Songye. Nkisi di comunità.
"Nkisi" di comunità. Cultura Songye.
Legno, corna, placche metallo, chiodi, pelli di animali diversi, carapace, cordame e materiale vegetale, tessuto, patina d'uso. Raccolto nel villaggio di Lubao. Corno reincollato. Tardo periodo, metà XX secolo. Dimensioni: h.cm.101.
Provenienza:
galleria Pierre Dartevelle, Bruxelles (B).
Expertise:
Pierre Dartevelle, Bruxelles (B), 2008.
Catalogazione AA 92/2008.
Estratto da: "Songye masks and figure sculpture". 1986.
Dunja Hersak.
L'uso rituale dei "mankishi".
Il giorno del primo quarto di ciclo lunare ("mukapasu") è uno dei più importanti periodi di rituali pubblici tra i Songye così come tra i Luba. La ricomparsa della luna, dopo la sua "morte temporanea" porta a nuova vita, benessere potenziale alla prole, e fertilità alla terra. Le fasi lunari coincidono con i periodi fertili di una donna e con le fasi agricole. Esse indicano il tempo della caccia e la comparsa di diversi tipi di termiti ("swa"). Di conseguenza, in occasione del "mukapasu", gli spiriti dei morti sono venerati per assicurare la continua prosperità e tutti i "mankishi" vengono ricaricati attraverso la cerimonia. Il lavoro quotidiano non è consentito, tutti i polli sono rinchiusi, a nessuno è permesso di lasciare il paese per andare a prendere l'acqua, e le foglie di manioca (in una specifica preparazione con olio di palma chiamata "kaleshi") non possono essere mangiate.
Il "nkishi" di comunità diventa il fulcro di procedimenti rituali. Al mattino, al primo canto del gallo, viene posizionato all'aperto sullo sgabello di un capo e da questo momento tutti gli altri "mankishi" personali del villaggio possono essere portati fuori a condividerne l'effetto rituale. Un gallo viene ucciso in onore degli antenati e il suo sangue viene versato sulla parte superiore della testa del "nkishi". Il "nkunja" (in questo caso solo un tutore di sesso femminile è indicato) prepara la manioca e il gallo mescolandoli col "mwanyi". Una piccola parte del cibo è posto sulla testa del "nkishi" per essere offerta agli spiriti, e il resto è distribuito con cura tra gli abitanti del villaggio. Poi tutte le figure magiche, a partire dal "nkishi" di comunità, vengono trattati con olio di palma e strofinati con la farina di manioca o caolino. Gli abitanti del villaggio si applicano allo stesso modo la polvere bianca simbolica sulle loro facce dimostrando agli antenati la purezza del loro cuore. Stregoni e altre persone malvage che dovessero partecipare a questo rituale si dice che muoiano entro un paio di giorni.
Schmitz, che è stato tra i primi a registrare le sue osservazioni su tale rito, ha rilevato che gli anziani a Dibwe si erano ritirati da questo rituale comune perché, come hanno spiegato gli abitanti del villaggio, i loro cuori sarebbero divenuti malvagi. Oltre alla applicazione di caolino, una mistura viene preparata con purea di foglie di "eposha" mescolata con l'acqua che le donne in gravidanza strofinano sui loro addomi in modo da non abortire. Il "nkishi" viene poi portato con le sue aste da un capo all'altro del paese, perseguitando tutti gli intrusi malvagi, e una volta riposizionato sullo sgabello, si inizia a cantare e ballare.
A questo punto la "kifwebe" bianca femminile fa la sua comparsa nella danza. Essendo associata alla luna, alla fertilità e al potere mistico benigno, essa anima le forze spirituali che sostengono e proteggono la comunità. La sola presenza di questa creatura sovrannaturale assicura una interazione esistente tra i morti e i vivi. Contemporaneamente l'affiliazione della maschera con il maschio "kifwebe" allude all'effetto delle forze magiche aggressive ricercate anche nel "nkishi".
Confrontando i risultati di Schmitz a Plasmans e alla mia ricerca, è evidente che i rituali di questa celebrazione lunare variano da una comunità all'altra. Queste differenze nella pratica e nella sequenza degli eventi dipendono in parte dagli specifici requisiti di ogni "nkishi" di comunità; vale a dire, secondo le istruzioni espresse dal "nganga" e le indicazioni periodiche fornite dal "nkunja".