questo amore:
da solo non ce la fai.
Ma la notte sa, che esistere senza lei,
ormai ti è impossibile,
e così, attende,
paziente e silenziosa,
le tue ripetute sconfitte.
Lei ti consente di penetrarne ogni recondita intimità,
ogni indicibile recesso, ogni inquietante arcano,
che ai dormienti son preclusi.
La notte è la tua più assidua e fedele compagna.
Con lei è sublimazione di attrazione e avversione,
perché lei sola ti conosce veramente.
Dialogando con lei,
trascinandoti in convulse riflessioni,
facendoti lievitare pensieri altrimenti celati,
concedendoti ogni libertà e trasgressione,
fa affiorare il peggio o il meglio di te,
provoca conati di inconscio e creatività
in aura di mistero e di magia.
Il sensuale bagliore del tramonto,
si spegne nella sera,
come suggestione talvolta dissolve nella noia.
Il quarto di luna rievoca sospiri,
frammenti trascorsi in dolce compagnia,
mentre l’ansimare del vento
sfilaccia il presente e brandelli di memoria
si intrecciano in struggente fantasia.
E nell’ora in cui il giorno fugge,
serpeggia sinuosa l’amarezza.
La Luna e la Bimba
Da tempo non scrutavo la luna,
disattento al suo rilucere,
alla sua bellezza eterea,
a quel suo bagliore
così diverso, così profondo,
insinuante seppur timido.
Ma in questa valle, in questo borgo,
tra case, viottoli, pertugi, alberi spogli,
dal soffice chiarore pervasi,
dove profili evanescenti
talvolta l’un nell’altro svaniscono,
dove arduo è coglierne l’essenza,
ora invece ne attendo con impazienza il levarsi,
l’apparire discreto sopra le cime della montagna.
Perché qualcosa è cambiato.
So, nell’oscuro empireo,
della tua voglia di cercarla,
della gioia grande nel vederla,
stupendoti, ammaliata dal suo rifulgere.
E, nelle sere di inverno,
ciò mi è pretesto per portarti via,
averti in braccio, stringerti,
perché è di questo che ho bisogno.
Mano di Bimba
Prendimi per mano
in questa strada solitaria verso il tuo gioco,
lo scalpiccìo sommesso dei nostri passi
sull'antico sterrato evoca echi lontani.
Stormire di fronde e qualche sparuto pigolìo
s'odono lungo il cammino,
e flebile vampa di vento solleva sbuffo di terra.
Poi il racconto, la favola, l'immaginazione,
parole e parole per incantarti,
uniti insieme in questa nostra avventura.
Prendimi per mano.
Accarezzo teneramente le tue piccole dita,
perché col trascorrere del tempo,
so che tu potrai e vorrai farne a meno,
mentre io, forse, non saprò rimanerne senza.
Prendimi per mano,
perché ora ho mille paure,
ma non devi saperlo... mai.
Spleen
Non c’è più tempo per rincorrere i sogni,
il sogno naufraga in realtà oscura.
L’orizzonte non ha infinito,
infinito è qualcosa che ormai non ti appartiene.
La notte si popola di angosciante aura,
e attendi il sole anelito di vita.
Cerchi di fuggire, di distogliere il pensiero,
vorresti la mano che ti accarezzava dolce,
che hai perduto quando vivevi primavera.
Inesorabile invece, ecco di nuovo l’opprimente verità:
sai che nulla potrà essere mai come prima.
Quanto è difficile vivere
nell’ineludibile, imperscrutabile, intollerabile tramonto.
Notturno
Stai dormendo.
Nella cameretta, lucilla effonde colori velati,
piacevoli dissolvenze pastello sui muri.
Lentamente mi siedo ancora sul letto,
non è la prima volta e non sarà l’ultima per questa notte.
Indescrivibile la gioia del bearmi del tuo viso
lontano nel sonno di corse nei prati, di giochi nei boschi.
Con la mano ti accarezzo teneramente per non svegliarti
ma con decisa dolcezza come per rassicurarti.
Sai, è futile pretesto:
guardarti e carezzarti conforta me stesso
ove certezze e sicurezza sono sempre più fugaci, effimere.
Cristalli fragili
Com’è tutto fragile
intorno e dentro l’anima.
Intenti come gracili cristalli
in un perpetuo frantumarsi
di mille schegge di vetro
che riverberano istanti di vita.
La gioia di vivere di una bimba,
la sua voglia di sussurrare,
di gridare, di urlare,
la sua incontenibile esigenza
di provare emozioni,
causarne, subirne,
di comunicare le sue sensazioni,
con gesti, con movenze,
con sguardi, con bronci improvvisi,
non deve avere impedimento.
Se hai occasione di esserne partecipe,
liberati da logica e saggezza,
da regole e principi,
e assecondala senza remore o esitazioni.
Solo allora sentirai, capirai,
di assistere alla piena libertà di essere,
del suo essere, del suo esistere,
alla affermazione della sua personalità.
Triste è vedere, quando si cerca
di condizionare, controllare tutto ciò,
se non proibire,
adducendo a giustificazione
formazione, educazione, pedagogia,
che nascondono, e infondono,
solo conformismo e omologazione.
L’espressione ingabbiata è tra le cose peggiori
che possa sopportare una bimba,
e che uno spocchioso adulto le possa imporre.