Songye Kalebwe. Nkisi personale.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Nkisi" personale. Cultura Songye Kalebwe.
Legno, pelli di animali diversi, chiodi e chiodi da tappezziere, anellini avorio, materiali e sostanze varie, asta in ferro, patina d’uso parzialmente essudante. Raccolto in situ da Fred Ten Houten prima del 1960. Dimensione: h.cm.32.
Provenienza:
collezione Fred Ten Houten, Groningen (NL).
collezione Museo Gerardus van der Leeuw, Groningen (NL).
galleria Pierre Dartevelle, Bruxelles (B).
Expertise:
Pierre Dartevelle, Bruxelles (B), 1998.
Catalogazione AA 10/1998.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicazione: 1906. Haulleville, barone A. de e Emile de Coart. "Notes Analytiques sur les Collections Ethnographiques du Musée du Congo: La Religion." Annales du Musée du Congo. Ethnographie et Anthropologie, vol. I, n. II (1er juillet).

 

Fig. 557A. Statuetta lignea della stessa tipologia delle precedenti. La sommità del cranio forma una sorta di vassoio bordato posteriormente da un rotolo dell'acconciatura, e al centro viene praticato un foro in cui è impiantato un corno di antilope; questo è riempito di sostanze magiche e racchiuso da un pezzo di pelle con l'aiuto di una sottile legatura di corda; un rotolo di pelle di iguana, in cui sono infilati lunghi aghi di ferro, circonda la base del corno; nel retro vi sono ciuffi di piume multicolori; il fianco è crivellato da grossi chiodi di rame a teste coniche. Il collo e la parte superiore del busto sono circondati da un rotolo di pelle di iguana, una doppia fila di canini eretti di carnivori, e una spessa treccia in tela di rafia; da quest'ultima pendono lateralmente tre piccoli gong di ferro; il fondo del corpo e le gambe sono ricoperti da pelli della stessa natura, tese; anelli alla caviglia; a destra, in ferro; a sinistra, in rame. Un lungo paletto di ferro fissato nella parte posteriore del feticcio, sotto i rotoli che lo circondano, serve a piantarlo nel terreno. Un gancio di fissaggio in ferro pende dalla cintura.
Altezza totale, 65 centimetri. Altezza della statuetta, 28 centimetri.
Origine: Distretto du Lualaba-Kasaï (Sankuru).
Nr. Catalogo: RK XII, 33. Fig. 557B. La stessa, vista di fronte. (pp. 279-280)

 

 

 

 

 

 

Pubblicazione: 1906. Haulleville, Baron A. de e Emile de Coart. "Notes Analytiques sur les Collections Ethnographiques du Musée du Congo: La Religion." Annales du Musée du Congo. Ethnographie et Anthropologie, vol. I, n. II (1er juillet).


Fig. 563A. Varietà dello stesso tipo. Sesso maschile. Numerose divergenze nei dettagli: la pettinatura è divisa in due grandi trecce che sembrano simulare foglie; è sormontata da un'egretta di fibre tinte di rosso. Occhi raffigurati da conchiglie di ciprea; nessun segno cicatriziale sul corpo; benda di pelle annodata al braccio destro; perizoma blu (di importazione) da cui pende un filo di perle bianche. Un bastone appuntito che serve per piantare il feticcio nel terreno è fissato alla base del zoccolo. La testa e il busto sono colorati di rosso da "ngula".
Altezza totale, 22 centimetri.
Origine: District du Lualaba-Kasai (Sankuru).
Nr. Catalogo: RK XII, 96. Fig. 563B. La stessa, vista di profilo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: “Songye masks and figure sculpture”. 1986.
Dunja Hersak.

 

Manipolazione dei “mankishi”.
Un “nkishi” di comunità è mantenuto in una capanna di sua proprietà (shibo ya bwanga), che di solito si trova nel centro del villaggio, o vicino alla casa di un capo. Un piccolo gong è attaccato alla porta di questa capanna ed un tamburo (kyondo) è tenuto all'interno. Questi strumenti vengono utilizzati quando gli abitanti del villaggio danzano per il “nkishi”, ma come Merriam afferma che essendo proprietà comune possono essere presi in prestito da chiunque in qualsiasi momento. Tutti i “mankishi” sono assegnati a un guardiano (nkunja o kunca), uomo o donna anziani; tuttavia, alcuni informatori non riportano questo fattore dell’anzianità. Plasmans rivela che il guardiano del “nkishi” al villaggio di Kalembeyi era stato scelto perché era un epilettico.
Comunque sia, colui che ha l’onore di adempiere a questo compito assume un ruolo molto importante nella vita rituale della statua. Il “nkunja” rappresenta il desiderio collettivo del paese. Lui (o lei) è l'interprete che riceve messaggi dal “nkishi” attraverso i sogni e che dà la prova dell'intervento di spiriti maligni attraverso stati di possessione. Questa persona mette in atto, per conto del paese, le restrizioni prescritte dal “nganga” che sembrano coordinare il particolare effetto del “bishimba” con la vita della comunità. Queste restrizioni differiscono per ogni “nkishi” e le seguenti sono le più ricorrenti:
-il fuoco nella capanna del “nkishi” non può essere trasferito al di fuori (Plasmans);
-né al “nkishi”, né al “nkunja” è consentito introdursi nella capanna di una donna mestruata;
-il “nkunja” non può mangiare un gallo in compagnia di qualcuno;
-il “nkunja” non può bere l'acqua portata dalla fonte da qualcun altro;
-nel giorno del rito della nuova luna al “nkunja” non è consentito di lasciare capanna del “nkishi”.
Secondo quanto riportato da Merriam riguardo al “nkishi” di Lupika, solo appelli collettivi e consultazioni vengono fatti al “nkishi” e questi sono limitati in occasione dei nuovi riti lunari. Questo potrebbe coincidere specificamente con la pratica del villaggio di Lupupa Ngye secondo quando descritto dai miei informatori kalebwe, dove il “nkishi” è utilizzato in sessioni individuali curative. Se qualcuno nel villaggio si è ammalato, per esempio, il “nkishi” viene portato alla casa del paziente per consentire di toccare il corpo per un breve periodo. Il “nkunja” cadrebbe poi in uno stato di trance, presumibilmente causato dalla possessione dello spirito, ricevendo in tal modo la conoscenza delle erbe curative da ricercarsi per la terapia.
Pubbliche apparizioni del “nkishi” si è detto si verificassero quando il “nkunja” avesse sognato dei pericoli. Sogni di fuoco, fulmini o burroni erano interpretati come presagi maligni; quelli di acqua o caolino bianco erano considerati favorevoli (Plasmans, villaggio Kabamba Kombe, Bekalebwe).
Il “nkishi” veniva poi portato fuori sorretto da pali (bastoni) chiamati “bikumba” o “milonga”, fatti solitamente con legno proveniente da un cimitero, associati coi materiali del” bishimba”e attaccati con spaghi di raffia sotto le sue braccia (Plasmans, villaggio Kielume, Bekalebwe). Due abitanti del villaggio erano scelti per portare il “nkishi”. Il “nkishi” attraversava il villaggio confrontandosi con gli spiriti maligni invasori. Gli anziani a Canga-Canga hanno riferito che il guardiano, che accompagna il “nkishi” in tutte le occasioni, può diventare lo strumento di questi spiriti maligni, nel qual caso comincia a parlare nella lingua straniera del luogo originario di questi “mikishi”. Tale manifestazione fornisce la prova pubblica del pericolo esistente.
Nel caso di una epidemia nel villaggio, il “nkishi” conduce i suoi portatori nella boscaglia verso particolari specie di alberi. Alcune domande sono rivolte al “nkishi”: “Che cosa dobbiamo prendere da questo albero, le foglie?”. Se la risposta è affermativa il “nkishi” inizia a tremare, mentre se è negativa rimane fermo. Dopo la raccolta di tutte le sostanze vegetali, segnali del “nkishi” mediante movimenti indicano il modo in cui il “bwanga” deve essere miscelato e somministrato agli abitanti del villaggio.
E’ evidente da questo racconto che coloro che partecipano alla cura quotidiana del “nkishi”, come il “nkunja” e i portatori, sono sicuramente fondamentali nel definire le azioni del “nkishi”. Questo sembra indicare che trattasi di persone aventi particolari conoscenze, erboristi e forse indovini, e che probabilmente sono possessori di poteri mistici innati (ad esempio gli epilettici). I songye sono molto evasivi su questo argomento in quanto temono che rivelando una manipolazione artificiosa si possa negare il potere degli spiriti dei morti.
Il trattamento dei “mankishi” personali è tanto vario quanto sono le molteplici funzioni a cui sono dedicati. Più comunemente le statuette magiche sono conservate nella capanna dei proprietari, nascoste alla vista del pubblico. Un piccolo “nkishi” viene spesso messo in un cesto che serve come ricettacolo di offerte di cibo (per esempio, bocconcini di farina di manioca) regolarmente effettuate al “nkishi” al momento dei pasti. Anche se il “nkishi” serve a proteggere tutte le persone della casa del proprietario dalla morte per stregoneria, rimane nella sua capanna personale. Se una delle sue mogli o figli si ammala, esso viene temporaneamente trasferito alla residenza di quel membro della famiglia. Solo il capo stesso è obbligato ad osservare le disposizioni del “nganga” vietandogli di mangiare uova di gallina e formiche rosse durante la vita attiva del “nkishi”. La figure a testa piatta che richiedono la bruciatura del “bishimba” sono spesso fissate nel terreno di fronte all'ingresso alla capanna dell’utilizzatore.
(…)
Alcuni “mankishi”, di solito di piccole dimensioni, accompagnano i movimenti dei loro proprietari; essi vengono portati quando si viaggia oltre i limiti noti del paese o possono essere indossati continuamente, così come gli anelli del capo del villaggio Ehata (Bena Muo).
(…)
Altre piccole figure sono spesso tenute sul retro della casa centrale nei rifugi coperti di paglia in cui sono ricoverati strumenti e armi. Una pratica più insolita è stata vista in Mulopwe-Malango, dove una coppia di figure, un maschio e una femmina, sono stati sepolti vicino alle radici di un albero di banane (ekonde), ma poco al di sotto della superficie del terreno in modo da lasciare esposti le corna contenenti il “bishimba”. L'albero di banana, simbolo della fertilità, rafforzavano la funzione di queste figure magiche che erano dedicate alla procreazione della famiglia successivamente al loro insediamento nel sito ove residenti.