Songye. Nkisi personale.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Nkisi" personale femminile, Cultura Songye.
Legno, corda, patina d'uso. Raffigurazione femminile di nkisi personale. Provenienza geografica area di Kongolo (mail 26.03.2020 Didier Claes). Dimensioni: h.cm.12.
Provenienza:

vecchia collezione coloniale belga.
galleria Pierre Dartevelle, Bruxelles (B).
Expertise:
Pierre Dartevelle, Bruxelles (B), 2006.
Catalogazione AA 67/2006.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da "Songye", 2004.
Francois Neyt.

 

Le effigi songye sono rappresentazioni di antenati. La letteratura ha accreditato l'idea che le statue songye sono rappresentazioni di forze dell'universo, cancellando o attenuando la loro prima identità ancestrale. I segni del cosmo riflettono un'energia benefica o nociva, segreta o visibile. Ci fanno presentire una realtà oltre misura umana, fonte di felicità o ansia. L'uomo stesso, un microcosmo dentro un macrocosmo, è una forza tra le forze. Egli entra misteriosamente nell'universo e vi ritorna in un modo altrettanto misterioso. La Via Lattea, i laghi, le falesie, le cascate, le sorgenti d'acqua calda sono percepiti come manifestazioni di antenati prestigiosi.
Come scrutare il senso dell'esistenza con una acuta osservazione dei ritmi e delle contraddizioni della creazione: il corso del sole, della luna e delle stelle, la pioggia e la siccità, la fertilità e la sterilità, la vita e la morte. Questi elementi si trovano nei racconti cosmologici. Presso gli Eki, "Efile Mukulu", il demiurgo androgino, genera otto figli: il sole, la luna e Venere, l'acqua e il fuoco, il vento, l'arcobaleno e la terra. Anche il principio del male, "Kafilefile" fonte della divinazione, della stregoneria e della morte, vi si ritrova. "Efile Mukulu" continua segretamente ad esercitare potere sugli esseri umani attraverso maschere e altre categorie di oggetti.
Tutta l'organizzazione sociale e politica si basa sul sistema cosmogonico. La statuaria studiata fornisce un campo prezioso per lo studio di molteplici elementi aggiunti alle sculture. Il loro numero è impressionante. Quantità di oggetti scolpiti, raccolti in musei e collezioni private, hanno perso una parte importante dei loro attributi magici e vestimenta. Ma non è molto facile immaginare di poter entrare nella comprensione della scultura songye senza aprire lo spazio sacro e culturale che ne dà senso e determina la sua identità fondamentale. Per entrare nella comprensione del pensiero simbolico songye, una doppia distinzione deve essere fatta: la metafora e la metonimia. Questo si dimostra ancora più rilevante e concreto di quello utilizzato in altre discipline da linguisti, semiologi, antropologi, psicologi e psicoanalisti.
L'Africa nera ci ha abituati ad esprimere un processo di idee altamente intellettuale e astratto, di valori e azioni simboliche sotto una forma fisica. L'astratto sogna una immagine concreta, un enigma da decifrare. La ciprea, la piuma d'aquila, l'artiglio del leopardo, i peli del leone sono esempi. Essi sono collegati a un sistema cosmogonico e a tradizioni culturali. Nella metafora il processo consiste nel scegliere un segno e a sostituirne un altro ad esso. La metonimia presso i Songye rappresenta un concetto più ampio, collegante l'identità del mittente a quella del destinatario.
Quest'ultimo può essere collettivo o addirittura coinvolgere forze soprannaturali. Ad esempio, la presenza di denti umani su un su una effige può essere riferimento alla identità di un defunto onorato. Le persone interessate possono essere designate da ritagli di unghie, da capelli, da ossa umane. L'espressione simbolica di un desiderio (di protezione, di fertilità, di guarigione, ecc), si materializza in un oggetto magico, il "bwanga". I componenti metaforici e metonimici di questi incantesimi magici, i "bijimba" esercitano un'azione sul mondo invisibile grazie all'intervento di un antenato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Estratto da "Songye", 2004.
Francois Neyt.

 

I punti di coscienza.
Due punti di coscienza si individuano sempre nettamente: la fontanella e l'ombelico. Molte effige portano alla loro sommità un corno di bufalo, d'antilope o di un capride. Queste corna riempite di ingredienti magici possono essere disposte con la punta verso la testa o verso l'alto. L'asse verticale orienta e capta un polo di vita, di crescita e di potenza. Le calotte craniche per lo più spogliate di tutte le acconciature, sono spesso coperte con uno spesso strato terroso.
Un conglomerato resinoso copriva il cranio dei piccoli bambini, proteggendo la fontanella dove l'arteria batteva il ritmo della vita. Quanto alle calotte terrose dei capi, secondo la testimonianza di Tippo-Tip, esse erano modellate nel corso della loro investitura e manifestavano la loro autorità sul territorio occupato. Questa tradizione è stata ripresa nella scultura con l'innalzamento della calotta cranica. Delle effigi degli Eki e dei Kalebwe la testimoniano a profusione e questa tradizione risale palesemente al XVIII secolo.
Un secondo punto di coscienza è rappresentato dalla zona ombelicale. "L'umanità comincia con l'ombelico. Luogo di fecondità, di trasmissione della vita, l'ombelico è una porta che si apre sul passato e sul futuro."(Faik-Nzuji, 1993). Presso i Songye, come presso gli Hemba e i Luba, la zona ombelicale rigonfia evoca il clan, il gruppo umano di cui il capo è responsabile. Anche gli ingredienti magici, gli elementi in metallo, in tessuto o rafia, si fissano necessariamente in loco. Secondo i Teke la saggezza si assume e risiede nel ventre. Le popolazioni iconofile che si estendono sino al lago Tanganica hanno prodotto sculture, come ad esempio i Songye, col ventre "a bulbo", così confermando pienamente che questo è luogo di coscienza collettiva e di vigilanza.
Placche di rame e chiodi in ottone sono fissati sui centri energetici noti in agopuntura. Questi sono i punti di vita e di luce. Essi appaiono sul setto nasale, sulle tempie, sulle guance e sui punti di articolazione degli arti. Le acconciature formate da quattro trecce o quattro corna poste sulla testa si riferiscono ai quattro angoli dello spazio. Questi elementi sono sempre dinamici e riflettono un passaggio attraverso il tempo e la trasformazione dal mondo visibile al mondo invisibile.
L'antenato si addentra allora nelle profondità della cosmo e rinasce all'alba. "Egli resta quindi in un moto perpetuo nel quale partecipa come una forza di interazione con le altre forze."(Faik-Nzuji, 1993). Queste direzioni captano anche energia positiva e di protezione contro gli effetti nocivi. Noi interpretiamo in questo senso le figure con la testa girata. Il loro atteggiamento mira, noi crediamo, a evitare la cattiva sorte, a allontanare qualsiasi causa di morte nascondendosi dalle influenze nefaste.