Igbo. Ikenga.
L'"ikenga" in quanto santuario, simbolo o idea, dà corpo al "Chi" d'una persona, il suo potere essendo riattivato da preghiere e sacrifici. I giovani lo acquistano a varie età, ma tutti lo possiedono quando si sposano e creano la propria famiglia. Scolpiti da un professionista in un legno molto duro, la loro caratteristica principale è di avere un paio di corna identificate come quelle d'un ariete che "si batte con la propria testa", donde il simbolo di aggressione e di perseveranza. L'ariete combatte di rado; per gli Igbo, esso simbolizza quindi il riserbo e la determinazione. Nel contesto rituale, l'ariete non mostra mai alcuna pena: l'uomo, ad immagine dell'ariete, deve rimanere stoico. (Jacques Kerchache)
"Ikenga". Cultura Igbo.
Legno, corda, patina ocra. Braccio destro spezzato riincollatura d’epoca. Provenienza geografica area Anambra o nord paese Igbo. Dimensioni: h.cm.51.
Provenienze:
galleria René Rasmussen, Parigi (F).
collezione Pontus Gratt, Svezia.
galleria Alain de Monbrison, Parigi (F).
Expertise:
Alain de Monbrison, Parigi (F), 2002.
Commento etnico-stilistico:
Alain de Monbrison, Parigi (F), 2002.
Ihediwa Nkemjika Chimee, Nsukka(Nigeria), 2016.
Catalogazione AA 38/2002.
Commento etnico-stilistico di Alain de Monbrison. 15.05.2002.
Occupanti l'altopiano della Nigeria orientale, gli Igbo sono un popolo di agricoltori, pescatori e commercianti. Densamente popolato, il loro territorio ha circa dodici milioni di abitanti determinando una certa espansione sulle terre vicine. L'organizzazione sociale, le credenze e la cultura degli Igbo si sono evolute in relativa autonomia, conservando le vecchie tradizioni per più di dieci secoli. Senza avere una vera autorità centrale, in quanto "Eze", considerato come un re, è più un autorità spirituale che politica, la società è strutturata in raggruppamenti di diversi villaggi governati dal consiglio degli anziani. Questo potere è condiviso anche con le società segrete molto influenti.
Se gli Igbo credono in un'entità superiore, "Chukwu", il creatore, essi venerano peraltro la natura, di cui personificano gli elementi principali sotto forma di divinità invisibili e accessibili. Alla terra, "Ane", entità primaria, sono dedicati importanti culti tutelari.
Popolo di musicisti e ballerini che mostra particolarmente una tradizione importante di cerimonie mascherate, gli Igbo hanno sviluppato una notevole arte scultorea. Oltre la statuaria soggetta a regole stilistiche rigorose, l'elaborazione di maschere di grande significato simbolico costituisce una delle caratteristiche principali della loro cultura. Sono spesso evidenziati i principi della dualità (maschio/femmina, bellezza/bestialità, mistero/chiarezza ...) esaltando il rapporto di complementarietà tra uomini e donne all'interno della coppia, e più in generale della famiglia e della società. L'opposizione di colore bianco e nero, sostiene questo principio, ed è particolarmente forte e ben espresso tra gli Igbo.
Di qualità plastica molto bella, la scultura è un oggetto d'altare che gli Igbo chiamano "ikenga". Si tratta di un personaggio reale, seduto su uno sgabello e indossante tutti i simboli della sua potenza. Infatti, questo tipo di figura esalta violenza e virilità del guerriero. Essa tiene una spada in una mano e nell'altra uno scudo decorato con un volto umano mentre tra i suoi piedi è posizionato un contenitore pieno di noci di cola. Questi tre elementi che rappresentano l'autorità di potenza e reale sono tutti motivi ricorrenti nell'iconografia "ikenga".
La testa, molto maestosa, è sormontata da un paio di grandi corna ricurve tra cui appare un camaleonte. L'acconciatura tipica Igbo copre la fronte e le tempie. Ampiamente striata è in sintonia al motivo avvolgente il collo, contribuendo al bell'equilibrio plastico dell'insieme. I grandi occhi sono a chicco di caffè, il naso e la bocca sono ampiamente evidenziati. Il lungo collo contribuisce ad accentuare il viso, rimarchevole sia per l'interiorità manifesta, sia per la maestosa e selvaggia potenza che esprime. Le spalle descrivono una curva delicata, i muscoli pettorali sono nettamente risaltati e l'ombelico è molto prominente.
Il braccio destro era rotto ed è stato riincollato.
Ogni elemento di questa scultura contribuisce alla rappresentazione della forza misteriosa e della potenza autoritaria del personaggio scolpito. Siamo in presenza di un superbo esempio dell'arte Igbo.
Commento etnico-stilistico di Ihediwa Nkemjika Chimee (Department of History & International Studies. University of Nigeria, Nsukka). 2016.
"Ikenga" rappresenta il culto personale della mano destra dell'uomo, simbolo di forza, vigore, fermezza e successo. Questa è la concettualizzazione di Ikenga presso gli Igbo del sud-est Nigeria. L’"ikenga" in collezione sembra essere di provenienza della zona di Anambra o meglio del nord del paese Igbo. Le opere di questa provenienza sono tutte ben intagliate e non grossolanamente scolpite, come può essere il caso degli "ikenga" della Middle Belt o Mid-Western della Nigeria. "Ikenga" è un dio con la testa di ariete di grandezza e fertilità. L’"ikenga" in colleazione, seduto frontalmente, è in possesso di un coltello nella mano destra e uno scudo nella sinistra, a simboleggiare l'autorità e il privilegio reale. E’ da notare il pene eretto, dimostrazione di fertilità e dello spirito della fecondità e della produttività dell'uomo.
Estratto da: “Ikenga quale emblema della grandezza nella cosmologia degli Igbo del sud-est della Nigeria”. 2014.
Ihediwa Nkemjika Chimee.
Gli Igbo vivono nella zona che oggi è geograficamente definita sud-est della Nigeria. Hanno vissuto per secoli in questa parte del mondo sin da prima dell'invasione britannica e la successiva colonizzazione nel ventesimo secolo. Varie ipotesi sono sostenute circa l'origine degli Igbo. L'ipotesi orientale sostiene che in principio gli Igbo erano una delle tribù d'Israele o d’Egitto e che per qualche motivo non specificato abbiano lasciato l'Oriente, attraversando il Sudan per andare a stabilirsi dove noi ora li troviamo. Coloro che sostengono questa tesi si basano sulla linguistica, l'etnografia e la religione. Questo punto di vista è stato sostenuto da molti dei colonialisti in Nigeria, attribuendone la validità arbitrariamente a fonti originarie dei popoli indigeni e utilizzando criteri spuri.
Una seconda ipotesi, opposta alla origine orientale, è l'affermazione che gli Igbo siano originari della zona in cui si trovano ora: una affermazione di autoctonia. Questa seconda affermazione è molto popolare tra i Nri di Awka, dove i sacerdoti-parentali di Agukwu e Oreri hanno senza dubbio contribuito a confermarne la tesi. Evidenze linguistiche mostrano che la lingua Igbo appartiene al gruppo linguistico Kwa(come molte altre lingue in Nigeria, Akan ecc.) e alla grande famiglia delle lingue africane conosciute come Niger-Congo stock. Gli Igbo sono giunti nella zona attuale nel corso dei secoli, e per la natura dell’ambiente non sono disponibili documenti scritti o sufficienti ritrovamenti archeologici di supporto a questo, a parte il ritrovamento del sito Igbo Ukwu che è diventato una delle principali fonti di datazione storica e di cultura Igbo. Lo scavo negli anni 1960 e 1970 è diventato un ricco reperto culturale che ha dimostrato che gli Igbo avevano raggiunto un alto grado di civilizzazione sin dall’800 dC.
La cultura Igbo, la religione e la cosmologia girano intorno a un'esistenza ordinata che coinvolge forze spirituali e divinità che rappresentano il modo di vivere degli Igbo. Una di queste forze spirituali è Ikenga, il culto della mano destra di un uomo. Questo simboleggia la grandezza, il vigore, determinazione, forza, successo, e, a volte, spietatezza. L'interpretazione della forza "ikenga" di solito è fatta caso per caso, quindi su base individuale e per questo può essere rappresentato in una miriade di modi a seconda delle aspirazioni del singolo o del gruppo che diverrà possessore. Questo lavoro andrà a esaminare il fenomeno "ikenga" nella storia Igbo, il suo posto e significato nella cosmogonia degli Igbo.
L'origine di "ikenga".
Alla domanda circa l'origine di "ikenga" nella storia Igbo è difficile rispondere così come lo è per la questione dell'origine degli Igbo. Le molte ipotesi sull'origine orientale degli Igbo, sostenute dagli studiosi occidentali sembrano aver anche influenzato le ipotesi circa l'origine di "ikenga". Viaggiatori europei ed etnografi come M.D.W. Jeffreys, tendevano a credere che "ikenga" fosse di origine egiziana in correlazione con l’origine orientale degli Igbo. L'argomento era supportato dal fatto che "ikenga" "dio Igbo testa d’ariete", era derivato dal dio testa d’ariete degli Egiziani. A questa correlazione orientale di "ikenga" si sono opposti con veemenza gli studiosi di estrazione Igbo in quanto tale ipotesi oltretutto sembra molto dubbia e denigratoria nei confronti della fede religiosa e cosmologica Igbo. Nonostante la resistenza degli studiosi autoctoni all’origine orientale, la tendenza da parte degli studiosi occidentali è proseguita nella letteratura delle origini e delle migrazioni della maggior parte delle etnie dell'Africa occidentale.
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Nessuna delle vicine popolazioni a nord e a ovest ebbe mai fatto alcuna conquista politica nei confronti degli Igbo ed essi hanno vissuto dove furono trovati godendo di autonomia senza interruzione, senza alcuna istituzione politica centralizzato fino alla conquista britannica che iniziò dal 1902. E’ anche plausibile sostenere che la cultura di Igbo ha mantenuto la sua originalità nei contenuti pure nei primi tempi della conquista britannica. Non si può escludere che ci possano essere stati scambi culturali causati dai contatti tra le etnie, ma questi non furono sufficientemente forti per incidere sui contenuti della cultura e della religione dei singoli popoli.
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L'intensità e la profondità di diffusione di "ikenga" per tutto il paese Igbo, così come le sue tipologie, lo distingueva da quello che poteva essere trovato in altre aree culturali limitrofe. L’essere autoctono degli "ikenga" negli Igbo era definito dalla natura e tipo di legno in cui furono realizzati. Questo è diverso dagli "ikenga" trovati nel paese Igala, chiamati "okega", e quelli delle popolazioni del Benin e del Delta, chiamati "ikengobo", "ivri", ecc.. L’"oji", l’"orji", l’"ogilisi" e l’"okwe" sembrano essere gli alberi utilizzati nelle sculture "ikenga": sono speciali tipi di alberi che si riteneva avessero una potenza spirituale. Tuttavia venne utilizzato anche l'albero "akanta", che era un legno molto duro e molto venerato dagli scultori e uomini di medicina in tutto il paese Igbo. Questo non era un albero molto comune ed era difficilmente disponibile: il possessore di un "ikenga" scolpito con tale legno era valutato uomo di grande valore.
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Le definizioni di "ikenga" e le sue tipologie.
Diverse interpretazioni e definizioni sono state rese dagli studiosi per quanto riguarda l'etimologia di "ikenga"; questi studiosi provengono dall’arte, dall'antropologia, dalla sociologia e dalla storia. Ad esempio, Frank Starkweather ha affermato che la parola "ikenga" significa “i-ke” forza e potenza, sostenendo che il suffisso “n-ga” significa luogo della forza. Senza dubbio, il prefisso “ike” è fondamentale per il concetto "ikenga", ma il suffisso “nga”, che egli ha reputato essere definibile il luogo della forza è stato messo in dubbio da molti. Qui l'autore ha cercato di ricavare una definizione di "ikenga" sulla base della scomposizione del prefisso e suffisso nella parola, assegnando i relativi significati.
Per O.E. Odita, "ikenga" è stato definito come la forza con cui ci si muove. La sua interpretazione naturalmente evoca il concetto di forza in qualsiasi accezione che deve essere fatta della parola "ikenga". P.A.Talbot ha definito "ikenga" come simbolo di successo nel commercio, nella guerra, nella caccia e nella agricoltura. In un altro tono, Basden ha definito "ikenga" come "esclusivamente dio dell’uomo", affermando che senza "ikenga" "nessun padrone di casa potrebbe riposare in pace, la sua assenza potrebbe essere considerata fatale”. Meek da parte sua ha osservato che "ikenga è la personificazione della forza del braccio di un uomo e di conseguenza della sua fortuna”. Chukwuezi ha definito "ikenga" come "il culto della mano destra che si identifica con gli sforzi di un uomo in diversi campi, provvedendo che il suo “Chi” (guardia spirito) concordi pienamente con la sua aspirazione. Garantisce fortuna in agricoltura, nella caccia, nel commercio, nella guerra, nelle arti creative, nei rituali".
Tutte queste definizioni comprendono il significato che ha "ikenga" per un Igbo. Per l’uomo medio Igbo, "ikenga" è il culto della mano destra di un uomo che rischia a suo modo attraverso la vita; si tratta di un culto maschile aggressivo che definisce gli ambiti dell’impegno e i successi del singolo possessore in una forza cosmica che dirige il suo destino sulla terra. Comprendere la natura e le rappresentazioni di "ikenga" è importante per una corretta valutazione di come le tipologie riflettono le finalità e i contenuti della forza "ikenga" nella visione del mondo Igbo.
Troviamo "ikenga" scolpiti e non scolpiti. Nella prima categoria, essi erano scolpiti in legno nelle zone Igbo, mentre nella zona del Benin essi potevano essere eseguiti in metallo. Per quelli scolpiti in legno, vi era una tipologia astratta e fortemente stilizzata, e una meno astratta e più naturalistica. Nella prima, il corpo è ridotto ad un cilindro, in forma semplice con un paio di corna abbozzate che fuoriescono da un blocco cilindrico. Nella forma più elaborata, questo tipo di "ikenga" è dotato della testa, può anche essere dotato di gambe, ma non avere le braccia. Nella seconda tipologia, la figura umana è riprodotta più pienamente e meno schematicamente: un tipico esempio di "ikenga" di questa tipologia è rappresentato da una figura maschile seduta in possesso di un machete in una mano e una testa umana mozzata nell'altra, il capo coronato da una coppia di corna. Tutti gli arti sono raffigurati con forma arrotondata osservando le proporzioni della figura umana. Gli "ikenga" non scolpiti potevano anche essere sotto forma di piante vive consacrate dal “dibia”(officiante, sacerdote), destinate all'individuo, famiglia o gruppo. Questo non era ampiamente presente nel paese Igbo, ma era evidente nelle aree Awgu del nord del paese e nelle comunità al loro sud, in particolare al gruppo "Isukwuato Edda". Vi sono anche "ikenga" “sovrapposti” e “non sovrapposti”. Questi ultimi sono presenti tra gli Igala, popolazione confinante a nord del paese Igbo. Si chiamano "ikenga" “sovrapposti” o a più livelli, perché presentano figure disposte in due o più gruppi posizionati uno sopra l'altro; questa categoria di "ikenga" non era comune tra gli Igbo.
Alcuni "ikenga" in particolare quelli che si trovano nel paese Igbo raffigurano anche i genitali. Questo fa riferimento alla procreazione. Tale tipo di "ikenga" simboleggiava la procreazione e la fertilità. Lo stato di un uomo come padre di un particolare nucleo familiare era determinato da avere molti figli che garantissero la continuità del lignaggio di un uomo e la suo accoglimento nella terra degli antenati. Alcuni erano anche scolpiti in una forma di avvoltoio che significava il culto del proprietario a cui apparteneva. Guardando al concetto di "ikenga", alla sua tipologia, nonché al criterio della funzione, l'intera gamma di oggetti "ikenga", sulla base di prove disponibili, si dividono in due gruppi. Quelli usati per celebrare il conseguimento di risultati individuali, come nel caso della maggior parte dei luoghi dove il concetto e simbolismo sono presenti, e quelli usati per celebrare il conseguimento di risultati di gruppo. Queste categorie rivelano diversi scopi per i quali gli "ikenga" venivano acquisiti da qualsiasi individuo o gruppo. Sulla base della direttiva di un divinatore o un “dibia”, un "ikenga" poteva essere eseguito per un bambino non ancora nato in modo e forma scelti dal “dibia” e definito dal risultato della divinazione. In altre parole, non c'era limite alla forma e alla rappresentazione che un "ikenga" potesse assumere, ciò che contava era lo scopo per cui era stato eseguito.
Il simbolismo di "ikenga" nella cosmologia Igbo.
Sembra che fosse nell’area del simbolismo che gli oggetti d'arte "ikenga" attestavano le nozioni Igbo di status, successo, e conseguimento di risultati. Le figure d'arte "ikenga" erano decorate con una serie di simboli che riflettevano la rappresentazione di ciò che il proprietario, sia individuo, o comunità o clan aspirava, e questi simboli apparivano in forme animali come cervi, leopardi, leoni, serpenti e in motivi; simboli con le corna, teste umane e figure. Gli Igbo credevano senza dubbio in forze soprannaturali e la loro fede nel culto ancestrale portò alla creazione di immagini sacre personali come gli "ikenga", attraverso i quali avevano contatti spirituali con i loro antenati. "Ikenga" era conosciuto come uno dei simboli del potere e dell'autorità nella cultura Igbo; si credeva servisse da collegamento tra i morti e i vivi, un culto della mano destra che era collegato al proprio “Chi”, (spirito guardiano).
Questa forza era reputata aver capacità di mediazione negli affari degli uomini e aiutare i suoi proprietari a raggiungere il successo nei loro tentativi intrapresi. "Ikenga" era in gran parte mantenuto, tenuto o di proprietà di uomini e occasionalmente da donne di alta reputazione e sacerdotesse soprattutto nelle zone settentrionali del paese Igbo di Uzo-uwani, Ogurugu, Igah, Ojoh, e Ifite-ogwari. Il possesso di "ikenga" rappresentava uno status elevato, la realizzazione, la ricchezza e l'integrità nella società. Era maggiormente di proprietà di guerrieri e grandi uomini, ma anche di individui che aspiravano a posizioni elevate nella vita e poveri che lo possedevano per appoggiarsi ad esso per avere una svolta nella vita.
In alcune parti del paese Igbo, in particolare nella zona di Mbaise, i custodi dell’"ikenga" dovevano essere grandi uomini chiamati Onye Nzé, Onye Ozo, Eze Okonko, Eze Ala, Dibia, cacciatori, agricoltori, commercianti, o guerrieri, che avevano ottenuto risultati notevoli nelle loro comunità. Gli Igbo generalmente riponevano tutti i poteri in “Chukwu” (l'essere supremo) che era troppo potente per essere raggiunto direttamente; divinità minori (spiriti guardiani) fungevano da tramite tra l'uomo e il grande dio. Lo stesso “Chukwu”, al momento della nascita, dava a ogni persona una particolare porzione della sua divina essenza “Chi” che guidava la persona tutta la sua vita.
Per gli Igbo, il “Chi” poteva interagire positivamente con "ikenga" per conseguire meravigliosi risultati nella realizzazione della propria vita. "Ikenga" era visto nella visione del mondo Igbo come un oggetto, un tempio, un simbolo e un'idea; univa i poteri ancestrali e l'autorità, così come simboleggiava la mobilità. Esso era legato al concetto di autorità e prestigio all'interno sia del nucleo familiare, sia dell'intera comunità. Esso comprendeva il “Chi” del possessore, il suo antenato, il culto della mano destra “aka ikenga”, il potere “ike”, così come l’accrescimento spirituale attraverso la preghiera e il sacrificio. Connessa a tutto questo era la natura individualista, ambiziosa, orientata al successo. La struttura sociale egualitaria Igbo assicurava che la ascesa sociale era aperta a qualsiasi persona intraprendente. Ciò comportava intenso sforzo personale, spirito di competizione e lotte individuali perché tutto quanto si realizzasse. L’"ikenga" individuale rafforzava questa aggressività nel suo possessore.
Gli Igbo credevano nell’impegno personale che rifletteva la forza di una spinta positiva nella vita e che avrebbe portato anche al successo, alla realizzazione, alla promozione e all'impresa. Questa visione del mondo era probabilmente compenetrata nel corpus delle opere d'arte "ikenga" che proliferavano notevolmente in varie parti del paese Igbo e che rafforzavano la fede nella società che aveva generato gli Igbo stessi. Ogni successo nella visione Igbo del mondo era dovuta al “Chi” personale, e, negli affari di un uomo una combinazione del “Chi” personale in armoniosa interazione con "ikenga" e gli antenati, avrebbe prodotto un incondizionato successo. Una comune credenza riportava in alcuni casi il fatto che gli spiriti ancestrali avrebbero potuto tornare in reincarnazioni successive e influenzare il “Chi” di un bambino appena nato.
Il culto "ikenga" costituiva parte integrante dell’ordine cosmico degli Igbo e della fede che esso contribuiva a rafforzare. Gli Igbo non erano in alcun modo dubbiosi circa le funzioni e il significato di "ikenga" nella loro vita cosmica e nell'esistenza. Considerando la natura del loro ambiente in cui l'agricoltura era stata nel tempo una delle principali fonti di sostentamento, il “successo” del terreno era determinato dalla coltivazione dell’igname come il re di tutte le colture. La coltivazione dell’igname era legata, a secondo i casi, a Ahianjoku, Ifejioku, o Ajanjoku (il dio dell’igname), e ogni agricoltore doveva attenersi alle regole richieste non solo da Ajala (la dea della terra), ma anche da Ahianjoku (il dio dell’igname) per la buona riuscita. La formulazione di etica sociale o Omenani, Omenala, era per la condotta generale di vita e per gli affari quotidiani nella società. La vita quotidiana prosperava sullo sfruttamento dei terreni attraverso l'agricoltura; in tal modo l'agricoltura era l’orbita intorno a cui ruotavano l’impresa, il raggiungimento di risultati e gli obiettivi per lo status sociale dell’individuo. Un uomo ricco era un coltivatore di igname, perché la società riconosceva l'agricoltura come l'ultima fonte di ricchezza e questo era dimostrato dal possesso di grandi silos e la concomitante iniziazione nella società "eze ji" o "di ji", (re dell’igname).
La combinazione del proprio "ikenga" con “Chi” spingeva il possessore di "ikenga" al duro lavoro, alla perseveranza e alla determinazione quali elementi responsabili del successo; la fede in questo ordinamento cosmico della vita, era ciò che formava il modo di vivere Igbo. Nel mondo cosmico Igbo, la mano destra e il dio della fortuna dell’uomo conosciuto come "ikenga", simboleggiavano il principio maschile nella vita Igbo e la capacità dell'individuo di lottare per raggiungere il successo sulla base di “akala aka” (talento), nel commercio, nella caccia, nell'agricoltura, nella guerra, ecc.. Tuttavia, il dato del talento o “akala aka” del proprio “Chi” non garantiva il successo assoluto per l'individuo: solo la trasformazione di “akala aka” (talento) sulla base di un duro lavoro, della iniziativa personale, sommati in agricoltura all’aiuto delle approvazioni spirituali del proprio “Chi”, avrebbero condotto al successo e al raggiungimento dei risultati per l’individuo. Questo era sancito in questi motti Igbo: “onye kwe, chi ya ekwe”, che significa: “se uno dice di sì, gli dei rispondono con il loro aiuto”, e “chi onye na edu ya”: “il proprio “Chi” guida lui o lei”. L'uomo nel cosmo Igbo che perseguiva gli ideali di status, successo e raggiungimento dei risultati era ben individuato nel culto della mano destra e del dio della fortuna, "ikenga", nella sua vitalità maschile, nella sua forza vitale e nell'individualità.
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Nella visione del mondo Igbo, "ikenga" mantenne la sua statura di oggetto religioso o di culto, oggetto di venerazione e preghiera. Incantesimi e sacrifici venivano offerti dal “dibia” per conto di un possessore devoto, sia per rendere più potente e attivo il suo ruolo di aiuto mirato all’incitamento fisico al possessore, o per ringraziare per l’aiuto che aveva già avuto. "Ikenga" è visto come una chiara prova del carattere essenzialmente manipolativo del cosmo e delle convinzioni cosmologiche degli Igbo.