Haiti.
Barbancourt.
E' il più grande distillatore della Repubblica Haitiana. L'azienda fu fondata nel 1862 dai fratelli Duprè e Labbè Barbancourt originari della Charente Francese. Nel 1906 si separarono e Duprè rimase al timone dell'attività. Alla sua morte, non avendo avuto figli, l'azienda passò al nipote della moglie e via via ai loro discendenti. Oggi a dirigere l'azienda situata a Damien è compito di Thierry Gardère, il pronipote.
Lo zucchero proviene dai circa 600 ettari di piantagioni di canna, dei quali 120 sono di proprietà aziendale e forniscono circa il 20% del fabbisogno totale, mentre i rimanenti appartengono a molti piccoli coltivatori, i quali spesso, nel periodo compreso tra novembre e giugno, tagliano la canna ancora a mano. Per la distillazione si usa solo il succo vergine mentre gli scarti della lavorazione, le "bagasse", sono utilizzate come combustibile per le macine. Duprè utilizzò il metodo "charentaise" della doppia distillazione, a quel tempo riservata solo ai più grandi cognac, per ottenere un prodotto unico, invecchiato in botti di solo rovere del Limousin francese.
Da subito il rhum Barbancourt ottenne innumerevoli medaglie e riconoscimenti in tutto il mondo che ne hanno fatto uno dei distillati più premiati della storia. La produzione totale si attesta attorno alle 2 milioni di bottiglie. Il prodotto più rappresentativo spetta alla "Réserve du Domaine", invecchiata 15 anni, prodotta in quantitativi limitati.
J.P.Gardere & C.. Rhum Barbancourt reserve du domaine. Oltre 15 y.o.. 70 cl. 43% vol..
Acquistato anni '90.
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Jean Gardere & C.. Rhum Barbancourt réserve spéciale. 70 cl. 43% vol..
Acquistato anni '90.
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Jean Gardere & C.. Rhum Barbancourt. 70 cl. 43% vol..
Acquistato anni '90.
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Distillerie de Port-au-Prince.
La distilleria.
La Distillerie de Port-au-Prince è il risultato della collaborazione tra la famiglia Barbancourt-Linge (discendenti della famosa dinastia dei rum Barbancourt), Luca Gargano (Velier) e Vittorio Capovilla, avvenuta nel 2018.
La distillazione avviene in un alambicco "pot still" Müller Aroma 1.500 L.
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Distillerie de Port-au-Prince. Providence First Drops. Haitian pure single rum blanc. Distillazione novembre 2019. 70 cl. 57% vol..
Acquistato 2021.
Primo imbottigliamento della distilleria, è un rum bianco prodotto da sciroppo di canna e succo di canna fresco. La varietà "cristalline" di canna da zucchero utilizzata proviene da Michel Sajous di a Saint Michel de L'Attalaye, nel nord di Port-au-Prince. La distillazione è completata in un alambicco riscaldato a vapore Müller Aroma 1.500 L. Sono state imbottigliate 5.370 bottiglie.
Di seguito un video di Luca Gargano sulla presentazione del Providence First Drops.
Distilleria di Port-au-Prince. Alambicco "pot still" Müller Aroma 1.500 L.
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I "Clairin".
I "clairin", rhum artigianali, in passato illegali, prodotti in distillerie decisamente rustiche al limite delle condizioni igieniche, sono prodotti profumatissimi simili ai migliori agricoli delle isole e sono fatti per affascinare il consumatore. Lo stato arcaico in cui versa l'agricoltura di Haiti diventa da debolezza, il punto di forza. Raccolta a mano, assenza di specie ibridate create dall'uomo, assenza di pesticidi, fertilizzanti e trattamenti, fermentazioni non controllate e spontanee grazie all'abbondanza di lieviti naturali che non sono stati debellati dall'inquinamento e dalla chimica. Nessuna filtrazione ed alambicchi decisamente artigianali con serpentine di raffreddamento ricavate con oggetti di metallo di fortuna, come bidoni da olio.
Oggi si contano meno di cinquanta distillerie fumanti in tutti i Caraibi, mentre ad Haiti ne esistono ancora 532. Sono produzioni artigianali e artistiche, alcune minuscole, diffuse nell’unico territorio caraibico. Il Clairin gioca un ruolo importante nella cultura haitiana, ricopre una parte essenziale della vita quotidiana di Haiti, dalle funzioni sociali ai riti voodoo. Si tratta del rhum del popolo, prodotto utilizzando varietà di canna da zucchero autoctone coltivate in consociazione con molte altre piante, senza l’utilizzo di diserbanti o pesticidi. Una volta raggiunta la giusta maturazione, la canna da zucchero viene tagliata rigorosamente a mano e trasportata con l’aiuto di carri di buoi o di asini nella distilleria dove si procede con pressatura la e successivamente con la fermentazione. La fermentazione avviene in contenitori (futs) tronco conici di legno, che ad Haiti vengono chiamati ‘chais’. Il non avere utilizzato la chimica in agricoltura permette di poter effettuare le fermentazioni con i lieviti naturali presenti nel succo di canna. Sono fermentazioni selvagge, che durano da quattro a otto giorni, dando vita a dei mosti straordinari dal punto di vista aromatico, che esprimono con chiarezza e diversità il terroir da cui provengono e le diverse varietà di canna. È veramente un privilegio poter annusare mosti così diversi tra di loro.
Il bio non si ferma nel campo, ma continua nella distillerie che bisogna descrivere per evitare di creare un’immagine sbagliata. Sono spesso al centro delle coltivazioni, una tettoia che copre la chaudière, l’alambicco e i tini di fermentazione che solitamente sono in legno di rovere o mango e il piccolo mulino dove viene pressata la canna. Sono quindi distillerie estremamente basiche, potremmo dire primitive, ma bellissime nella loro semplicità. E poi gli alambicchi. Sono di una "tecnologia" ancestrale, certamente discontinui "pot still", alimentati a fuoco diretto e spesso con una piccola colonna di rettificazione con un massimo di sei plateaux e una vasca "chauffe vin" in legno: una struttura analoga a quella portata dai francesi nella seconda metà del ‘700. Sono quindi distillerie estremamente basiche, primitive, ma non diverse da quelle di tutte le altre isole caraibiche duecento anni fa. E la cosa che rende i Clairin unici ai Caraibi è la non diluizione dell’alcol all’uscita dall’alambicco: la gradazione tra i 51% e i 55% dopo la distillazione è la medesima con cui viene consumato ed è la medesima con cui Spirit of Haiti (Velier) lo ha imbottigliato. Nessuna parte di acqua è aggiunta nel Clairin, né precedentemente in fermentazione né successivamente prima dell’imbottigliamento. La gradazione standard 55% è definita ad Haiti Clairin 22.
La dicitura Clairin 22.
È stata oggetto di congetture di tutti i tipi per capirne il significato. La spiegazione sta negli alcolometri che ad Haiti includevano non solo la scala Gay Lussac, che misura la percentuale di alcool da 0% a 100%, ma anche la scala di Cartier, ormai caduta in assoluto disuso nel resto del mondo, che esprime il grado alcolico di un liquido da 10 a 44 gradi, e quindi 22 gradi Cartier corrispondono a 55% Gay Lussac. Sono prodotti anche il Clairin 21, il Clairin 20 e il Clairin 18, che corrisponde al 42% vol. La maggior parte dei Clairin non sono imbottigliati. Le distillerie più grandi, come Nazon, Vales e Audin, vendono in grandi quantità all’ingrosso, mentre le distillerie più piccole vendono in drums da 55 galloni al dettaglio. Viviamo quindi in un mondo pre "confezionamento", dove anche per una questione di risparmio sono i consumatori a recarsi con il recipiente dal negozio. Non si sfida un sistema così semplice e così efficiente. Ora la sorpresa di scoprire un volto così arcaico e naturale non deve far pensare che tutti i Clairin siano speciali, anzi, ne esistono molti assolutamente velenosi e improponibili alla degustazione. D’altra parte, però, diversi produttori, veri artisti, riescono a produrre dei Clairin talmente tipici nei profumi e nella complessità gustativa che possono forse essere comparati solo ai mezcal single village Del Maguey di Ron Cooper.
La raccolta.
A seguire un brano tratto da "Nomade tra i barili", di Luca Gargano. 2019.
E così ci offrono di assaggiare un'altra cosa. Ci portano questa bottiglia senza etichetta, piena di un distillato bianco. Lo assaggiamo.
È un rum agricole bianco straordinario. Chiediamo cosa sia e ci dicono che questo è il "clairin".
E così lo scopriamo. Capiremo che qui identificano la parola "rum" solo con il rum invecchiato e quindi con il Barbancourt, mentre "clarin" è il nome che danno al loro rum agricole bianco "moonshine", o comunque prodotto sull'isola da piccole distillerie e destinato solo al commercio interno. Capiamo anche che l'indicazione sulla gradazione, e cioè i 22 gradi di cui ci avevano parlato in quella piccola distilleria che abbiamo scoperto per caso, dipendeva dal fatto che qui usano ancora l'antica gradazione Cartier, e che quindi quei 22 gradi corrispondevano agli oltre 50 gradi del rum agricole.
Immediatamente chiediamo chi produca questo rum che abbiamo assaggiato. Ci rispondono che a produrlo è la distilleria Chelo di Michel Sajous, fratello del proprietario dell'Abaka Bay, a Saint Michel de L'Attalaye.
L'indomani partiamo. Nel frattempo, sulla barca che fa il trasporto tra l'Abaka Bay e Cayes, che continua a fare avanti e indietro per via del carnevale, conosco una signora, Vanessa Jacquemine, haitiana che vive a New York, assistente dell'amministratore delegato della Lvmh statunitense, la quale chiacchierando mi dice di avere un parente non lontano da Cayes che produce Clairin.
E così l'indomani partiamo a bordo delle nostre Land Cruiser, percorriamo strade sterrate e, tornando verso Port-au-Prince, dopo Cayes, ci fermiamo a Cavaillon dove conosciamo Fritz Vaval, unico produttore di Clairin della zona. La sua distilleria si chiama Arawaks, in onore dei popoli amerindi pre-colombiani.
Fritz è un cinquantenne molto fiero del suo savoir faire di distillatore. Suo padre, anche lui distillatore, adesso ha quasi cento anni e una drogheria a Cavaillon.
È con Fritz che cominciamo a capire di più cosa sia il Clairin, questo distillato a bassa gradazione (tra i 48° e i 55°), frutto di un'unica distillazione discontinua, utilizzando canne che sono biologiche senza sapere di esserlo, per così dire, con i loro lieviti naturali, in questi piccoli alambicchi che risalgono al 1700, prima della rivoluzione, portati qui dai francesi.
A questo punto iniziamo il nostro viaggio nell'entroterra per raggiungere Michel Sajous, il fratello, percorrendo le strade sterrate haitiane diretti a Saint Michel de L'Attalaye. Dopo Cavaillon torniamo quindi a Port-au-Prince, poi saliamo verso nord e, poco dopo Saint Marc, entriamo sulle piste sterrate.
Scopriamo un Paese inaspettato, bellissimo, che smentisce tutti i luoghi comuni sulla povertà e la miseria. Invece è un posto con un potenziale incredibile, dove la natura incontaminata offre ricchezza di prodotti e persone.
Dopo Marchande, la strada diventa veramente impervia, dove non incontriamo nessun mezzo di trasporto, se non ogni una o due ore uno di questi vecchi camion decorati e adibiti a trasporto di persone, e qualche moto-taxi.
Finalmente arriviamo a Saint Michel de L'Attalaye, in un altopiano circondato dalle montagne, una zona protetta dai cicloni per la sua conformazione, a 400 metri di altitudine, quindi con un'escursione termica importante.
La distilleria di Michel Sajous è a venti minuti di strada sterrata da Saint Michel de L'Attalaye, circondata dalle montagne con questa vegetazione rigogliosa, un torrente dove i bambini pescano a mani nude.
Michel Sajous è anche lui un cinquantenne, conosciuto ad Haiti come uomo di punta nella produzione del Clairin. Anche lui ha ereditato questa distilleria all'epoca in disuso, dopo essersi dedicato alla coltivazione di manghi. Michel è anche il concessionario della Digicel, la società di telefonia haitiana, e ha una casa di legno al centro del mercato di Saint Michel de L'Attalaye.
Ci ospita a dormire in questa casa con i pavimenti che cigolano, ci prepara da mangiare un pasto straordinario, con faraone e capretto cotti su brace, bevendo questo Clairin magnifico.
Il giorno dopo vado a visitare la piccola distilleria. E lì mi accorgo che lui, senza esserne cosciente, ha la più grande coltivazione al mondo di canna "cristalline", l'ormai rarissima canna da zucchero non ibridata, della quale esiste solo un altro ettaro in tutti i Caraibi, da Gregory Neisson, a Le Carbet in Martinica.
La "canne cristalline" è una canna dura, magra, ma estremamente dolce e aromatica. La varietà che ha Sajous, e ne ha diversi ettari, è quella rossa, che ha un succo straordinario.
Le canne vengono portate dagli asini al piccolo mulino Panelero, prodotto in Colombia. Il personale scarica a braccia i fasci di canne, che porta a passare in questo mulino molto semplice, da cui esce il succo.
Sajous spreme nel succo dei piccoli "citron vert", che mi accorgo essere gli stessi non ibridi che ci sono a Marie Galante, adorati da Capovilla, e aggiunge un po' di ghiaccio, facendomi assaggiare una delle bevande non alcoliche più buone che abbia mai bevuto in vita mia.
Vedo i piccoli tini, dove le fermentazioni avvengono tutte naturali, con i loro lieviti, e durano una settimana. E la sua piccola colonna con quattro piatti, alimentata a fuoco vivo di legna.
Il distillato che assaggiamo è talmente vero, talmente vibrante di vita, che mi chiedo se il mondo sia pronto per accoglierlo. Viene venduto ai droghieri, viene usato nei riti voodoo, è il media della convivialità degli haitiani. E talmente autentico che, nella nostra cultura occidentale, dove tutto viene ormai livellato su un gusto medio, senza eccessi, rischia di risultare "troppo" autentico, e di non essere capito.
Però non posso non metterlo in bottiglia, anche per scongiurare il rischio che l'occidentalizzazione di Haiti arrivi a cancellarne l'esistenza, con le norme sanitarie demagogiche in vigore che, in nome della protezione del consumatore, in effetti sono fatte apposta per distruggere tutte le attività artigianali indipendenti.
Quindi lancio l'idea di imbottigliare il Clairin e di portarlo nel mondo. Sajous, che è un uomo di grande gentilezza, mi sta a sentire e annuisce, ma dalle sue espressioni capisco il suo stesso scetticismo. Comunque si mette a disposizione.
Il mattino dopo ci ritroviamo in mezzo al mercato, con le donne che raccolgono il carbone, quelle che setacciano il mais naturale per fare il mais "moulu", una sorta di polenta straordinaria, assistiamo alla preparazione del "rapadou", vero zucchero, ottenuto dal succo di canna concentrato in pentoloni a fuoco vivo. Quando lo zucchero comincia a cristallizzarsi pur rimanendo umido, viene infilato in cilindri di foglie di palma lunghi un metro, e lasciato al sole a indurirsi. Il gusto è stupefacente: ricorda i marron glacés, e poi si sviluppa in un retrogusto di liquirizia e balsamico assolutamente inaspettato. Ricco di vitamine e minerali, dà l'idea del perché nel passato lo zucchero fosse così ricercato e ricco di valore.
Da Saint Michel visitiamo per la prima volta un tempio voodoo, sulle colline che circondano Saint Michel ritornando verso Port-au-Prince, e poi da qui andiamo verso Jacmel, dove alloggiamo all'hotel Florita, il posto dove io inizierei qualsiasi documentario sul rum.
Jacmel è la capitale culturale artistica di Haiti e questo albergo del 1888 è tutto di legno bianco e azzurro chiaro, con i poggioli di ferro battuto, le sedie a dondolo, e annesso un vecchio deposito del caffe trasformato in un bar bellissimo.
In questo primo viaggio scopro insomma un mondo inaspettato, incredibile. E a questo punto inizia per me una vera e nuova ricerca alla scoperta del Clairin.
Esploriamo, in più viaggi ripetuti, praticamente tutto il paese, non essendoci nessuna informazione ufficiale sul Clairin, né dati, né un elenco di produttori. Tra il 2012 e il 2013 io e Daniele Biondi esploriamo sistematicamente l'isola, seguendo il passaparola, in cerca dei campi di canna da zucchero e quindi delle distillerie.
Scopriamo che ad Haiti ci sono 532 alambicchi funzionanti, quando in tutti i Caraibi ci sono solo 42 distillerie ancora fumanti.
La nostra ricerca è per scoprire anzitutto cosa sia davvero il Clairin. Scopriremo presto che in tutta l'isola esistono distillerie molto primitive, addirittura con piccoli mulini di legno verticali messi in funzione dai tori, una tecnologia talmente antica che perfino da Cuba è sparita già nel 1750, oppure all'opposto ci sono distillerie con colonne molto più sviluppate che producono dei Clairin molto più industriali utilizzando lieviti selezionati, vendute in bottigliette da 15 cl.. Scopriremo che il Clairin nasce con gli alambicchi sopravvissuti dopo la liberalizzazione degli schiavi.
Dopo le prime visite, creo un protocollo per definire cosa sia il vero Clairin. Per essere tale, deve provenire da un'agricoltura senza utilizzo della chimica; con il diserbo a mano, che viene fatto due volte, perché quando la canna diventa abbastanza alta la luce non entra più e quindi l'erba non cresce alla base delle canne; anche il taglio dev'essere fatto manualmente con il machete; il trasporto dai campi alla distilleria deve avvenire a trazione animale; le fermentazioni devono essere selvagge, con i lieviti naturali, garantendo la trasmutazione naturale dei vegetali; la distillazione deve essere nei piccoli alambicchi e poi il distillato deve essere messo nei contenitori al grado dell'alambicco.
Bisogna considerare anche che ad Haiti non esistono cartine geografiche dettagliate, quindi si viaggia un po' a vista, in un certo senso.
In uno dei primi viaggi, dopo essere stato a Cavaillon da Vaval vedo che dall'altra arte c'è una pista che va nella parte nord della penisola che si protende verso ovest.
Parto con il mio amico, e già compagno di viaggi in Polinesia, Stefano Vanelli su questo sterrato bellissimo che inizialmente costeggia un fiume incontaminato il fiume Cavaillon, e poi il paesaggio diventa impervio, quasi da far west, roccioso, con cactus, agavi, con ogni pezzo di terreno libero tra una pietra e l'altra rubato per l'agricoltura.
Sono zone dove non incontri mai un bianco, mai un'auto per via del terreno impervio. Ci sono le moto-taxi, che raramente trasportano meno di tre persone. Ogni tanto si incontrano i vecchi camion americani, che trasportano anche gente, tutti decorati con immagini religiose o vari idoli.
Su una salita dello sterrato, vediamo un camion fermo, con un uomo che dorme lì accanto. Il camion era guasto e così noi gli offriamo un passaggio, cosa che tra parentesi un bianco da queste parti non farebbe mai.
Gli chiedo se ci sono delle distillerie verso Baradères, e lui mi risponde con precisione che ce ne sono ben tredici. Gli domando allora quale secondo lui sia la migliore e lui mi indica quella di Casimir Duncan.
E così, dopo aver continuato insieme questa pista davvero ostica, che richiede un paio d'ore per fare meno di quaranta chilometri, scolliniamo su un altro versante, dove si apre su un paesaggio magnifico, sul fiume Baradères, fino al villaggio omonimo, con le sue casette coloniali in legno.
Arriviamo da Faubert Casimir, che prosegue l'opera iniziata dal padre Duncan nel 1979. Faubert coltiva cinquanta ettari di canna, che viene raccolta a mano con il machete e trasportata su asini alla piccola distilleria. E' la "hawaii blanche" e la "hawaii rouge", canne tenere, anche queste non ibride, naturali come la "cristalline".
Entro nella distilleria, con questo alambicco del 1802, tini di fermentazione molti piccoli, di legno, con i polli che saltano anche qui da un tino all'altro.
La "hawaii blanche" assomiglia alla canna "otahiti", coltivata nel 1800 in Martinica e visibile nel Museo della Distilleria Saint James a Sainte Marie. La sua plantation è in consociazione con banane, palme, papaye e manghi. Vengono raccolte solo le canne a piena maturazione, e quindi il campo non rimane mai completamente privo di vegetazione. Le "bagasses" vengono compostate con altri materiali organici, e utilizzate per concimare le nuove piantagioni.
La particolarità di Casimir e degli altri distillatori della zona è di aggiungere alcune erbe o sostanze vegetali al puro succo di canna in fermentazione, per potenziare gli aromi. Casimir aggiunge foglie di citronella, anice stellata e, in alcuni "batches", lo zenzero. Usa anche le arance come acidificante, invece di un prodotto chimico.
All'ora di pranzo, chiedo a Casimir se può consigliarci un ristorante. Ma lui mi risponde che qui non c'è neanche una farmacia, figurarsi un ristorante. Mi dice però che possiamo andare a casa sua, da sua moglie, che infatti senza averci mai visto prima ci accoglie e ci prepara un pranzo fantastico, con una faraona cotta sul fuoco vivo, con le banane fritte, il tutto seguito da un caffè eccezionale, che poi scoprirò essere l'originale non ibrido, padre del famoso blue mountain giamaicano.
Il rum di Casimir è buonissimo. E lui è un distillatore fierissimo, con un suo protocollo di produzione rigorosissimo. Gli dico che voglio comprarlo e imbottigliarlo, al che lui mi guarda tra l'incredulità e la sorpresa.
Il Clairin qui viene venduto solo localmente in "drums" di plastica da 55 galloni, quindi circa 200 litri, comperati dai droghieri locali. L'idea di un imbottigliamento o addirittura di una esportazione è del tutto fuori dal suo mondo. Non sa bene neppure come essere pagato, non ha un conto in banca, non ha certo un computer. Ha giusto un telefono, ma che funziona saltuariamente e dove è difficile comunque reperirlo.
Per fortuna conosco Linge, che mi garantisce comunque un minimo di appoggio per spedizioni e contatti.
E da lì parte il lavoro. La prima cosa che faccio è contattare tramite Vanessa Jacquemine dei pittori naif haitiani, pensando alle etichette. Così conosco il pittore Michel, che produrrà dei dipinti con delle scene di canna da zucchero nel suo stile, dipinti che diventeranno infatti quelle che oggi sono le etichette di Sajous e di Casimir.
Dopo cinque o sei viaggi, finalmente è pronto il primo Clairin di Vaval, distillato secondo i nostri protocolli, cercando di avere un grado leggermente più alto, tagliando bene le teste e code delle canne. Con Daniele carichiamo il primo drums da 55 galloni (circa 200 litri) sulla nostra Land Cruiser e lo portiamo a Port-au-Prince, dai Linge.
(...)
Il Clairin non è qualcosa di morto, è qualcosa di vibrante, che cambia di volta in volta, qualcosa di naturale e in qualche modo selvaggio, a cui non puoi mettere la cravatta, che devi invece rispettare e saper apprezzare proprio nella sua autenticità.
(...)
Questi viaggi ripetuti con molta frequenza nel 2012 mi fanno innamorare profondamente di Haiti. Nella campagna haitiana ci sono tantissime tradizioni agricole africane, come per esempio seccare il mais sugli alberi.
E' un popolo che è stato deportato con la forza quattrocento anni prima, e ha però mantenuto con orgoglio e dignità tutte le tradizioni africane, che oltre all'agricoltura riguardano il culto, il voodoo, l'aver creato una lingua, il "créole", che è una sorta di importazione del francese nella grammatica dei popoli dell'Africa dell'ovest.
In più, siamo nei Caraibi, su questi sterrati praticamente senza traffico, a eccezione dei tap-tap decorati a mano, i vecchi camion Mack della metà del secolo scorso e le moto-taxi. Percorriamo le montagne e le coste completamente incontaminate, dove i pescatori seccano i pesci sui graticci in spiaggia come da tradizione africana. Guadiamo i fiumi, dove la gente si lava come nell'Africa fino agli anni Settanta. Vediamo le centinaia di muli con i basti di legno che vanno a un mercato che è completamente africano, per luci, rumori, odori.
E qualcosa di emozionante, anche perché del tutto anomalo per i Caraibi. E un'Africa deportata, che continua a essere Africa in un clima tropicale, con il sole, le palme, le spiagge.
Gli haitiani non hanno tutte le sovrastrutture culturali che abbiamo noi occidentali, e per questo mostrano a cielo aperto la vita senza filtri, composta di male e di bene, di bianco e di nero, tutto insieme.
E un popolo con una spiritualità estremamente sviluppata. Qui anche gli esercizi commerciali, i negozi e quant'altro, hanno nomi in qualche modo sempre legati alla religione.
Quindi dentro di me non c'è solo la voglia di far conoscere un prodotto che rischia di sparire prima ancora di essere conosciuto dal resto del mondo, ma in un certo senso attraverso il Clarin voglio anche riscattare tutto questo, e far notare l'autenticità di Haiti, considerandolo un Paese che può essere un esempio. Anche perché quello haitiano è un popolo schiavo che è riuscito a ribellarsi, a emanciparsi autonomamente, e così a vincere, conquistando davvero la propria libertà. Ed è per questo motivo che gli haitiani hanno ricevuto una sorta di cartellino rosso per l'eternità, quasi come un monito ad altri popoli che avessero intenzione di ribellarsi.
Gli haitiani sono stati puniti, potremmo dire, tagliati fuori dal mondo del commercio, dell'industria, del turismo, bollati quindi come popolo povero e sofferente, quando invece potrebbero essere considerati in qualche modo come l'esatto opposto, ovvero come l'esempio chiaro e lampante di una libertà autentica, che è possibile conquistare.
Con queste scoperte coniugo quindi il mio desiderio di scoprire prodotti sconosciuti con il mio impulso fortissimo, per certi aspetti politico, a comunicare al mondo che la disinformazione su Haiti è totale, con tutti i miei mezzi, per quanto limitati.
Il trasporto alla distilleria.
I "Clairin di Luca Gargano".
I "clairin" scelti da Luca Gargano e importati da Velier sono presidio haitiano di Sentinelle Slow Food e distillati che rispondono al protocollo Triple "A", che è il seguente:
- le varietà della canna da zucchero devono essere autoctone e preferibilmente non ibride.
- la coltivazione della canna da zucchero deve essere biologica, deve seguire le tecniche di produzione tradizionali, senza l'utilizzo dei prodotti chimici di sintesi (diserbanti, fertilizzanti, fungicidi etc.).
- la raccolta deve essere fatta rigorosamente a mano.
- il trasporto della canna da zucchero dai campi alla distilleria deve avvenire attraverso l'utilizzo di animali.
- il succo o sciroppo non deve essere diluito con acqua a riduzione del "brix", agenti chimici e acidi non possono essere aggiunti
- la fermentazione del succo della canna da zucchero deve esclusivamente avvenire attraverso l'utilizzo di lieviti naturali, senza l'aggiunta di lieviti industriali e deve durare almeno 120 ore.
- la distillazione avviene all'interno di alambicchi con un massimo di 6 piatti di rame a diretto contatto con il fuoco.
- lo "spirit" deve essere imbottigliato al grado di uscita dell'alambicco senza diluizione.
- l'imbottigliamento deve avvenire ad Haiti.
Distillerie Arawaks.
La distilleria.
Il clairin Vaval, prodotto dalla distilleria Arawaks, è un distillato autentico e tradizionale dei Caraibi, nato dall’incrocio tra cultura africana ed europea, in grado di conservare il fascino primordiale di Haiti. Nasce dalle mani dell’artigiano distillatore Fritz Vaval, la cui famiglia è proprietaria della distilleria Arawaks dal 1947. Questa piccola distilleria familiare si trova nei pressi di Cavaillon, un pittoresco villaggio nel sud di Haiti, situato vicino alle spiagge di Aquin e celebre per un mercato molto vivace in stile africano.
Fritz Vaval, proprietario della distilleria Arawaks, coltiva 20 ettari di canna da zucchero, dove è impiantata la varietà conosciuta come Madame Meuze, tipica del territorio. Le canne raccolte vengono macinate e il succo di canna da zucchero ottenuto fermenta spontaneamente in distilleria grazie all’azione dei lieviti selvaggia. Il succo fermentato viene distillato due volte con alambicco artigianale discontinuo fatto in casa e con un condensatore ricavato da un bidone della benzina. Tutto viene svolto manualmente e in maniera rigorosamente artigianale, servendosi anche di bombole di gas per l’alimentazione del fuoco diretto sull’alambicco.
Il rhum clairin Vaval, scoperto da Luca Gargano e imbottigliato da Spirit of Haiti, racchiude l’animo selvaggio e tradizionale di Haiti, come sembra suggerire anche il nome della distilleria, Arawaks, che indica il popolo autoctono che abitava i Caraibi prima della scoperta dell’America. I suoi profumi, oltre offrire i classici profumi di frutta esotica matura, foglie e solventi, tipici dei distillati tropicali di puro succo di canna da zucchero, sono caratterizzati anche da note di erbe aromatiche che ricordano l’anice e i semi di finocchio. Il sorso è caldo, morbido, fresco e minerale, leggermente rustico, con ritorni aromatici di frutta esotica matura, erbe aromatiche e officinali.
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Distillerie Arawaks. Fritz Vaval rhum pur jus de canne. Pot still proof.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A. 70 cl. 50,4% vol..
Villaggio: Cavaillon.
Raccolta: 2018.
Canna da zucchero: Madame Meuze.
Fermentazione: puro succo di canna con lieviti selvatici.
Distillazione: discontinua in alambicco.
Distillatore: Fritz Vaval.
Imbottigliamento presso Spirit of Haiti. Port-au-Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Il clairin Vaval viene prodotto nei pressi di Cavaillon, un villaggio situato sulla strada meridionale, rinomato per il suo vivace mercato in puro stile africano. Proviene da una varietà di canna da zucchero Madame Meuze, che qui trova la sua espressione più pura. Distillato in un unico alambicco della casa, questo rhum a fermentazione spontanea perpetua la tradizione della distillazione locale e rende omaggio al primo popolo di Haiti, gli Arawaks.
Recensione di Lance Surujbally. Nota: La recensione non è riferita al rhum dell'annata di raccolta collezionata. E' comunque indicativa delle caratteristiche e specificità del distillato.
(per collegarsi alla recensione clicca sull'immagine).
L'alambicco.
§ § §
Distillerie Le Rocher.
L'alambicco.
Il clairin prodotto dalla omonima distilleria è un distillato raro e unico al mondo, prodotto in maniera molto artigianale e caratterizzato da un profilo aromatico rustico, rurale e selvaggio. Si tratta innanzitutto del distillato tradizionale del popolo di Haiti, in questo caso prodotto da sciroppo di canna di zucchero, secondo un procedimento unico nel suo genere che rappresenta un esempio archeologico delle usanze di distillazione dei coloni francesi del XVII secolo, influenzate però in questo caso dal “dunder-style” sviluppato in Giamaica dai coloni inglesi. La distillazione di puro succo di canna da zucchero ad Haiti è infatti un’eredità del colonialismo francese mentre la scelta di utilizzare la melassa e la pratica che arricchire il processo di fermentazione con i residui delle precedenti distillazioni, chiamati “dunder”, è tipica dei coloni inglesi in Giamaica.
Tutto questo per dire come questo clairin sia il frutto del sincretismo, sedimentato nel tempo, tra le usanze haitiane di derivazione francese e le influenze della vicina Giamaica. L’artigiano distillatore Romulus Bethel è oggi il custode di questo raro e atipico know-how su cui fonda la propria attività nel villaggio di Pignon, dove si trova la distilleria Le Rocher, così battezzata da Romulus in memoria del celebre versetto evangelico: “L’uomo stolto costruisce la casa sulla sabbia e invece l’uomo saggio la costruisce sulla roccia”. Per la produzione vengono utilizzare tre diverse varietà autoctone di canna da zucchero, il cui succo viene posto ad ebollizione per ricavare la melassa. Lo sciroppo di melassa viene quindi sottoposto a fermentazione selvaggia, cioè spontanea, con aggiunta dei residui (“borlande”) delle precedenti distillazioni, effettuate sempre rigorosamente con alambicchi artigianali a fuoco diretto.
Questa addizione permette di sviluppare in fermentazione delle aromaticità molto più intense che poi si rivelano anche nel distillato finito. Anche Le Rocher è un clairin totalmente naturale, distillato una volta sola e imbottigliato “still proof”, cioè senza alcuna diluizione, come da protocollo clairin.
Il clairin Le Rocher offre una preziosa e rarissima testimonianza storica e archeologica che sembra racchiudere l’essenza dei Caraibi, un terra complessa e affascinante, nata dall’integrazione tra i colonialisti europei, le popolazioni locali e gli schiavi neri dell’Africa. Ad Haiti il frutto di questa antica integrazione sembra essere stato preservato dallo scorrere del tempo e si offre in una bottiglia che racchiude una creatività artigiana di matrice puramente tropicale.
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Distilleria Le Rocher. Clairin Le Rocher rhum sirop de canne. Pot still proof.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A.
Villaggio: Pignon.
Raccolta: 2018.
Fermentazione: sciroppo di canna con lieviti selvatici.
Distillazione: discontinua in pot still.
Distillatore: Bethel Romelus.
Imbottigliamento presso Spirit of Haiti. port-au-Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Il clairin Le Rocher viene prodotto a Pignon, all'ingresso dell'altopiano di Saint Michel de L'Attalaye, utilizzando sciroppo di canna prodotto con succo naturale aggiungendo durante la fermentazione circa il 30% delle vinacce di distillazioni precedenti: un esempio archeologico del metodo di produzione delle colonie francesi influenzate nel 1785 dalla tecnica sviluppata dagli inglesi in Giamaica, il "dunder-style".
Recensione di Lance Surujbally. Nota: La recensione non è riferita al rhum dell'annata di raccolta collezionata. E' comunque indicativa delle caratteristiche e specificità del distillato.
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La fermentazione.
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Distillerie Chelo.
La distilleria.
ll clairin Sajous, prodotto dalla distilleria Chelo di Michel Sajous, incarna l’essenza e la ruralità del distillato tradizionale del popolo di Haiti. Si tratta di una piccola produzione artigianale che, prima di essere scoperta da Luca Gargano nell’ambito del progetto di valorizzazione The Spirit of Haiti, veniva smerciata e venduta sfusa a Port-au-Prince, capitale di Haiti.
La distilleria si trova nella regione di Saint Michel de l’Attalaye, dove la famiglia di Michel porta avanti una piccola attività di distillazione dal 1960. La distilleria consiste in una piccola struttura coperta sotto cui si trova un alambicco artigianale discontinuo a fuoco diretto ed è circondata da una piantagione di canna da zucchero che si estende per 30 ettari. La famiglia Sajous coltiva da decenni senza prodotti chimici varietà autoctone, tra i quali spicca una varietà rara e antica di canna da zucchero chiamata “cristalline” (l’ultima “canne à bouche” permessa nell’A.O.C. rhum de Martinique), da cui viene prodotto questo clairin. Il succo di canna viene ottenuto manualmente da una pressatura che, molto spesso, include centinaia di api e farfalle attirate dagli intensi e dolci profumi di questa varietà. La tecnica di Michel consiste poi nel concentrare il mosto ottenuto esponendolo ai vapori ottenuti dalla combustione dei residui di pressatura, chiamati “bagassa”. In questo modo il puro succo di canna da zucchero può essere conservato per più di un anno prima della fermentazione, che avviene in maniera spontanea e selvaggia.
Questo rhum sembra riassumere in magistralmente quel sincretismo tra pratiche africane e tradizioni coloniali che identificano la cultura creola dei Caraibi e ne costituiscono l’essenza. Si tratta di un distillato naturalmente rustico e selvaggio, dai sentori vegetali e tropicali, di grande intensità aromatica e forte impatto emotivo.
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Distillerie Chelo. Clairin Sajous rhum pur jus de canne. Pot still proof.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A. 70 cl. 55,9% vol..
Villaggio: Saint Michel.
Raccolta: 2018.
Zucchero di canna: Cristalline.
Fermentazione: puro succo di canna con lieviti selvatici.
Distillazione: discontinua in pot still.
Distillatore: Michel Sajous.
Imbottigliamento presso Spririt of Haiti. Port au Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Clairin Sajous è prodotto sul magnifico altopiano di Attalaye tra alberi di mango e canneti. È ottenuto da una rara e antica varietà di canna da zucchero, la "cristalline", coltivata senza prodotti chimici o fertilizzanti, i cui profumi attirano al momento della pigiatura alcune api e farfalle. Questo rhum a fermentazione spontanea viene distillato in un tradizionale alambicco riscaldato a fuoco aperto.
Recensione di Lance Surujbally. Nota: La recensione non è riferita al rhum dell'annata di raccolta collezionata. E' comunque indicativa delle caratteristiche e specificità del distillato.
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L'alambicco.
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Distillerie Faubert Casimir.
La distilleria.
Faubert Casimir distilla ad Haiti nel villaggio di Baradères, un insieme isolato di casette sulla coste del mar delle Antille. Immersa tra alberi di mango e banani cresce una varietà indigena di canna da zucchero, chiamata Hawaii, dal cui succo puro, fermentato con lieviti selvaggi a cielo aperto, nasce il rhum clairin Casimir. La distillazione è delle più arcaiche, a fuoco vivo, discontinua in pot still. L'unico apporto dell'uomo sono le tecniche tramandate di padre in figlio ed un grande rispetto per la natura.
Occorre andare a Baradères per trovare un paradiso per tutti gli amanti del rhum, della genuinità e del gusto, e dove si potrebbe girare il quinto film di Indiana Jones. Baradères dista solo 25 chilometri in linea d’aria da Cavaillon, che è sulla strada nazionale Port-au-Prince – Les Cayes, ma per raggiungerla ci vogliono almeno tre ore con una buona 4×4, percorrendo una strada sterrata che si inerpica sulle colline ricoperte dalla foresta tropicale, per poi scendere alla foce del fiume Cavaillon, che entra nel Mar dei Caraibi, nella stupenda baia di Baradères.
Non c’è un ristorante, non c’è un bar, nemmeno una farmacia, ma ci sono ben tredici distillerie. A Baradères si respira un’aria d’altri tempi, sembra di essere nel 1800, tutto si svolge a ritmi slow, e si percepisce che tutto ha un valore.
Faubert Casimir prosegue l’opera iniziata dal padre Duncan nel 1979, ed è considerato il miglior distillatore della zona. Per arrivare alla sua distilleria bisogna percorrere un sentiero ricoperto di “bagasse” che passa in un tunnel di banani, naturalmente bio. Faubert coltiva 50 ettari di canna Hawaii Blanche e Hawaii Rouge, canne tenere non ibride. La Hawaii Blanche assomiglia alla canne Otahiti, coltivata nel 1800 in Martinica e visibile nel Museo della Distilleria Saint James a Sainte Marie.
La sua plantation è in consociazione con banane, palme e soprattutto lime (citron vert). Vengono raccolte solo le canne a piena maturazione, e quindi il campo non rimane mai completamente privo di vegetazione. Le “bagasse” vengono compostate con altri materiali organici, e utilizzate per concimare le nuove piantagioni.
La particolarità di Casimir e degli altri distillatori della zona è di aggiungere alcune erbe o sostanze vegetali al puro succo di canna in fermentazione, per potenziarne gli aromi. Casimire aggiunge foglie di citronella, cannella e, in alcuni batches, lo zenzero.
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Distillerie Faubert Casimir. Clairin Casimir rhum pur jus de canne. Pot still proof.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A. 70 cl. 53,3% vol.
Villaggio: Baradères.
Raccolta: 2018.
Canna da zucchero: Hawaii.
Fermentazione: puro succo di canna con lieviti selvatici.
Distillazione: discontinua in pot still.
Distillatore: Faubert Casimir.
Imbottigliamento presso Spririt of Haiti. Port au Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Clairin Casimir è prodotto a Baradères, un villaggio isolato sul bordo del mar dei Caraibi. Proviene da un'antica varietà di canna esclusiva di questa regione, l'Hawaii, che cresce tra alberi di mango e banani in una valle incontaminata da ogni inquinamento. Distillato in alambicco a fuoco vivo, questo rhum si distingue per una fermentazione spontanea nella quale vengono incorporati nelle vasche a cielo aperto anice selvatico, zenzero e citronella.
Recensione di Lance Surujbally. Nota: La recensione non è riferita al rhum dell'annata di raccolta collezionata. E' comunque indicativa delle caratteristiche e specificità del distillato.
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La pressatura.
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Distilleries Arawaks, Chelo, Faubert Casimir, Le Rocher.
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Clairin Communal blend des quatre communes. L’union fait la force.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A. 70 cl 43% vol.
Imbottigliamento presso Spirit of Haiti. Port-au-Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Questo autentico clairin tradizionale Sentinelle Slow Food è il frutto dell’assemblaggio di 4 distillati provenienti dai comuni di Cavaillon, Baradères, Pignon e Saint Michel de l’Attalaye, prodotti da canna da zucchero coltivata naturalmente senza pesticidi, raccolta a colpi di machete, fermentata con lieviti naturali e distillata in piccoli alambicchi discontinui, eredità della colonizzazione francese del XVIII secolo.
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Distellerie Clairin Sonson Pierre Gilles.
La distilleria.
La scena si svolge a Cabaret (Kabarè in creolo), cittadina situata nel dipartimento Ovest e nell'arrondissement di Arcahaie. Un villaggio popolato da circa 60.000 anime che traggono la maggior parte del loro reddito dall'orticoltura e dal sisal, un'agave la cui fibra viene utilizzata per realizzare corde, tessuti e tappeti. La città è come l'intero paese, energica e accattivante, brulicante di vita. Una volta giunti in centro, una grande iscrizione su una parete dipinta non lascia spazio a dubbi e suscita eccitazione: clairin Sonson Pierre-Gilles. Dopo pochi minuti di percorso tortuoso, le porte di una vasta tenuta si aprono finalmente e ci danno la sorprendente impressione di entrare in una fortezza, una città nella città.
Come sospesa al di fuori delle realtà quotidiana che si trova a pochi passi di distanza, la distilleria Sonson e il suo proprietario Stephan Kalil Saoud stanno lavorando per far vivere la propria eredità, quella del clairin originale fatto da sciroppo e non da succo di canna, ma anche e soprattutto quella di suo nonno Prinston Pierre-Gilles, che fondò la distilleria nel 1932. Costruttore di caldaie di professione, fu lui che costruì l'attuale distilleria sulle fondamenta di un'antica dimora coloniale, che già ospitava una distilleria clairin funzionante grazie ad un mulino ad acqua, poi scomparso. Alcune fonti affermano addirittura che appartenesse a Florvil Hyppolite, il popolare presidente della Repubblica di Haiti nel XIX secolo. Stephan rilevò la distilleria nel 1989, quando suo nonno morì all'età di 89 anni. Trascorse lì molti anni della sua giovinezza e onorò il desiderio del nonno di rilevare l'azienda di famiglia. Con una capacità iniziale di 10.000 litri al mese, raddoppò la produzione negli anni '90 producendo oggi (2018) l'equivalente di 60.000 litri. Un successo e una scommessa tanto più ardita in quanto Stephan ha mantenuto i processi produttivi avviati dal nonno, che non sono quasi cambiati.
L'atmosfera è serena e l'attività imperturbabile. Da un lato, un camion scarica il suo carico di canna da zucchero ai piedi della distilleria, che decine di mani accumulano e imbarcano sull'altro lato, verso un mulino Smith degli anni '50 che giace sotto una vecchia struttura ricoperta da una lamiera forata. All'orizzonte i canneti si estendono a perdita d'occhio, circondati dalle erbacce, segno di un'agricoltura sostenibile che garantisce canne di alta qualità. Come ovunque ad Haiti, gli agricoltori scelgono le varietà di canna da zucchero per le loro caratteristiche aromatiche piuttosto che per la loro resa, e qui, in un'oasi dove non esistono pesticidi e fertilizzanti artificiali, si affermano i nostri principi di agricoltura biologica. Qui le canne portano i dolci nomi di "Madame Meuze" o "Blanche" e coprono circa venticinque ettari, punteggiati di banani e altri alberi da frutto. Oltre a quella dei propri campi, Stephan acquista canna da zucchero da una rete di contadini, circa 150, che gliene forniscono quasi 15.000 tonnellate. E oltre ai venticinque dipendenti che quotidianamente lavorano per lui, l'attività della sua distilleria genera ogni anno centinaia di posti di lavoro indiretti. Naturalmente nessuno usa fertilizzanti chimici o pesticidi, con la raccolta e il diserbo per lo più eseguiti a mano.
Appena estratto dal vecchio mulino, il prezioso succo di canna viene poi trasportato in un locale dove verrà riscaldato in grandi recipienti metallici fino a trasformarsi in sciroppo. Il luogo è buio, sontuosamente inquietante e il vapore che fuoriesce dai tini disegna un'affascinante decorazione dove un operaio, come un automa, ripete un gesto arcaico che consiste nel far passare il succo spumeggiante da un recipiente all'altro, con la forza delle braccia, aiutato da un lungo manico in legno all'estremità del quale una ciotola funge da contenitore. Probabilmente si potrebbero contare su mezza mano le distillerie in cui viene ancora eseguito uno spettacolo del genere, ed è un'incredibile possibilità potervi assistere. Fuori, un altro uomo è impegnato ad alimentare il forno che riscalda il succo, gettandovi dentro metodicamente la "bagassa".
Una volta che il succo si è trasformato in sciroppo, è tempo che Stephan e il suo team preparino il mosto di sciroppo di canna e acqua, noto qui come "rape". La fermentazione inizierà due giorni dopo la miscelazione e di solito sarà pronta per la distillazione dopo sette giorni. Tre piccole colonne trasformano il "rape" in clairin, il tutto riscaldato su un fuoco aperto a cento gradi. Sono tre le colonne interamente in rame, composte da tre vassoi e distribuite in distilleria: due funzionanti a cielo aperto, un'altra nel segreto di quattro mura. Al centro di queste, i raggi di luce che trafiggono la lamiera infuocano la scena e sembrano accarezzare la pietra che fa arrossire il rame. L'operazione richiede assoluto controllo della cottura dello sciroppo e ne impone il rispetto, perché è qui che nasce tutta l'identità, la natura, la genesi stessa di clairin Sonson rinomata da lustri. Stephan lo sa fin troppo bene e in un paese in cui il clairin è onnipresente, i consumatori o i dilettanti rilevano rapidamente la minima variazione nel sapore e nell'aroma dei clairin, quindi un rigoroso monitoraggio della qualità per prevenire errori. E qui come altrove ad Haiti, non diluiscono, prendono il distillato appena esce, lo vendono e lo consumano così com'è. Dopo tutto, qualcuno penserebbe di diluire un'"anima"? Altrove, probabilmente, ma certamente non ad Haiti. Da parte sua, clairin Sonson segna tra il 51 e il 52%, di pura felicità "direttamente dall'alambicco" ... e anche un po' di paradiso. (Cyril dal sito DuRhum.com, 2018)
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Distilleria Clairin Sonson Pierre Gilles. Clairin Sonson rhum sirop de canne. Pot still proof.
Presidio Sentinelle Slow Food, Triple A. 70 cl. 53,2% vol..
Villaggio: Cabaret.
Raccolta: 2018.
Fermentazione: sciroppo di canna con lieviti selvaggi.
Distillazione: discontinua in pot still.
Distillatore: Stephan Kalil Saoud.
Imbottigliamento presso Spririt of Haiti. Port au Prince.
Acquistato 2021.
Testo etichetta retro.
Clairin è prodotto a Cabaret, una cittadina situata nel distretto di Arcahaie, dove la città è l'immagine dell'intero paese, brulicante di vita. Lo sciroppo proviene dal succo della canna autoctona Madame Meuze, che si estende per circa 25 ettari, intervallate da banani e altri alberi da frutto. Prodotto completamente naturale, distillato in alambicco e riscaldato a fiamma viva.
La spremitura.
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Altri Clairin.
Distilleria Patrick St. Surin.
Patrick St. Surin produce Clairin nel modo più tradizionale possibile: raccogliendo la propria canna da zucchero o utilizzando lo sciroppo di canna da zucchero prodotto in casa o nelle vicinanze, fermentazioni di lieviti autoctoni e distillazione in piccoli alambicchi, il cui stile è in uso sin dal 1500.
Essenzialmente, questi distillati esprimono la bellezza grezza e naturale di Haiti. Patrick St. Surin, che vive a Carrefour des Pères, una cittadina a una trentina di minuti di macchina da Cap-Haitien. Qui, l'altopiano che forma gran parte del centro dell'isola lascia il posto a pianure che raggiungono il Mar dei Caraibi a nord. Coltiva poco più di dieci ettari di canna da zucchero e distilla dal 2012, quando ha deciso contro la volontà del padre di rimanere nella sua città natale per avviare la sua attività. Come dice Patrick, non vedeva il successo come un'uscita da Haiti. Invece, ha visto l'opportunità di avere successo alle sue condizioni.
I campi che circondano la distilleria vengono reintegrati con i suddetti dieci ettari di canna da zucchero coltivati con varietà di canna da zucchero locali come Medialande, Pete Coca, Zariete coltivate da Patrick. Oltre a questo, ci sono alcuni acri coltivati dai vicini che gli permettono di raccogliere la canna in cambio del permesso al loro bestiame e alle loro capre di pascolare liberamente intorno alla proprietà. Una volta raccolta la canna -i mesi considerati per produrre canna da zucchero di altissima qualità sono febbraio-marzo e luglio-agosto- viene portata in distilleria da un asino e subito schiacciata. Il succo viene poi versato manualmente in grandi fermentatori a cielo aperto detti “pieces” dove nella tradizione locale viene aggiunta una piccola aggiunta di sciroppo di canna da zucchero. Le fermentazioni avvengono naturalmente e di solito durano 10-15 giorni. Da lì, il succo di canna fermentato viene caricato in un piccolo alambicco e viene distillato due volte, fatto riposare e quindi imbottigliato a mano a piena gradazione.
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Rum Clairin Milot.
Distillerie Patrick St.Surin. 75 cl. 55% vol..
Acquistato 2021.
Recensione dal sito skurnik.com.
Un aroma audace e complesso con note di pesca acerba, miele di trifoglio, erba appena tagliata e zucchero a velo conduce a un gusto di senape, mele rosse e albicocca secca; un finale secco e persistente offre salinità e un sussurro di sottobosco.
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Distilleria Meles Augustin Normil.
Méles Augustin Normil produce il Clairin a Pignon. Pignon è una delle prime regioni produttrici di canna da zucchero del paese. La città si trova al confine tra l'altopiano centrale e il dipartimento del nord.
In modo molto artigianale, lo sciroppo di canna, prodotto dai produttori vicini, viene distillato in un alambicco. Quest'ultimo rilascia un “casting rum” (distillato grezzo) al 51%. La vinaccia dopo la distillazione viene raccolta e conservata in modo da riempire le vasche o buche del terreno (dunder) che permettono la fermentazione.
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Rum Clairin Pignon.
Distillerie Mèles Augustin Normil. 75 cl. 51% vol..
Acquistato 2021.
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Moscoso Distilleries.
Ad Haiti Moscoso Distillers produce dal 1925 Klèren. Klèren è il termine creolo che indica i Clairin. Jules Moscoso, arrivò dalla Repubblica Domenicana all’inizio del 1900 e si stabilì a Leogane, non lontana da Port-au-Prince, e centro della produzione e dell’economia haitiana della canna da zucchero da secoli. Anche se i documenti ufficiali fanno risalire la nascita della distilleria al 1925, gli antenati della moglie di Jules producevano e vendevano Klèren già da tre generazioni. L’originale apparato con cui venivano distillati i Klèren consisteva in una combinazione di alambicchi discontinui e di colonne creole di 5 o 6 piatti, fatti di rame e azionati da fuoco diretto o da acqua calda. Abbandonata e chiusa per alcuni anni, la distilleria venne poi ristrutturata da Michael Moscoso. Così Michael decise di ristrutturare la distilleria utilizzando e riparando la vecchia attrezzatura ormai in disuso trasformando qualsiasi fonte di rame, acciaio o altro materiale che si poteva trovare in giro per il paese in strumenti utili alla distilleria. Moscoso Distillers oggi produce 4 tipologie di Klèren: il Traditional 22, vincitore della medaglia d’argento al Rhumfest 2017 di Parigi, il Methode St. Michel, rhum con caratteristiche simili ai Grand Arome ed estremamente raro e ricercato, la Reserve des Vip, realizzata dal maestro distillatore Beauvoir Leriche con una fermentazione e una distillazione molto lenta, e il primo Klèren Vieux importato in Italia prodotto a partire da canna da zucchero Madame Mevz e affinato in piccole botti di legno.
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Rhum Klèren Nasyonal Traditionnel 22.
Haiti clairin pur jus der canne. 70 cl. 55% vol..
Acquisito 2022.
Il Traditionnel 22 deriva dalla fermentazione del puro succo di canna della regione di Léogane. La canna del Traditionnel 22 proviene principalmente da piantagioni sulla costa, cioè direttamente sul mare. Fermentazione da lievito di pane per un aroma più dolce e fragrante, distillato in modo non continuo in una colonna discontinua a quattro ritorni.
Recensione di Lance Surujbally.
(per collegarsi alla recensione clicca sull'immagine).
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Rhum Klèren Methode St.Michel, Petit bois d’homme.
Rhum artisanal superieur. 70 cl. 43% vol..
Acquisito 2022.
Il Methode St.Michel è un rum dall'aroma eccezionale, estremamente raro e sofisticato. Ottenuto dalla fermentazione di puro sciroppo di canna biologico, alimentato con lievito di pane e vinaccia (fermentazione distillata che esce dall'alambicco alla distillazione precedente e non contiene più alcool). Distillato in una tradizionale alambicco a colonna a sei piatti a fuoco aperto.
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Rhum Klèren Reserve des Vip, Petit bijoux de Beauvoir.
Reserve special Beauvoir Leriche. 70 cl. 57,5% vol..
Il Clairin Beauvoir Leriche Reserve des Vip è un clairin prodotto da M.Beauvoir Leriche, uno dei più antichi distillatori e commercianti di alcolici di Lèogane, ed è disponibile in quantità molto limitate. E’ un rhum allo sciroppo di canna puro, a fermentazione lenta con lenta distillazione in piccolo alambicco di rame, indi lasciato “riposare” (proprio come il metodo “reposado” della tequila).