Lega. Kisumbi.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Kisumbi". Cultura Lega.
Legno, metallo. Dimensioni: h.cm.9, diametro cm.21.
Provenienza:
galleria Pierre Dartevelle, Bruxelles (B).
Expertise:
Pierre Dartevelle, Bruxelles (B), 2003.
Catalogazione AA 48/2003.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tratto da: "Symbolism of the Lega stool". 1977.
Daniel P.Biebuyck.


Forma e stile dello sgabello Lega.
(...)
Infine ci sono gli sgabelli "kisumbi" che sono il focus di questo studio (plate 2, vedi anche Biebuyck, 1973). Ho visto centinaia di questi sgabelli, in svariate situazioni e contesti di utilizzo (plate 3, vedi anche Biebuyck, 1973). Vi sono piccole differenze di dimensioni, altezza, peso, volume, artigianalità e patina, ma tutti i "kisumbi" aderiscono ad un evidente e netto canone di forma. Sono scolpiti da un unico pezzo di legno dolce (il "muntonko", usato anche per le maschere, è il legno preferito) e sono bassi come una panca (l'altezza media varia da cm.10,795 a cm. 12,70). Essi consistono in una seduta leggermente concava quasi-sferica e una base di circa lo stesso diametro (ad esempio seduta cm.22,86 e base cm.24,13, seduta cm.24,13 e base cm.21,59, seduta da cm.21,59 a cm.22,225 e base cm.20,955, seduta da cm.17,145 a cm.17,78 e base cm.16,51), collegate da quattro corte "gambe" o supporti sostenenti, ricurvi o convessi esternamente.

 

 

 

 

 


Nello spazio aperto tra le quattro "gambe", ci sono a volte due centrali protuberanze coniche, una rivolta verso il basso dalla seduta alla base, l'altra rivolta verso l'alto dalla base alla seduta. La seduta è senza schienale o braccioli. La superficie degli sgabelli è liscia, lucida e ben patinata, le tonalità del colore che vanno dal marrone chiaro al marrone scuro e al nero. I segni lasciati dall'ascia sono stati accuratamente levigati mediante foglie abrasive, ad eccezione della parte inferiore della base in cui rimangono i segni. Gli sgabelli mostrano il medesimo aspetto lucido e ben levigato come le statuette e le maschere d'avorio dei Lega, evidenziando così la loro altissima qualità estetica. Questa finitura della superficie è il segno distintivo degli sgabelli Lega e li rende paragonabili agli squisiti sgabelli con cariatidi dei Luba distinguendoli dai più rudimentali oggetti similari che si trovano nelle aree adiacenti. La seduta di alcuni sgabelli sono ornate da un bordura circolare di chiodi di rame, ma, oltre a questo, gli sgabelli non sono impreziositi da alcun tipo di motivo decorativo.
Va rilevato che i Lega producono repliche in miniatura degli sgabelli "kisumbi". A differenza delle versioni a grandezza "naturale", le miniature hanno una limitata gamma di funzioni e significati. A volte alcune piccole repliche di legno sono usate nelle iniziazioni femminili ("bombwa") e dalla associazione "bwami". Le miniature degli sgabelli sono anche scolpite in avorio o in osso (io ne ho visto uno fatto con una zampa di leone), con emblemi di coloro che hanno il diritto di iniziare e organizzare i riti di circoncisione (Biebuyck, 1973). Infine, alcune rare figurine in avorio rappresentano una testa e un collo antropomorfi poste su un piedistallo simile a uno sgabello (Biebuyck, 1973).
(...)
Quindi l'aspetto più generale della forma costante degli sgabelli Lega (due sfere interconnesse con "gambe" separate) appartiene a una vasta gamma di popolazioni. Sembra impossibile individuare la sua origine, seguirne il modello di distribuzione, o deciderne se è stato inventato in modo indipendente in diversi luoghi o diffusosi attraverso migrazioni, scambi o baratti. Un aspetto specifico della forma comune (quattro "gambe" angolarmente piegate) si riferisce ad un molto più ristretto gruppo di popoli; può essere una creazione tipica del gruppo ancestrale dal quale discendono i Lega, i Bembe, i Metoko e frammenti di altre unità etniche. La superficie patinata e lucida degli sgabelli e le loro gradazioni e tonalità della patinatura sono una specificità aggiuntiva dei Lega a un tipo di intaglio probabilmente non originario dei Lega stessi. Queste ultime peculiarità sono state pienamente integrate nel patrimonio artistico e nel codice estetico dei Lega riferito alla produzione degli sgabelli.

Acquisizione e proprietà.
Ho analizzato altrove il ruolo imprescindibile svolto nella vita e nel pensiero dei Lega dall'associazione "bwami" (Biebuyck, 1973). Questa è una grande unione di persone (maschi e femmine) che hanno raggiunto l'appartenenza attraverso un sistema di iniziazioni; ci sono molti livelli di iniziazione possibili, e corrispondentemente l'associazione è strutturata gerarchicamente in una serie di gradi. Bisogna notare subito che gli sgabelli "kisumbi" sono di proprietà degli uomini che hanno raggiunto i due gradi più alti ("yananio" e "kindi") dell'associazione. Nell'ambito del loro nuovo status, uomini e donne ricevono, durante e alla fine di ciascun ciclo iniziatico, emblemi distintivi e paraphernalia. Dipendenti dai livelli di grado, sono zucchetti, cappelli, cinture, maschere, figurine, e altri manufatti e oggetti naturali. Lo sgabello "kisumbi" è uno dei molti oggetti acquisiti come emblema distintivo di rango durante l'iniziazione "yananio".
A differenza di molti altri regalia e emblemi che passano a un altro congiunto nuovo iniziato quando il loro proprietario si eleva di rango, lo sgabello è un'acquisizione a vita. In altre parole, le persone ottengono lo sgabello alla loro iniziazione "yananio" e lo manterranno anche nella eventualità che raggiungessero il più alto grado ("kindi"). Come altri emblemi e paraphernalia, lo sgabello passa dopo la morte del suo proprietario all'iniziato che si ritenga sia il suo sostituto nel grado. Cioè, la persona che riceve uno sgabello come parte della sua iniziazione "yananio", può "ereditarla" patrilinearmente da un parente vicino o remoto deceduto che lo precedeva in quel grado. Poiché un individuo non deve aspettare la morte di un congiunto iniziato per elevarsi a "yananio", gli sgabelli possono quindi essere commissionati attraverso i buoni uffici del tutore del candidato (lui stesso un alto iniziato).
Questi fatti indicano che lo sgabello come parte integrante del patrimonio "bwami" è un segno di rango e un oggetto di prestigio. Come altre sculture che sono ereditate, segna continuità tra generazioni e gruppi e configura la solidarietà spirituale tra i vivi e i morti. Più di questo, come tutti gli elementi associati alla "bwami", lo sgabello è un "isengo", un "oggetto pesante" che rappresenta un punto focale nel "sacer ludus" delle iniziazioni come trasportatore di significati simbolici. All'interno della tassonomia semantica, lo sgabello "kisumbi" raffigura una sottocategoria separata e costituisce, insieme ad altri oggetti come maschere di legno, maschere d'avorio, figurine antropomorfe e zoomorfe di legno e avorio, e altre sculture e assemblaggi, la classe di "bitungwa" (letteralmente, qualcosa che è legato insieme; qualcosa di unificante). Questa classe corrisponde strettamente a quelle che chiameremmo opere d'arte in senso lato. In questa classificazione gli sgabelli non sono considerati come cose minori o inferiori, ma come complementi vitali equivalenti alle maschere, figurine, ecc..
Come altre sculture, lo sgabello è qualcosa di "buono e bello" ("-soga"), intrinsecamente per sua stessa natura e destino, indipendentemente dalle qualità variabili e individuali della forma. Il termine generico "kisumbi", utilizzato per designare questo tipo di sgabello, si basa probabilmente sulla stessa radice ("-sumb") del termine per antenato ("mu-sumb-u"), della parola "komo" per la conoscenza e la pratica esoterica ("e-sumb-a"), che è un'altra indicazione del peso del significato mistico che comporta.

Alcuni contesti di utilizzo.
Si imparerebbe molto poco osservando semplicemente l'uso del "kisumbi" nella vita quotidiana. Si potrebbero evidentemente vedere individui, uomini e donne, vestiti in un certo modo (secondo gli standard del loro grado), seduti in esterno o in interno (in particolare gli uomini nella casa degli uomini). Negli anni '50, tuttavia, lo sgabello non era palesemente visibile o molto utilizzato in tali circostanze ordinarie. Prima delle pesanti interdizioni imposte alle iniziazioni "bwami" da parte del governo coloniale, poteva accadere che uno o più iniziati e alcune delle loro mogli intraprendevano un viaggio da un villaggio o un borgo ad un altro, portandosi i loro sgabelli appesi a delle corde generalmente fissati sulla spalla sinistra. Essi percorrevano la loro strada di iniziazione.
Se uno fosse stato abbastanza fortunato ad essere ammesso in un villaggio dove si sarebbero svolte le iniziazioni, si sarebbero potuti vedere iniziati di rango elevato con le loro mogli seduti sugli sgabelli all'ombra delle loro case, rilassati, mangiando o fumando, o guardando una performance di ballo dei loro colleghi. Si sarebbe potuto persino assistere a una performance in cui gli iniziati ballassero in fila, portando gli sgabelli nelle loro mani (plate 4).

 

 

 

 

Tuttavia la piena partecipazione ai riti di iniziazione sono l'unica garanzia di vedere la completa gamma di usi, di analizzare i contesti e di cogliere significati e scopi dello sgabello "kisumbi" come icona simbolica per mezzo della quale vengono comunicate le informazioni sulla qualità dei valori morali e filosofici. Come spesso avviene con altre classi di oggetti utilizzati nell'iniziazione, gli sgabelli sono utilizzati in parecchi contesti di performance rituale: in molti di loro, sono semplicemente accessori nella cerimonia e non portano il significato primario. Ma c'è un rito in cui lo sgabello è il punto focale di comunicazione simbolica.
Prima di arrivare al contesto principale, dobbiamo brevemente riassumere gli altri eventi. Nel rito preliminare di "ingresso cerimoniale", la fila degli iniziati entra in silenzio nel villaggio del candidato. Sono due i precettori seduti su sgabelli in mezzo alla piazza del villaggio, uno di fronte all'altro, con le loro fronti e ginocchia che si toccano (plate 5).

 

 

 

 

I due precettori seduti vengono identificati come "un albero caduto" che ostacola il sentiero. Un dialogo si sviluppa tra il leader della fila dei partecipanti in arrivo e il candidato col suo tutore che stanno vicino alla casa degli uomini al lato opposto dell'"albero caduto". L'indagine ruota intorno all'identità dei personaggi seduti e le loro intenzioni. Vogliono ostacolare, litigare e combattere? Sono pacifici? C'è magia o stregoneria nel villaggio? Sono disponibili tutti necessari ingredienti materiali per l'iniziazione? Ma anche i precettori seduti simboleggiano per il candidato il suo prossimo attraversamento dall'ignoranza alla conoscenza ottenuto attraverso l'iniziazione. In questo caso, il candidato è paragonabile a uno sgabello "che non vede niente del tutto" rispetto all'albero caduto "che guarda al "nyabungu".
Tale allusione è dovuta al fatto che quando una persona si siede su uno sgabello, il suo perizoma è ben piegato tra lo sgabello e le natiche (plate 6-7), con il risultato che lo sgabello -come un essere personificato- non vede i genitali ("nyabungu"), mentre quando le persone passano sopra un albero caduto, il perizoma spostandosi consente all'albero caduto di "vedere" i genitali. "Kisumbi" (sgabello), "kikinduko" (albero caduto), e "nyabungu" (genitali) sono metafore per il candidato ignorante, il saggio iniziato, e la conoscenza nascosta che gli iniziati condividono.

 

 

 

 

 


Nella sequenza iniziale di un altro rito, un precettore siede immobile sullo sgabello, mentre tutti gli iniziati partecipanti accumulano attorno a lui sonagli di vimini, borse a tracolla, o giganteschi carapaci di lumache. Il precettore seduto impersona la "grande tartaruga" ("kikulu"), il grande uomo che ha terminato tutte le iniziazioni, colui che ha un'abbondanza di cose e colui per il quale non ci sono segreti. In un altro ciclo, il precettore siede fremendo e gesticolando sullo sgabello, con le mani appoggiate sul suo bastone "ibondo"; lui indossa un abito cerimoniale completo, molte collane decorate intorno al collo e al petto e intorno a lui sono collocati molti carapaci di lumaca (plate 8).

 

 

 

 

L'attore interpreta il ruolo di un ricco iniziato che ha un caratteraccio, è pieno di sé, e non conosce la virtù della generosità (il suo gesticolare è un modo di dire a coloro che lo vanno a trovare di andar via). Impercettibilmente nella progressione della danza che segue, una persona dopo l'altra arriva a rubare le sue cose (plate 9), finché l'attore non viene denudato di tutto (carapaci di lumaca, paraphernalia, borse e sgabello).

 

 

 


Egli ora è "mugingi" (zoppicante, uno che cammina male a causa di lesioni o malattie) e cammina dolorosamente intorno sostenendosi al suo bastone chiedendo invano aiuto.
In tutti questi casi, sedersi su uno sgabello in presenza dell'assemblea degli iniziati di grado elevato è un segno di status, ricchezza e intelligenza. La perdita dello sgabello, al contrario, è sinonimo del ritorno al degrado, all'abiezione e alla povertà; essa è causata dalla propria stupidità e dalla mancanza di carattere. Il possesso dello sgabello non è solo una questione di ricchezza, ma una questione di principi morali. È l'attributo dell'uomo pienamente saggio, saggezza non in quanto essere astrazione di una accumulata conoscenza, ma essere prassi che guida il comportamento.
Non è infrequente per opere d'arte e oggetti naturali, che sono tutti associati principalmente a una sequenza e un grado rituale ben definita e la cui proprietà è determinata, essere utilizzati o menzionati in iniziazioni inferiori o superiori rispetto al livello a cui appartengono. Questo è così per lo sgabello "kisumbi".
Negli insegnamenti del "mutanga" non è usato o menzionato il "kisumbi": questi insegnamenti sistematici, fatti da mezzi tangibili di supporto (miniature di artefatti più grandi e prodotti dell'ambiente naturale) e proverbi, influenzano la filosofia morale, i valori, e i modelli di comportamento. Essi seguono i riti della circoncisione in cui si verifica molto dell'apprendimento sistematico e precedono l'adesione al livello più basso di iniziazione ("kongabulumbu") nell'associazione "bwami". Tra i più di cento oggetti che ho visto impiegati come aiuti tangibili in questo sistema di insegnamenti, il "kisumbi" non era né usato né menzionato, ma in generale due altri oggetti associati o contrastanti con esso erano presenti: le foglie abrasive ("lukenga") e il treppiede ("nkeka"). Le foglie con le quali gli sgabelli sono levigati sono personificate come "il signor Lukenga, il mio bello e buono, che mi rende brillante in viso". In queste occasioni è rilevante l'importanza sia per l'individuo di avere un mentore, un insegnante, uno sponsor, un tutore, sia per il gruppo di avere un saggio leader.
Il treppiede "nkeka" è definito da tre aforismi. Il primo che dice: "Se un grande vecchio toglie il treppiede, poi si siede sulle ginocchia", evoca lo stato di abiezione del giovane che non riceve aiuto o consiglio dagli anziani, o piuttosto del giovane che se li rende ostili a causa di comportamenti irregolari. Un altro che dice: "Il padrone di questo posto mette un treppiede per me e per altre piccole cose che causano molto male", allude a una persona che, sebbene ben trattata, incoraggia modi malvagi o gioca sporchi trucchi. Il terzo aforisma che dice: "Il padrone del paese è un treppiede; egli aggiusta quelli che sono piegati", presenta il leader come uno che è in grado di "cambiare il cuore di chiunque", cioè è in grado di trasformare i malfattori in buone e belle persone.
In altri riti a livelli inferiori, il nuovo iniziato è seduto sullo sgabello in mezzo alla folla di partecipanti. Questo è un atto di riconoscimento pubblico che stabilisce ufficialmente una persona nel suo nuovo ruolo e posizione. La donna "kigogo", che è con un congiunto nel più basso grado di iniziazione ("kongabulumbu"), è in piedi su uno sgabello, indossa un cappello di piume ed è carica di borse a tracolla (plate 10). Al rito finale in crescente progressione del "kongabulumbu", il nuovo maschio iniziato indossa il cappuccio dell'associazione "bwami", ha le mani appoggiate su un bastone ed è seduto sullo sgabello, mentre la donna "kigogo" siede a terra davanti a lui (plate 11).

 

 

 

 

 


Altre occasioni richiedono anche che alcuni degli attori siedano sugli sgabelli. Ad esempio, durante il "kongabulumbu", due iniziati siedono sugli sgabelli per soffiare nelle sacre pipe di bambù "moza". Nel "yananio", le donne iniziate vestite di panno bianco tengono una maschere di legno prima che il loro viso riposi silenziosamente sugli sgabelli dietro una corda di piume per osservare i precettori che eseguono una danza mascherata. Nel "kindi", gli iniziati di alto livello sono seduti durante il "kinsamba" esibendo figurine d'avorio. In diverse occasioni, il candidato stesso è seduto su uno sgabello per segnalare che "egli ora è al suo posto, che non ha fallito nel perseguire quello che suo padre ha fatto".
L'atto di sedersi non implica di per sé questo concetto, come indica la manifestazione della danza accompagnatrice. In questi casi, una corda di piume è fissata attorno alla testa del candidato seduto; l'altra estremità della la corda è tenuta dal suo tutore a distanza di poche yarde; i ballerini corrono da uno all'altro, facendo scivolare le mani lungo la corda, toccando la mano e ginocchio del tutore, poi il capo del candidato, per segnare questo collegamento di continuità tra l'uomo e suo padre enfatizzando che non si può trascurare quello che i padri hanno fatto.
Dopo questa danza, il tutore tira simbolicamente il candidato dallo sgabello verso di lui; il candidato cammina a quattro zampe e va a fermarsi con la schiena contro il petto del tutore per sottolineare il principio del rispetto e dell'obbedienza ("quando uno è chiamato, bisogna andare velocemente"). Il contesto di un'altra azione teatrale significa che l'atto di sedersi non è necessariamente interpretato come un gesto di dignità e status. Ad esempio, nell'iniziazione che porta al grado di "bulonda" (grado femminile corrispondente e complementare, allo "yananio" maschile), una donna iniziata indossa un cappello di piume e seduta su uno sgabello è circondata dalla folla di ballerini. Qui il simbolismo si concentra su una donna di cattiva inclinazione ("kiluku") che ha gli ornamenti esteriori della iniziazione ma non possiede attributi morali di grandezza.
Infine, e solamente in rare occasioni, nel "kongabulumbu", sono chiamati sia lo sgabello "kisumbi", sia il suo opposto, il tripode "nkeka", ma gli oggetti non sono effettivamente utilizzati. In questo contesto, il candidato viene spinto in avanti da alcuni ballerini e indietro da parte di altri, con la canzone "L'insolente mi ha dato un treppiede e altre piccole cose che mi fanno male", esprimendo l'idea che non si deve stare in un villaggio dove non si è graditi, dove si è respinti e non si riceve il suo giusto riconoscimento. Mentre questa azione continua, la canzone successiva sottolinea la necessità di ospitalità e generosità nel dare: "Date uno sgabello allo sconosciuto che non cammina con il suo".


Il rito "kisumbi".
Nella serie di iniziazione che portano al livello più alto del grado dello "yananio", c'è un rito particolare che si chiama "kisumbi", come il nome dello sgabello stesso. In questa fase, poiché lo sgabello è l'unico oggetto utilizzato, tutta la gamma dei suoi riferimenti simbolici nascosti può essere collocata in una chiara visione. Non c'è Lega o estranei che potrebbero anche indovinare il senso pieno di questo manufatto apparentemente semplice senza apprendere in tutti i suoi dettagli il livello delle iniziazioni. Come accade con molti oggetti utilizzati in altre situazioni, lo sgabello diventa il fulcro intorno al quale vengono affermati i valori fondamentali dell'associazione "bwami" e della relativa essenziale condizione morale e sociale. Parte fondamentale delle iniziazioni "bwami" sta nel fatto che i suoi membri sono in grado di formulare più e più volte gli stessi valori basilari e principi di condotta da interpretazione della ricchezza di simboli che raggruppano oggetti divergenti e che si esprimono in modo diverso sia nelle parole, sia nell'azione drammatizzata. Identiche parole e significati possono avere anche oggetti diversi, come significati antitetici può avere uno stesso oggetto o significati contrastanti può avere l'opposizione di due elementi collegati.
Le parole sono condensate in succinti testi aforistici pieni di immagini e dentro la più semplice ed inequivocabile esegesi di questi testi. L'azione vivida si evolve in canzone, musica e danza, che comprende la variegata manipolazione dell'oggetto e delle performance teatrali. La manifestazione totale, non solo l'oggetto e le sue parole associate, è il canale reale attraverso il quale è fatta la comunicazione di precise idee. Ci sono molti partecipanti iniziati in questa azione drammatizzata che agiscono come performer primari (che cantano, ballano e manipolano oggetti guidati magistralmente dai precettori), performer secondari (che cantano e ballano, seguendo la fila dei leader della danza), musicanti (tra i quali ci sono alcuni cantanti), spettatori iniziati (che siedono attorno) e il candidato con la sua cerchia di tutori e sponsor.
Le iniziazioni sono organizzate ai vari livelli da indipendenti rituali di comunità che hanno una base di parentela agnatica ma differiscono in dimensioni e ampiezza secondo il livello del rito. Questi rituali di comunità agiscono su loro stessi in un quadro di universali procedure e principi che sono il segno distintivo dell'associazione "bwami". In tal modo sono rispettate le differenze nei modi e metodi di esecuzione.
Ho visto il rito "kisumbi" in diversi rituali di comunità. Le sostanziali divergenze tra loro risiedevano nel grado di elaborazione e durata del rito. In alcune comunità venivano cantati e eseguiti fino a venticinque aforismi in un contesto di danza riguardante lo sgabello (o con lo sgabello come riferimento primario), in altre questo numero veniva ridotto a diciassette o a meno di sei. Attraverso i rituali di comunità, tuttavia, alcuni aforismi erano cantati in identiche o solo lievemente diverse formulazioni (ad esempio, utilizzando un'altra parola o un sinonimo). In altri casi, la formulazione potrebbe differire, ma l'azione e/o l'esegesi rimangono costanti.
In tutti i casi, lo sgabello è sempre manipolato e danzato durante le performance. Va notato che un gran numero di sgabelli, tutti di identico tipo, sono presenti nel rito, se tutti i partecipanti iniziati o solo i precettori leader portano i loro sgabelli. Ma a prescindere da ciò, l'enfasi è posta sullo sgabello, non sulla sua numerosità o sulle sue minimali varietà di forma. In tutte le danze, lo sgabello viene portato in mano o appeso a una corda. Quando è portato appeso, può essere tenuto sul retro o premuto contro la parte inferiore della cassa toracica o sotto l'ascella. Quando lo si tiene, può essere afferrato dalle due mani intorno al bordo, tenuto con la mano destra per una delle "gambe", o tenuto dall'avambraccio sinistro inserito tra le "gambe". Le braccia possono spostare l'oggetto in diverse direzioni e posizioni; lo sgabello è tenuto con il braccio esteso in avanti o verso l'alto, attaccato contro il ventre o le natiche.
La mano libera può puntare verso lo sgabello, strofinare la seduta o imitare il movimento di tagliare qualcosa. I ballerini possono anche annusare la seduta. Le azioni sono intese a sottolineare e chiarire i significati contenuti negli aforismi. Il motivo della danza può cambiare da un ritmo più lento a un ritmo più nervoso e veloce tenuto da un'ampia fila circolare di ballerini seguita dalla stessa fila circolare o da un gruppo di performer che si sparpagliano o si incrociano. In qualche ballo, uno ad uno, o due a due, i ballerini si spostano verso il centro del cerchio per eseguire un assolo o un duetto, mentre la fila principale continua la coreografia di danza.
In alcuni casi, l'azione non è strutturata intorno alla manipolazione dello sgabello ma prevede modi distintivi di comportamento seduto: distendere il braccio sinistro, poi il braccio destro fuori, mettendo infine le mani sul terreno; distendere le braccia, poi abbassandole, facendo scivolare la mano lungo il corpo; spalancare largamente le braccia e le gambe; agitare una mano, poi l'altra, in aria; sedere immobile sullo sgabello, mentre un altro ballerino sta vicino coprendo un occhio con la mano e distendendo l'altro braccio; tirare lo sgabello via mentre uno tenta di sedersi su di esso; sedere sullo sgabello con pugni chiusi; sedere sullo sgabello circondato da oggetti di valore.


Conoscenza iniziatica e riferimenti simbolici dello sgabello.
I dati contenuti in queste pagine sono ricavati da ben oltre centocinquanta aforismi e dal contesto di azione all'interno dei quali sono cantati nel rituale "kisumbi". Bisogna tener presente che questi aforismi nascono in diverse comunità rituali, che da comunità a comunità ci sono differenze e somiglianze nel testo e nel contesto, e che in nessuna singola comunità è cantata l'intera gamma di aforismi qui trattati. Non c'è un ordine prescritto in cui gli aforismi vengono messi in scena. Si può, tuttavia, percepire una certa tendenza da parte dei precettori che "danno" le canzoni e conducono le danze in progressione da quelle relativamente semplici e di evidenti spiegazioni a quelle aventi simbolismi più complessi e remoti. Per il resto, l'ispirazione del precettore leader imposta il tono, il ritmo, la velocità e la sequenza dell'azione cantata e danzata.
Per comodità e per fornire, almeno agli estranei, una panoramica più completa dell'esperienza iniziatica mediata attraverso lo sgabello, ho raggruppato le interpretazioni sotto alcuni elementi di base. Questo metodo di raggruppare i proverbi sotto separati elementi non viene utilizzato dai precettori. La loro è una procedura quasi improvvisata, ispirata e ispiratrice, che contribuisce alla generale atmosfera di suspense e sorpresa creata dalle iniziazioni.


Forma e uso generale.
Come forma generale, lo sgabello "kisumbi" è "bello e buono" ("-soga") perché è un oggetto dell'associazione "bwami". La sua patinatura lucida e levigata, che richiama immediatamente l'opera delle foglie abrasive ("lukenga") ricorda lo status dell'iniziato di alto livello. Le iniziazioni e la sua volontà e la capacità di seguire i loro principi lo hanno trasformato da un essere "grezzo" (sconsiderato, intemperante) in un essere "levigato" (generoso, posato, saggio).
La patinatura lucida e levigata è in contrasto con il treppiede "nkeka", che è approssimativamente scolpito e si interpreta come il simbolo del "non pulito", non iniziato che manca del "savoir vivre" e di virtù. Questa opposizione formale tra i due tipi di sgabelli viene contemporaneamente applicata al loro scopo generale, che è sedersi. Fornire un visitatore straniero di uno sgabello è un atto di ospitalità e etichetta, una espressione di amichevoli intenzioni. Al contrario, è uno stupido (kibazonga, una persona che non ascolta o non capisce bene) chi dà un treppiedi a un visitatore eminente, perché questo è un modo di danneggiare, respingere e una forma di insulto ("Stupido, mentre hai messo il treppiede per me, lanci vituperi contro di me"). Particolari enfasi, a questo proposito, è posta nel contesto della iniziazione sul trattamento eccezionale che il candidato deve ai suoi tutori e ai partecipanti iniziati. La persona che chiama altri insieme per i riti deve avere, e continuamente dare prova di avere, "a cuore che è levigato"(come lo sgabello).
Le caratteristiche specifiche della forma sono veicoli mediante i quali, sempre nel contesto d'azione, sono state fatte dichiarazioni, sia positive, sia negative, riferite al codice "bwami". In questi e tanti altri casi, lo sgabello è una metafora dell'essere umano (in particolare un iniziato maschio o femmina) e il suo nome ("kisumbi") e molti metonimi servono a designare caratteri particolari. Le quattro "gambe" dello sgabello ricordano un certo "Sig. Kisumbi, un uomo con quattro braccia che mi ingannano ", cioè di un iniziato che ha ricevuto gli insegnamenti, ma ha preso una direzione sbagliata: non è buono, è ambiguo e segue altri esempi.
Lo sgabello sferico tenuto sotto l'ascella, ricorda un piccolo scudo ("kakololo"), quindi di un "Signor Kakololo, che era il signor Ibamba" (situazione pericolosa, guerra), ma l'influenza di temperamento della "bwami" gli ha insegnato ad evitare l'aggressività e le azioni pericolose. Lo spazio vuoto tra le "gambe" (kampengenge) è evocativo di una bocca senza denti, simbolo di vecchiaia, debolezza e pace mentale. Il termine stesso consente un gioco di parole con un quasi-omofono ("mwengelengele", un uomo piuttosto vecchio). La vacuità è anche simbolo del pericolo, malvagità e cattiveria e quindi lo spazio aperto richiama l'idea di un figlio cattivo ("Kisumbi, padre di signor Molto-Cattivo"), che ignora gli insegnamenti e i modelli del padre e dei suoi predecessori. Il colore marrone chiaro e la patinatura lucida e levigata dello sgabello, combinato con il fatto che lo sgabello è fedele compagno ovunque si vada, portano a due altre immagini metonimiche. Lo sgabello non è più "kisumbi" ma è personificato come "nyawenga" (donna con accendino, colore rossastro della pelle, che è sinonimo di bellezza) o "nyakabombo" (donna che ama scappare dal proprio podere).
L'aforisma suona come una rimostranza: "Io vado alle iniziazioni con "nyawenga" (o "nyakabombo"), io vado a essere ridicolizzato". Ci sono due diverse interpretazioni dei testi. La più letterale presenta "nyawenga" o "nyakabombo" come una donna adultera che porta vergogna a suo marito (l'attenzione è posta sulla nozione che le iniziazioni non sono un'occasione per la dissolutezza). Nella interpretazione in senso lato invece, "nyawenga" non si riferisce a una persona, ma ai bei oggetti che uno porta ad un'iniziazione, dove si presenta come uno che è ridicolizzato perché non ci sono abbastanza valori da portare a casa (in opposizione al cibo, che viene consumato in situ).
Ho già affermato che la terminologia applicata al corpo umano è utilizzata per lo sgabello. La seduta e la base sferiche vengono chiamate "faccia" ("meiso", letteralmente, occhi, ma il termine plurale significa anche faccia). Lo sgabello con le sue due facce appartiene per i Lega alla categoria morfologica e semantica di oggetti a due facce (o a doppia testa o multifrontali) che comprendono una serie di figurine antropomorfe. Qualunque sia il secondario significato che essi comunicano, tutti questi oggetti rappresentano il concetto di: "Sakimatwematwe (o Sameisomabili, letteralmente, signor Teste-Grosse, signor Due-Facce) ha visto un elefante dall'altro lato del grande fiume". Questo aforisma allude alla visione penetrante, alla saggezza e all'onniscienza dell'iniziato di alto livello quale leader e consigliere della sua comunità. Questo valore è comunemente manifestato da figurine aventi multiteste o multifacce, ma in almeno due rituali di comunità che ho studiato, il valore veniva anche espresso in congiunzione con lo sgabello.
Alcune configurazioni utilizzate nell'associazione "bwami" consistono in cinque oggetti temporaneamente assemblati o permanentemente fissati in modo tale che un oggetto sia circondato da altri quattro (si potrebbe vagamente concepirne la formazione come un cerchio con un punto al centro, che richiama il disegno a forma di cerchio punteggiato spesso utilizzato su alcune delle sculture in avorio). A questo scopo, diversi tipi di oggetti possono essere utilizzati, per esempio, quattro cauri intorno con un guscio di noce "kizombo" al loro centro. Questa disposizione di oggetti si riferisce esplicitamente al principio della struttura sociale: "Il clan: quattro rami ("mitula", come i tronchi che bruciano, che sono il focolare su cui le donne cuociono) e un "kidande" (una branca incorporata originata con un agnato femminile del clan)". L'ideale struttura di un clan è costituita da quattro rami collegati agnaticamente o progenie primarie (partendo dai quattro "figli" di un fondatore del clan) e un'assimilata progenie (iniziatasi con una femmina collegata agnaticamente a loro).
In nessuna delle sequenze di ballo "kisumbi" era cantato questo aforisma. Gli iniziati mi hanno detto che anche lo sgabello apparteneva a questa categoria di icone perché comprendeva una configurazione formale di quattro "gambe" al centro delle quali vi era una protuberanza (come se una quinta "gamba" stesse crescendo). La posizione nel mezzo della protuberanza, come quella del guscio di noce "kizombo" al centro dei quattro cauri, allude al luogo principale occupato dal nipote sororale nel sistema sociale dei Lega. Il nipote sororale è "un rene ("mpiku") che dorme profondamente all'interno dell'animale", il centro è il lato femminile dove il nipote sororale è fermamente stabilito; egli è un "mbandi", uno a cui nulla può essere rifiutato.
Infine, l'unione delle due superfici (seduta e base) dello sgabello in una unità strutturale inseparabile connota il legame essenziale di complementarietà tra l'iniziato e sua moglie iniziata, tra un iniziato e il suo tutore e tra un uomo e la sua parentela. Questa unità è anche un rammentarsi della "bwami" stessa, che unisce insieme le persone in un profondo legame di solidarietà. Le idee simili sono ugualmente espresse in relazione ad un ago e al suo filo di rafia, o ad un baccello e alle fibre di rafia (usate come filati) che sono conservati in esso, o ad una stuoia e alla sua bordura. Gli insegnamenti della "bwami" non si occupano di cosmologia, sono antropocentrici, riaffermando in infinite variazioni di teoria e prassi la filosofia morale che deve produrre l'armonia nei rapporti sociali, la felicità e la beatitudine individuali. Non è quindi sorprendente che gli iniziati Lega non percepiscano una dimensione cosmica nella forma dei loro sgabelli.
(...)
Lo sgabello Lega non è un archivio cosmico o storico; è un'immagine dell'etica, della morale.


Usi comuni dello sgabello.
Un secondo insieme di interpretazioni si concentra sugli usi ordinari per i quali lo sgabello è fatto: è un oggetto che serve a sedersi e che può essere usato a lungo. Lo sgabello viene indirettamente a contatto con i genitali, e questo fatto lo sottopone all'odore fetido delle natiche, alla seduta di persone malate (incluse quelle che hanno la lebbra) o che hanno ferite ("Kisumbi, io sento l'odore di qualcosa di cattivo, sento l'odore fetido proveniente da in mezzo alle natiche"; "Figli-di-uno-che-supera-loro-in-sapienza permette di sedersi a chi ha una ferita di lebbra sull'ano"). In entrambi i casi, lo sgabello personificato sta per l'iniziato di alto livello che eccelle in equanimità e tolleranza. Questo è spesso il tema ripetuto che mette l'accento sul senso di moderazione, di equilibrio, di saggezza, con le quali l'iniziato di alto livello agisce quando viene assalito da problemi o diventa il bersaglio delle vessazioni. L'aforisma "Kisubi, io sento l'odore di qualcosa cattivo, sento l'odore fetido proveniente da in mezzo alle natiche" è, allo stesso tempo, una specie di rimostranza perché la moglie, che l'iniziato ha trattato bene, lo abbandona per altri e una sorta di avvertimento per la donna adultera (la saggezza dell'iniziato lo aiuterà a scoprire il suo inganno).
In un terzo proverbio, lo sgabello personificato e l'albero caduto da cui è stato scolpito sono in contrasto. Lo sgabello è solo in contatto indiretto con i genitali, poiché sono coperti dal perizoma o dal grembiule; così "Sgabello non vede nyabungu" (l'insieme delle parti sessuali, ovvero l'insieme di conoscenze nascoste). L'albero caduto, però, vede "nyabungu" perché quando si passa l'albero le vesti pendono dai glutei rivelando i genitali. Sgabello e albero caduto, in questo contesto, alludono a individui di diversi livelli di conoscenze iniziatiche. Il membro dello "yananio" (qui simboleggiato dallo sgabello che è un oggetto caratteristico di questo grado), anche se saggio e ben informato, può ancora imparare molto attraverso una più completa iniziazione al livello "kindi" (qui simboleggiato dall'albero caduto). Il testo contrasta anche la relativa conoscenza del candidato con quella più profonda del suo tutore.
Gli iniziati portano i loro sgabelli appesi a una corda sulla spalla per andare ad un'altra iniziazione. Se, tuttavia, molte persone insieme portano i loro sgabelli, è segno che qualcosa di importante è accaduto: "Sgabello non va in giro, a meno che il villaggio non brucia". L'aforisma enfatizza l'idea dell'appartenenza; l'iniziato non è un vagabondo che si muove per stabilirsi in un villaggio dopo un altro. Se lascia il villaggio, la sua partenza è causata da un grande cambiamento radicale e lascia il vuoto.


Il legno e l'albero che producono un oggetto duraturo.
Gli sgabelli sono preferibilmente fatti di legno "muntonko" dell'albero "muntonko" o "kantonko"; questa conifera cresce nelle vecchie radure della foresta, non lontano dal villaggio (che è preferibilmente costruito in una foresta secondaria). Questi fatti basilari danno origine ad un gran numero di interpretazioni nel rituale "kisumbi". Il legno di cui l'albero è fatto è deperibile ("Muntonko non ha un nucleo imputrescibile"), ma il lavoro dell'ascia lo ha reso "mwegele" (nucleo imputrescibile), cioè lo ha reso duraturo. Un essere umano è debole e fragile, ma l'iniziazione "bwami" lo trasforma in qualcosa di durevole e trascendente. Questo porta i precettori ad applicare l'opposizione "deperibile-duraturo" al corpo umano: "Tutto deperisce, l'omero del braccio non si decompone". I termini rispettivamente dell'omero ("kiganza") e del braccio ("kuboko") fanno riferimento in questo aforisma alle opere e ai successi di una persona ("kiganza", per esempio: i figli di uno, gli oggetti d'iniziazione di uno), che rimangono molto dopo che la persona ("kuboko") è scomparsa.
L'albero del "kantonko", che cresce vicino al villaggio, è per gli uomini l'obiettivo preferito per provare che le loro asce, le loro lance e i loro coltelli, sono perfettamente affilati. Quindi c'è un aforisma che afferma che "kantonko sperimenta i colpi" ("mabango"). "Kantonko" è paragonato all'anziano, il grande iniziato, che è responsabile di molti nel suo gruppo; tutti i problemi sono portati a lui, lui è l'obiettivo a volte di insinuazioni ingiustificate, ma deve trattarle con equanimità, imperturbabilità e un profondo senso di giustizia.
Ma l'esegesi di questo testo fa riferimento anche a una persona che sopravvive in un gruppo di famiglia dove molti sono molti in rapida successione. Può diventare un capro espiatorio, obiettivo di false accuse di magia e stregoneria ("buganga"). Così, in linea con questa interpretazione e per enfatizzarla, l 'aforisma "kantonko" da vicino al villaggio ha sperimentato i colpi" è immediatamente seguito in alcuni riti di comunità da: "Lui/lei che rimane in questa famiglia o casa poligamica ha sperimentato stregoneria/magia (in termini di accuse)".
Una certa specie di vite strangolatrice ("kagumo", la cui corteccia è una dei possibili materiali per la produzione di specie di tessuto tradizionale) tende a crescere in modo simbiotico con l'albero del "kantonko". Questo fatto incoraggia la formulazione di due aforismi che hanno significati antitetici derivanti dalla posizione ambigua della vite. Da un lato, è ambita per la sua corteccia ("Il pezzo di il legno tra i rami ha insegnato ad arrampicare al giovane"), dall'altro la vite strangolatrice può distruggere l'albero ("Kantonko ha chiamato Kagumo a sedersi nei suoi rami; guarda, Kagumo lo rinsecchisce").
In primo luogo, la vite rappresenta l'associazione "bwami" e le iniziazioni che stanno alla base essa; per ogni giovane, raggiungere l'appartenenza è un obiettivo importante, quello che non è mai pienamente raggiunto perché si vuole salire sempre più in alto nella gerarchia dei livelli. In secondo luogo, la vite e l'albero rappresentano due personaggi: "kantonko" è l'anziano, il capo, l'iniziato, il tutore, e lo zio materno che hanno preso qualcuno sotto la loro custodia e protezione ma che qualcuno (Kagumo) li distrugge, interrompe la loro vita a causa di un comportamento illecito.
L'albero del "kantonko" si oppone poi all'albero "bugubi", che cresce più lontano dai villaggi e col quale sono fatti oggetti più deperibili, come il bastone "yango" (che a volte è presente nelle iniziazioni come simbolo fallico e come il nome di un personaggio che ama vagare e e sedurre le donne). Due aforismi contrastano "kantonko" e "bugubi": "Yango della putrefazione bugubi", "Yango di muntonko non può crescere putrefatto" e "Il nucleo di bugubi cresce marcio", "Il nucleo di muntonko non può crescere putrefatto". Nel primo testo, i due figli ("yango") degli uomini Bugubi e Muntonko si oppongono; uno non ha raggiunto la "bwami" ed è destinato all'oscurità, l'altro ha attraversato le iniziazioni ed è destinato a una grandezza duratura. Il secondo proverbio trasmette un simile significato, ponendo l'accento sulla rapida degenerazione degli oggetti fatti legno "bugubi" e la permanenza di quelli fabbricati con "kantonko".
"Kantonko" è anche in contrasto con l'albero "nkungu". Questo è un albero alto i cui rami si piegano a causa della loro lunghezza e del loro peso; le donne tagliano rami per farne legna da ardere; "nkungu" perde le foglie durante la relativamente breve stagione secca. Due aforismi indirizzano a queste caratteristiche. Uno di loro dice: "Il grande (ramo) di "nkungu", pende perché la lunghezza è la ragione perché perisce (è disturbato)" e implicitamente afferma che questo albero orgoglioso non resiste al taglio, ma continua a crescere; ciò è simbolico del Maestro della Saggezza, del Maestro della Conquista, del veramente grande iniziato("mwizakisi"). Se qualcuno lo disprezza, non risponde a tono, non è pusillanime; se egli venisse offeso dalla meschinità degli altri, non sarebbe grande. La nudità dell'albero dopo che ha lasciato le foglie ricorda "la casa della morte" (un gruppo in cui morirono molte persone) e la solitudine dell'anziano di quel gruppo: "Nel modo in cui il "nkungu" perde le foglie, così la casa della morte si sgretola". Questa immagine è determinata dalla negazione implicita nel precedente aforisma: un iniziato veramente grande non è facilmente disturbato, non si vendica praticando malvagità sul suo popolo, se lo facesse sarebbe disastroso per il gruppo. Altre interpretazioni sono strutturate intorno al simbolismo degli alberi, che sono dimostrate essere in opposizione al "kantonko", ma come vedremo ulteriormente, la traslazione dei significati richiede un'azione teatrale speciale.


Gli strumenti, le tecniche e il facitore che producono un oggetto duraturo.
Gli strumenti essenziali che danno forma allo sgabello sono l'ascia ("nkondo") e la foglia abrasiva ("lukenga"). Il fabbro fa l'ascia, e alcune volte è anche lo scultore dello sgabello. Nel processo di scultura, il lavoro d'ascia è fondamentale, tuttavia, come afferma un aforisma, le mani che la guidano (o signor Mani) vengono elogiate per i risultati. "Nkondo" (ascia personificata) sta per il povero vecchio che fa le cose per le quali il capo ("maboko", le braccia) riceve i benefici; o, più in generale, il proverbio allude a Un Piccolo Vecchio che è responsabile dei molti successi di cui gli altri ne raccolgono i frutti. Un altro testo elogia il candidato, il "giovane" che segue i modelli fissati dal padre: "Ricordo le cose che "nkondo", il signor Braccia, ha fatto." I saggi insegnamenti e ammonimenti del padre hanno aiutato il debole giovane uomo a trasformarsi in una persona di fama duratura: "Muntonko ha un nucleo putrescibile, ma Ascia gli ha dato un nucleo imputrescibile".
L'ascia consiste in una lama trasversale di ferro ("nkondo", correttamente parlando) e di una diritta impugnatura in legno ("musaka"). Tre aforismi chiariscono i riferimenti simbolici a questo. "Sulla impugnatura, su questo va la lama dell'ascia" si riferisce ai paraphernalia che hanno gli iniziati vestiti in modo piacevole e amabile. Nel prossimo aforisma, "musaka" sta per il nome di un villaggio e "nkondo" per una persona di quel villaggio: "A Musaka, nel posto di Nkondo, lui (Nkondo) parla di grandi cose." Il testo allude ad un importante iniziato con molte mogli, bambini e beni, che parla di tutte le questioni prima che lo facciano gli altri. L'allusione è ovviamente derivata dal legame tra la lama e l'impugnatura dell'ascia e, inoltre, dal suono prodotto dalla lama quando viene utilizzata per incidere. Con le stesse identificazioni simboliche, il terzo aforisma parla di "nkondo" che fugge da "musaka" a causa della povertà: "Egli fugge da musaka, nkondo sfugge alla povertà". L'ispirazione per questo testo deriva da un'ascia che viene allentata dalla impugnatura. L'iniziato è identificato come Nkondo, cioè come un intagliatore, uno scultore, un piallatore delle cose.
Il termine povertà ("muzambo") si basa anche su un personaggio che offende "nkondo", costringendolo a lasciare. Ma c'è una critica implicita di "nkondo": come la lama deve rimanere saldamente attaccata all'impugnatura, quindi Nkondo deve rimanere al suo villaggio; non c'è alcun motivo per abbandonarlo precipitosamente o a cuor leggero. Il quadro finale di riferimento riguarda l'atto del taglio per il quale l'ascia è fatta e il fabbro-scultore che crea l'attrezzo e l'oggetto. L'ascia richiama un pene e la persona che la impugna è "byembo" (termine simbolico per il pene). L'atto di tagliare e scolpire ricorda i rapporti sessuali: "Ogni fabbro forgia oggetti di ferro, "byembo" ha conosciuto la forgiatura (in modo eccellente)!" e "Il figlio di tuo padre non figura nkondo (qui, pene)" e "La ferita di nkondo (cioè, inflitta da nkondo) non guarisce".
In questo contesto, due aspetti importanti vengono messi in evidenza. Un uomo deve avere progenie, in particolare figli che possono seguire le sue orme. "Byembo" è lodato per i suoi figli che gli devono la loro progressione nella "bwami" perpetuando il suo nome. L'adulterio all'interno del gruppo, e a maggior ragione i rapporti incestuosi, sono distruttivi perché causano tensioni permanenti. Lo sgabello viene levigato e lucidato per mezzo di una foglia di "lukenga". Un proverbio letteralmente enfatizza questo aspetto: "Lo sgabello era molto cattivo" (in altre versioni: lo sgabello non sarebbe stato buono e bello, o lo sgabello non sarebbe stato in buon ordine); "Lukenga lo ha fatto brillare intorno alla faccia" (o in un'altra versione, Lukenga lo ha pulito). È chiaro, una volta di nuovo, che i due termini sono usati per due personaggi, il nuovo iniziato o il suo tutore, o un uomo e sua moglie. La foglia sta anche per la "bwami" o le iniziazioni stesse. In generale, la "lukenga" è pensata come una istituzione "musoga" (buona e bella) e quindi può simboleggiare facilmente tutte quelle persone, istituzioni o cose che contribuiscono a fare un uomo migliore e esperto. Il testo celebra l'emergere del nuovo iniziato dalla asperità e oscurità alla luce e alla dolcezza. In un'interpretazione del proverbio, una sottile allusione è fatta al fatto che le foglie non solo meramente rimuovono la polvere dalla superficie dello sgabello, ma allo stesso tempo determinano anche la sua bellezza.
Questo vale per l'appartenenza alla "bwami": gli iniziati non sono semplicemente desiderosi di ricevere cose, di mangiare molto e portare i regali a casa a spese del candidato e dei suoi sponsor, ma, inoltre, danno a lui la grandezza e la possibilità di partecipare nel futuro a simili scambi. Il concetto di pulizia porta alla mente, nel prossimo proverbio, l'atteggiamento del signor Pulito-Pulito ("kolokolo"), "uno che è abituato a dire che al suo posto fanno cose simili a queste o simili a quelle, che le cose sono migliori al suo posto". Questo carattere indesiderato si distingue in contrasto con il vero iniziato che è posato, parsimonioso nelle parole, non vizioso o fanatico.
Contesti speciali di drammatizzazione in cui una modalità particolare di seduta o di azione divengono il primario veicolo di interpretazione.
In tutti i contesti di azione precedentemente analizzati, lo sgabello viene portato nel movimento di danza. Come abbiamo già indicato, questo viene fatto in vari modi, eventualmente con gesticolazioni aggiuntive. Ma ci sono fasi distintive e sequenze di danza, intrecciate con le precedenti, dove l'atto di sedersi in un modo particolare, con o senza ulteriore movimento del corpo e di azione ambientale è il punto focale delle interpretazioni. Seguono l'azione e i contesti verbali. Un precettore siede in modo tranquillo e dignitoso sullo sgabello mentre gli altri posizionano carapaci di lumache giganti sul terreno intorno a lui: "Nel villaggio di un iniziato, i pappagalli depongono le uova sul terreno". Questo significa che ricchezza e benessere sono considerati una promessa per l'iniziato che aderisce ai principi e agli standard morali della "bwami".
Seduto sullo sgabello, il precettore agita una mano e poi l'altra nell'aria in un gesto di ricevere e riconoscere gioia: "mukumbi raccoglie i frutti e dal suo sgabello non si alza". Qui la promessa è soddisfatta, ovunque l'iniziato vada ("mukumbi" in questo contesto si riferisce a un grande iniziato che ha finalmente raggiunto il grado di "yananio"), è sicuro di ricevere le sue quote di carne, olio, sale, conchiglie-denaro, ecc. Anche se, a causa di malattia o di vecchiaia, non può andare alle iniziazioni o non partecipa più attivamente alle danze, è ancora sicuro di assicurarsi la sua parte da parenti e colleghi. Due precettori sono seduti sugli sgabelli; un terzo, in piedi nelle vicinanze e coprendo un occhio, li cerca con un braccio teso: "Il grande cacciatore circonda (insegue) l'antilope "mpombi" con un occhio." Questo passaggio sottolinea la vigilanza e l'intelligenza del parente più anziano o dell'iniziato; presto individuerà le fonti del disordine. L'immagine del "signor Occhio Solo", che viene anche trasmessa attraverso figurine e in riferimento a un vecchio uomo (guardiano del villaggio) disteso su una sedia simile a un letto, invariabilmente influenza la diligenza dell'iniziato ben informato. Lui ha la saggezza e le relazioni (attraverso la rete di solidarietà della "bwami") per scoprire tutte le fonti del male. L'immagine del "signor Occhio Solo" ("liso limozi") porta subito a pensare al suo opposto, il "signor Qualcosa nell'Occhio" ("kakuliso"), una delle tante metafore per una persona malvagia. Quindi, l'aforisma che segue il precedente nello stesso contesto di azione recita: "Signor Qualcosa nell'Occhio ha informato Leopardo del luogo in cui catturare le capre". Questo allude a una persona che è invadente e ama antagonizzare le persone, esattamente il contrario di ciò che deve essere e fare un grande iniziato.
Un precettore cerca di sedersi, ma un altro che danza tira costantemente via lo sgabello. "Lo sgabello di Wabalenga: su di esso non si deve sedere uno che ha l'inizio della lebbra". "Wabalenga", il personaggio che tira via lo sgabello, è intransigente e intrattabile; a lui non piacciono le persone e provoca futili dispiaceri e liti, il contrario di ciò che un vero iniziato deve fare. I precettori siedono sugli sgabelli in silenzio con i pugni chiusi per esprimere la disperazione del "Figlio di Un Povero" che costruisce un villaggio che non può prosperare e vivere. Seduti sugli sgabelli, i precettori allungano le braccia fino al limite possibile in diverse direzioni: "Lutunda chiama (allungando le braccia) quelli che sono lontani e quelli che sono vicini al villaggio". "Lutunda" è un albero con una larga chioma che, come il citato "kantonko", cresce vicino al villaggio; le sue foglie e frutti attirano molti animali, per cui diviene un posto eccellente per mettere le trappole. In questo proverbio, "lutunda" è sinonimo delle iniziazioni o del grande iniziato: entrambi sono la confluenza di molte persone e entrambi creano relazioni ad ampio raggio.
I precettori seduti allargano le gambe e le braccia il più lontano possibile: "Il grande iniziato (altra versione, il Maestro di Saggezza) è un "lukundu" (albero) che ha fatto arrivare le sue grandi radici aeree lontano". La precedente immagine sui rami molto estesi dell'albero di "lutunda" ricordano l'albero di "lukundu" e le sue potenti radici aeree di ampia estensione, definendo così la solida posizione del grande iniziato che è un centro di attrazione per tutti. Ma l'albero di "lukundu" produce anche un veleno mortale, quindi ha anche una sua connotazione opposta. "Lukundu, abbassa il ramo, nella pianura della foresta non c'è altro albero come lui" è cantato mentre i precettori seduti prima estendono le braccia ampiamente, poi le riportano indietro lungo il corpo. "Lukundu" è qui simbolico di una persona che parla in modo eccessivo e arrogante; l'ammonizione, nelle parole "abbassare il ramo", nel gesto abbassare le braccia, è una indicazione all'iniziato a rimanere di basso profilo.
In quelle comunità dove c'è la più grande drammatizzazione e verbale elaborazione intorno allo sgabello, gli iniziati tendono a cantare una formula aforistica iniziale e finale (come fanno anche per altri oggetti importanti). I danzatori, dopo essersi riposati alla fine di un ciclo precedente, sono chiamati insieme: "Non lasciare che una sola persona rimanga in casa". Gli sgabelli sono portati fuori con il proverbio "Dagli uno sgabello, (per) lo straniero non va (viaggio) con il proprio", che pone l'accento su etichetta e ospitalità. Tuttavia gli elementi di criptica asserzione sono contenuti in questa semplice formula. Per il forestiero, esso sembra come se lo sgabello non fosse nient'altro che un mezzo per sedersi e mostrare il proprio "savoir vivre". Per il candidato, segna quel momento di dubbio che si trova a tutti i livelli di iniziazione, quando non sa se è stato ingannato o che cosa accadrà. Quel momento di tensione e delusione che viene presto oscurato dalla rivelazione di simbolismi inaspettati e tipi di conoscenza. La formula finale è ancora più semplice e più generale nell'ambito di applicazione. L'aforisma di chiusura "kisumbi va in idima" (dare un ultimo addio) è anche usato con piccole variazioni nei riti funebri degli alti iniziati.


Conclusioni.
Tra l'enorme varietà di oggetti naturali e manufatti che formano supporto e veicolo per le interpretazioni simboliche nelle iniziazioni "bwami", lo sgabello "kisumbi" è sicuramente uno dei più ricchi di contenuti. Eppure molti dei principi morali che aiuta ad esprimere sono adeguatamente convogliati in altri contesti per mezzo di diversi tipi di oggetti e azioni. Ho già sottolineato che parte della genialità della "bwami" si manifesta nella capacità dei suoi membri di formulare più e più volte la stessa base di idee in un flusso di immagini infinito, sempre nuovo e inaspettato.
La presentazione delle idee è visiva e cinetica tanto quanto verbale e musicale ed è invariabilmente parte di un contesto di drammatizzazione. Per gli estranei, la semplice sintesi delle idee comunicate potrebbe sembrare noiosamente ripetitiva e ridondante, ma proprio questi riassunti lascerebbero da parte il potere vitale, creativo e suggestivo delle performance stesse. Ogni performance per i Lega è un evento non ripetitivo a causa dell'unicità della congiunzione di combinazioni originali di parole, oggetti, configurazioni, movimenti di danza, gesti, ambientazioni fisiche e sociali, effetti raggiunti, sentimenti suscitati e scopi ricercati. Non c'è mai una sensazione di deja vu o un sentimento di noia, a causa delle qualità inesauribili di novità, sorpresa e inventiva che sono alla base di ogni performance. Inoltre, l'organizzazione dei riti non è uniforme in tutto il territorio Lega (anche se lo sono i principi strutturali su cui si basano).
Per l'organizzazione delle iniziazioni più elevate, ci sono distintivi, autonomi rituali di comunità, ognuno dei quali ha delle preferenze riguardo alle modalità di esecuzione; quindi, ci sono notevoli differenze, non necessariamente nei tipi di oggetti, aforismi o danze, ma nel modo in cui il la messa in scena viene fatta: variazioni di enfasi, elaborazione, combinazioni e sequenze. I precettori di ciascuna comunità rituale si occupano di questa orchestrazione, come artisti creativi, cercano originalità e nuovi effetti. Questa ricerca cosciente è incrementata perché gli iniziati di grado elevato viaggiano ampiamente per partecipare, come tutori, sponsor, performer e/o ospiti, nei riti tenuti da differenti autonome comunità rituali.
Le forme, le proprietà naturali, gli usi primari e le denotazioni della grande maggioranza degli oggetti utilizzati in questo sistema di comunicazione sono ampiamente conosciuti in tutta la società Lega. Solo le figurine, le maschere, gli sgabelli, alcune sculture in miniatura e assemblaggi non hanno basi dirette nel mondo più ampio dal momento che sono fatti appositamente per l'associazione "bwami", ma anche qui i materiali da cui sono modellati e le proprietà da cui sono derivati (vegetale, animale, minerale) sono ben note. Così, la rete di riferimenti simbolici nasce da fatti molto semplici e manifesti: le caratteristiche formali degli oggetti, le proprietà intrinseche dei materiali e delle entità da cui derivano, le modalità di utilizzo, i processi di raccolta e/o fabbricazione, le associazioni, i contrasti, le opposizioni, e i nomi dati agli oggetti. Gli iniziati fanno selezioni imprevedibili tra queste caratteristiche "realistiche" e allegano alla selezione ulteriori qualità percepite. La formulazione poetica dei concetti e la loro espressione cinetica sono parte del processo iniziatico. L'interpretazione di questi concetti e la loro applicazione al mondo della filosofia morale della "bwami" appartengono ai membri e fanno parte del loro "ineffabile segreto".
Ciò che aggiunge molto al "colore" speciale di questi simbolismi è la eccezionale genialità di trasformare i nomi primari e derivati degli oggetti in personaggi umani, visti come la quintessenza delle incarnazioni delle virtù sostenute e dei vizi castigati dalla "bwami". I termini generici per sgabello ("kisumbi"), per stuoia ("katanda"), per famiglie o specie di piante o animali, sono tutti legati a essere nomi dei personaggi: signor "Kisumbi", signor "Katanda", signor "Nzogu" (elefante), signor "Ibulungu" (albero). Questa costante tendenza a traslare, quasi impercettibilmente, dall'inerte e inanimato alla sostanza vivente, dal materiale allo spirituale, dall'empirico al concettuale e affettivo offre all'iniziato risorse illimitate per immagini, associazioni, contrasti, sinonimi, giochi di parole e allusioni. Le iniziazioni costituiscono un ambiente molto speciale e particolarmente ricettivo per operare queste immagini esuberanti.
Molte delle procedure e delle idee che sono alla base di esse, in ogni fase della progressione, sono fondate su un tipo di conoscenza che è esclusivo e segreto. Per quelli che aspirano a loro, le iniziazioni mantengono la promessa di rivelazione di cose nascoste (la nozione greca di epopteia, "aver visto") e comunicazione dell'"ineffabile" segreto "(vedi Kerenyi, 1967). Per gli stessi iniziati, cioè coloro che "hanno visto", essi conferiscono una sensazione di appagamento, felicità, garanzia di grandezza, ricchezza e fama. Durante le procedure iniziatiche, il candidato non deve interrogare o valutare, ma, nel senso aristotelico, "subire" (pathein) e "essere portato in uno stato" (diatethenai) di meraviglia e smarrimento che crea una visione.
Nei rituali Lega, gli iniziati imparano a capire le icone in azione, nelle loro espressioni più diverse: forma, materiale, proprietà intrinseche, semantica, associazioni, contrasti, usi ordinari e ludici. Tramite i rituali, l'iniziato non acquisisce meramente rango e status, egli sperimenta uno stato di beatitudine, una sensazione di benessere e fiducia e un conferimento di eccellenza morale perché ha visto e imparato a vedere. Come è il caso delle iniziazioni greche, c'è una potere speciale nell'atto di "vedere cose nascoste", cioè nel testimoniare le situazioni dinamiche nelle quali oggetti, che possono o non possono essere visti diversamente, fanno parte di un contesto insolito, imprevedibile, sorprendente.
Lo sgabello Lega è un interessante esempio della complessa posizione che le opere d'arte detengono in una società africana. Ho già annotato che questo tipo di oggetto è molto diffuso e che i Lega attuali potrebbero difficilmente essere i suoi inventori. I Lega hanno assegnato un posto speciale allo sgabello come un dispositivo di iniziazione; non c'è nulla di eccezionale in questo fatto perché i Lega impiegano centinaia di diversi tipi di articoli, più semplici o più complicati, per questo scopo. Tuttavia, a differenza di molti di questi oggetti, lo sgabello è esclusivo ed emblematico, cioè è un oggetto solo della "bwami", ed è caratteristico di un particolare livello di grado. In casi come questi, è praticamente impossibile decidere se l'avvento dello sgabello precede o segue storicamente lo sviluppo della "bwami", o se sono sincronici e concomitanti, per la "bwami", così come per le istituzioni come la "bwami" che esistono al di fuori della società Lega nello Zaire (oggi RDCongo) orientale.
Nulla nell'ideologia "bwami" vieta l'introduzione di oggetti estranei o la loro eliminazione, sostituzione o duplicazione, ma nessun oggetto ha un posto nei riti a meno che non si adatti ai bisogni e agli scopi. La prolifica immaginazione che trova significati applicabili alla morale filosofica nelle più diverse e ampie entità non ha difficoltà nell'accogliere "nuovi" oggetti. Quindi, gli aspetti formali di base dello sgabello non sono la continuazione iconica delle idee, piuttosto, l'avvento della forma ha stimolato nuove formulazioni di vecchie idee. Nel processo storico, le idee crescono e, a loro volta, influenzano le forme e a quel punto l'oggetto è una parte completamente integrata del sistema.