Vili. Nkondi.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Nkondi". Cultura Vili.
Legno, chiodi, specchi, amalgama di materiali e sostanze varie. Patina crostosa dovuta all'applicazione di polveri e tracce di pigmenti bianchi (argilla di fiume), rossi(tukula o nkula) e neri(carbone di legna). Classificazione secondo Raoul Lehuard(Art Bakongo. Les centres des style): sotto-stile D4. Restauro d'epoca mano destra. Epoca fine XIX secolo. Dimensioni: cm.30.
Provenienza:
Antica collezione coloniale belga.
Collezione Bernd Muhlack (1937-2020), Kiel (D).
Galleria Pierre Dartevelle, Bruxelles (B).
Expertise:
Marie-Louise Bastin, Bruxelles (B), 1995.
Pierre Dartevelle, Bruxelles (B), 2006.
Commento etnico-stilistico:
Marie-Louise Bastin, Bruxelles (B), 1995.
Catalogazione AA 63/2006.

 

 

 

 

 

 

 


Commento etnico-artistico Marie-Louise Bastin, 02.08.1995.


Provenienza: collezione di un colono dell'antico ex-Congo Belga.
Statuetta rituale "nkisi", tipologia "nkondi". Kongo, regione del basso Zaire(oggi Congo).
Legno ricoperto di bianco, rosso e nero, resina, specchio, chiodi.
Intagliata da uno scultore, l'effige viene successivamente consacrata da uno specialista del culto "nganga" per scopi terapeutici o di protezione contro gli stregoni "mangiatori di anime". Diversi ingredienti "efficaci" vengono inseriti in questa sorta di reliquiario, sigillato da uno specchio posto sull'addome; mentre altri sono racchiusi nella massa resinosa che acconcia la sommità del capo (una RX fatta all'epoca rivelò alcuni frammenti ossei). La mano sinistra sul fianco e la mano destra sollevata a brandire un coltello o una lancia costituiscono l'atteggiamento più comune delle figure del tipo "nkondi". Qui stranamente non appare alcuna apertura tra le dita ripiegate. Questo a causa del restauro visibilmente fatto di questa mano?
Se -come nella maggior parte dei casi- l'esecuzione del corpo di questa statuetta rituale non ha ricevuto particolare attenzione, lo scultore è riuscito a dimostrare la sua arte nel rendere i tratti del viso, soprattutto nelle orecchie delicatamente orlate e provviste di tragus.

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "Art Bakongo. Les centres de style", 1989.
Raoul Lehuard.


(...)
La maggior parte dei "nkonde" (feticci a chiodi) del basso Zaire(ora Congo) sono rappresentati da personaggi (uomo o donna) in piedi, una mano sul fianco, l'altra tenente nel pugno chiuso un'arma per colpire (lancia o coltello), che di solito è andata persa o rimossa. L'atteggiamento è volutamente minaccioso e diverse espressioni kikongo lo qualificano: "Iuntungu" o "telama ntungu", ovvero in piedi, uno di fronte all'altro in un atteggiamento minaccioso, "ngonga", ovvero in piedi in un atteggiamento minaccioso, e "sangata", ovvero sollevato in aria (il braccio, la mano) con brandire minaccioso. "Sangata" è il più significativo.
Con l'atteggiamento il "nkonde" doveva spaventare la forza malevola, dovendo dare all'avversario, potenziale stregone, l'idea che si sarebbe trovato a combattere il "nkonde" senza speranza di trovare cedimenti, senza speranza di rinuncia alla lotta e all'accusa, senza speranza di perdere la prova, senza possibilità di impunità per aver infranto un patto o un giuramento. La conclusione del confronto non poteva che essere l'abbandono delle pretese dell'avversario con la confessione pubblica, la remissione o la morte.
Esaminando la testa, si ha l'impressione che lo scultore abbia voluto dare alla statua una drammatica espressione correlata all'atteggiamento corporale, al carattere e alla funzione del "nkisi". Gli occhi, di grandi dimensioni, sono spalancati secondo l'atteggiamento "bilumuna" o "kedídika meeso", consistente nel fissare qualcuno, ma ancor più sono "meeso mampene", cioè con lo sguardo determinato a terrificare l'altro. Rimarchevole nella raffigurazione degli occhi è il bianco della ceramica che contrasta e rafforza la macchia nera della pupilla.
Infine, la bocca aperta, con la dentatura assottigliata rispecchiante la tradizione regionale, sembra gridare, lanciare una maledizione. Talvolta la punta della lingua ("lobalala") è lasciata fuori dalla bocca, in un modo che faccia pensare al rito che consisteva di leccare il ferro precedentemente all'essere conficcato nel corpo della statua. La posizione della testa è solitamente alzata come sarebbe la posizione di una persona che sta chiamando.
(...)

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "Art Bakongo. Les centres de style", 1989.
Raoul Lehuard.


Sous-style D 4.

 

 

 

Con questo quarto sottostile, siamo proporzionalmente in presenza di una quantità di opere "manière d'artiste" più importante che in altri sottostili, e di opere meno preziose nella loro finitura, anche per piccole statuette. La documentazione tecnica del Musée de l'Homme non fornisce nessun chiarimento sul luogo di raccolta della statua 34 17 31 ricevuta nel 1934 da Jacques Hendel che la raccolse probabilmente nella regione di Pointe-Noire, dove risiedevano principalmente i membri della "colonia" francese di stanza all'epoca sulla costa congolese. Ma essa potrebbe essere pervenuta a lui da più lontano. Su questo tipo, osserviamo un allungamento del cranio e del viso che s'iscrive in un ovale allungato. Gli occhi sono ovali, le arcate sopracciliari meno aperte che nei precedenti tipi D 1 e D 3, il frontale è alto così come il cranio, sia che esso sia costituito da una "carica magica" modellata o sia scolpita nella massa e adornata con i motivi del tradizionale berretto. Zigomi e guance sono rotondi e pieni, il naso è simile ai tipi 3 e 7 di fig. 4, le orecchie, che formano una "C", il più delle volte si integrano ai tipi 5 e 6, fig. 7. La bocca chiusa è di tipo 2, fig. 5, aperta è di tipo 15.

 

 

......


Nella maggior parte dei casi, le gambe sono breviformi, i corpi sono meglio proporzionati rispetto all'insieme, che è tuttavia difficile da valutare nella statua di J. Hendel dove ciò è quasi completamente coperto e in quella della collezione privata, foto D 4-4-1, poiché anch'essa è ricoperta da un armamentario molto ingombrante. Come altri oggetti raccolti a Loango, particolarmente soprattutto tra le popolazioni Vili in contatto con i Pounou e i Loumbo, la statua di Hendel porta sulla fronte e sulle tempie un tatuaggio a diamante "grigliato", già osservato in altri sottostili. Per questo esso può provenire dalla parte settentrionale del regno di Loango, ma questa non è una certezza. Ecco ancora la struttura della testa e i dettagli del faccia che permettono di isolare queste produzioni; e l'allungamento dell'insieme cranio/viso costituisce l'elemento più sorprendente così come l'essere meno rifinito e anche meno "preparato", caratteristiche di cui sono contrassegnate incontestabilmente queste sculture.

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "Art Bakongo. Les centres de style", 1989.
Raoul Lehuard.

 

(...)
Tuttavia, notiamo sui vecchi documenti e fotografie d'epoca un certo numero di costanti, compresa quella del trucco che consiste nell'uso di tre colori fondamentali: bianco, rosso e nero. I due primi sono di origine minerale (argilla presa dalle sponde dei fiumi), il rosso viene a volte ottenuto mescolando la segatura di uno pterocarpo con olio di palma, il nero viene raccolto nella combustione residua del focolare domestico. A queste tinte se ne aggiungono altre: l'ocra, che proviene anche dai banchi di argilla, il violetto (a volte rosso-arancio) fornito dal seme dell'orellana (munjole in tshivili) estratto da un guscio simile a quello della castagna, il cui tono è più o meno scuro, a seconda del grado di maturazione del frutto, e il blu, di cui il materiale originale, introdotto dall'inizio del secolo con i coloni sotto forma di palline blu di metilene, era usato per rifinire il lavoro di lavanderia.
Il significato di questi colori ha spesso trovato spiegazioni che sembrano differire l'una dall'altra ma che oggi sembrano risultare perfettamente coerenti. Se ne è parlato brevemente nei nostri studi precedenti; ma da allora abbiamo spinto ulteriormente la nostra indagine e altri ricercatori hanno aggiunto il loro lavoro alla conoscenza che avevamo nella materia.
Questa conoscenza è soggetto particolarmente delicato da individuare sia perchè gli informatori possiedono solo una conoscenza ridotta, limitata al proprio territorio, sia perchè utilizzanti espressioni solo metaforiche che rendono difficile la comprensione; sono reticenti a fornire la propria conoscenza "gratuitamente", il sapere che giustifica il loro status all'interno della società, reticenti anche a rischio di compromettere la ricerca e confessare la propria ignoranza o incompetenza.
Le indagini si verificano raramente in coppia: l'investigatore/informatore, quest'ultimo, davanti a testimoni del villaggio, trova sempre una risposta che, per quanto possibile, possa soddisfare entrambi: investigatore e pubblico.
Questo tema, la valenza dei colori, merita uno studio approfondito perché le informazioni raccolte sono ancora troppo rudimentali; ma sarebbe stato necessario procedere con diversi controlli tanto che il tempo trascorso in "campo" avrebbe dovuto essere moltiplicato per tre. Ci siamo volontariamente limitati ai colori tradizionali, vale a dire bianco, rosso (a cui vanno aggiunti ocra, viola e rosso-arancio provenienti da prodotti naturali) e nero; colori che collegano ciascuno di essi a un insieme di valenze interdipendenti, qualsiasi uso essendo subordinato ad un elemento che si oppone al suo opposto situato in uno degli altri due insiemi (il più delle volte), ai simboli che iscrivono in determinati aspetti della religione, della politica, della magia, della vita quotidiana (la valenza può anche essere semplicemente estetica), e della terapia (vedi schema sotto).

 


BIANCO
antenati (materia)
corpo distruttibile
femmina
potere temporale
spirito benefico
innocenza
pace
elemento solido
terra
Luna
giorno/luce
freddo
finito
provvisorio
guarigione
principio matrilineare
generosità
franchezza
sincerità
fortuna '
felicità
chiarezza/chiaroveggenza
ordine
fragilità
abbondanza
fertilità/crescita
invulnerabilità
l'innocenza del corpo

 

 

ROSSO
antenati (spirito)
corpo indistruttibile
sangue
respira la mente
maschio
potere spirituale
mente pericolosa
mediazione/giustizia
guerra/crisi
elemento liquido
acqua/cielo
sole
fuoco
infinito
eternità
morte
malattia
stregoneria dell'uomo
principio patrilineare
forza
sterilità
selvaggio/cespuglio/incolto
bellezza
voluttà del corpo

 


NERO
famiglia vivente
vita, focolare
colpa
terra
notte
calore
vita/forza
stregoneria della donna
egoismo
tradimento
falsità
sfortuna
disgrazia
oscurità
disordine
paura
carestia
vulnerabilità
villaggio
clan/famiglia
civile/insediamento/legge
società/gruppo

 

 

Indipendentemente da queste valenze quando ogni colore è impiegato da solo, c'è un intero sistema di significati complessi se questi vengono usati in combinazione. Così, il bianco e il rosso insieme potranno essere, tra gli altri, il segno di un trattamento terapeutico o della ricerca di protezione contro forze occulte. Ad esempio, numerosi nkisi sono di colore bianco se sono legati alla pace, alla prosperità, all'abbondanza; sono di colore bianco e rosso (spesso) se hanno una valenza relativa alla guarigione; sono di colore bianco, rosso e nero (molto spesso) se sono legati alla magia e alla stregoneria.
Rari sono i nkisi colorati unicamente di rosso (in relazione all'autorità di un capo) o nero (in relazione alla stregoneria aggressiva, quella che viene provocata volontariamente).
Un esempio dell'uso del bianco e del nero, durante un processo al fine di scagionare o accusare le parti in presenza, è dato da Bonnefond e Lombard (BIEC 1922, N° 1, p. 152): "egli limita così gradualmente il numero degli imputati. Coloro che sono assolti sono segnati con terra bianca, (...) gli imputati restanti sono marcati di carbone."
(...)

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "From the old to the new world: The transformation of Kongo minkisi in african american art". 2005.
Mary Margaret McCurnin.


La natura di "minkisi".
Sebbene i "minkisi" siano stati considerati di avere tendenze malevole, causando malattie e morte, i loro poteri erano anche utilizzati per proteggere l'umanità dal male. A causa di questo, sono stati associati con la giustizia sociale, punendo coloro che avevano violato i codici morali stabiliti. La cosmologia kongo fa risalire l'origine dei "minkisi" ad un essere divino conosciuto come "Funza" o "Mpulu Bunzi", a seconda della regione. Questo essere agì come intermediario tra l'umanità e il dio creatore remoto "Nzambi", rilasciando forze potenti ("minkisi") sul territorio per aiutare gli esseri umani nella loro lotta terrena. Funza/ Mpulu Bunzi (che si manifesta nelle radici contorte, nei rami deformati e nella mantide religiosa) insegnò ai primi esseri umani le ricette per creare farmaci speciali ("bilongo"), i quali racchiusi/fissati, attivavano e manipolavano i poteri di vari "minkisi" inclusi in contenitori fisici(MacGaffey).
La storia varia da regione a regione, come la maggior parte degli aspetti della religione kongo, ma un aneddoto sostiene che Funza/Mpulu Bunzi abbia parlato con un uomo di nome Mukulu in un sogno dando a lui gli ingredienti e le procedure per sfruttare la potenza di tutti i "minkisi", in modo che potesse passarli alle generazioni susseguenti allo scopo di guarigione e di applicazione della legge(Janzen-MacGaffey). Un altro racconto identifica i seguenti elementi come i primi "ingredienti medicinali"("bilongo") prescritti da Funza/Mpulu Bunzi:
(a) "lusaku-saku", una canna per la benedizione ("sakumuna") dell'umanità;
(b) "semwa", una medicina per conservare la vita ("semwa");
(c) "nkan-dikila", un albero da frutto che obbliga l'umanità a obbedire a certe leggi e tabù ("kandamene nlongo");
(d) "tondi", un fungo per il mantenimento di un rapporto cordiale tra i "minkisi" ed i loro "manipolatori" o sacerdoti (MacGaffey).
Un anziano kongo, Nsemi lsaki (in seguito convertitosi al cristianesimo) così definì il "nkisi":
"... Il nome delle cose che usiamo per aiutare un uomo quando è malato e da cui si ottiene la salute; il nome si riferisce a foglie e farmaci combinati insieme. Quando un individuo si ammala, sarà guarito da un altro che raccoglie piante, li mescola insieme, e dà al malato da bere la miscela. Si chiama anche "nkisi" perché chiunque sia malato vuole essere trattato; un "nkisi" protegge le anime della gente e la difende dalla malattia. Pertanto un "nkisi" è anche qualcosa che caccia la malattia e la allontana via dal corpo. Molte persone quindi preparano un "nkisi" in modo che possa essere il suo protettore contro la malattia. Il "nkisi" ha anche la funzione di allevare in sicurezza i bambini. Si tratta di un nascondiglio per l'anima della gente, per mantenere e comporre in altro oggetto per preservare la vita. Tutti sono molto grati ai "minkisi" per l'aiuto dato". (MacGaffey).
La loro natura complessa venne descritta da un altro osservatore di origine kongo, Kavuna Simon, nel seguente modo:
"... Composto da terra, cenere, erbe, foglie e reliquie dei morti. Sono composti da consultare riguardo a ladri, streghe, a chi ruba per stregoneria, e quelli che nascondono e proteggono i poteri della stregoneria. Ma anche per opprimere le persone. Queste sono le proprietà dei "minkisi": causare la malattia in un uomo, e anche per rimuoverla, distruggere, uccidere, trarre benefici, imporre tabù sulle cose e rimuoverli, prendersi cura dei loro proprietari e infliggere punizioni. Il modo di ogni "nkisi" è questo: quando lo hai preparato, osserva le sue regole affinché non sia irritato e ti punisca. Esso non conosce pietà". (MacGaffey).
E' ovvio pertanto che le molteplici e talvolta contraddittorie funzioni dei "minkisi" riflettono l'interconnessione di forze opposte presenti nel cosmo kongo, una interconnessione fra il giorno e la notte, fra il bene e il male, fra la vita e la morte, fra il sesso maschile e il femminile, fra il visibile e l'invisibile, fra il naturale e soprannaturale, evidente anche nel cosmogramma "dikenga" e il suo movimento ciclico del tempo.

 

 

 

 

"Nganga": divenire un esperto di rituali.
Per comunicare con il regno ultraterreno attraverso i "minkisi", necessitava una formazione speciale e talento straordinario. A volte, un individuo, maschio o femmina, si sottoponeva volontariamente alla formazione nella speranza di diventare un esperto di rituali ("nganga"). Altri entravano nella professione seguendo le orme dei loro genitori, a causa di problemi di salute o dopo aver subito una visione o un sogno durante il quale uno spirito particolare chiedeva loro dei servizi. In breve, nel percorso per diventare un "nganga", un individuo sviluppava particolari competenze o poteri soprannaturalie ("kindoki") necessari per interagire con il mondo degli spiriti e per preparare farmaci speciali ("bilongo"), al fine di attirare un particolare "nkisi" in un oggetto amuleto. Spesso questo "bilongo" poteva essere legato o fissato a diversi oggetti tra cui un sacco, scultura, conchiglia, cesta, zucca, zanna, corno o una collana.

 

 

 

 

Immagine e manipolazione dei "minkisi".
Mentre la maggior parte degli oggetti "minkisi" sono non-figurativi, un gran numero sono noti per avere forme umane e animali. In tali casi, un "nganga" determinava come un particolare "nkisi" avrebbe dovuto essere rappresentato nella scultura attraverso la comunicazione con lo spirito. Successivamente, il "nganga" commissionava a uno scultore l'intaglio dell'immagine. Talvolta al "nganga" sarebbe stato sufficiente acquistare un'immagine appropriata dallo scultore che già avrebbe saputo come questo "nkisi" doveva essere raffigurato tradizionalmente, lasciando una cavità ("mooyo")(Jacobson-Widding) nella sua pancia, nella schiena o alla base, allo stesso "nganga" per consentire l'inserimento della preparazione medicinale ("bilongo"). Successivamente questa cavità veniva sigillata con un guscio o uno specchio. Alcune figure potevano avere una seconda cavità sulla fronte per la inserire un altro "bilongo" e piccoli sacchetti di medicamenti potevano essere anche applicati all'esterno della statua.
Una caratteristica fondamentale di un "nkisi" è che iniziava una nuova vita dopo aver lasciato lo scultore, in "un crescendo" dovuto all'utilizzo che il "nganga" che allegava ad esso una varietà di amuleti e materiali organici per rafforzarne il potere metafisico. Questo processo di aggiunta di altri materiali al "nkisi" si chiamava "npandulu"(MacGaffey). Attraverso l'accumulo di queste "medicine" o "bilongo" sul corpo ("nitu") della statua, lo spirito residente ("nkisi") era obbligato a rispondere positivamente al comando del "nganga" tramite le istruzioni comunicate nel "bilongo". E se quest'ultimo veniva rimosso, lo spirito abbandonava l'immagine e il "nkisi" era considerato contaminato, impuro ("sumuka")(Janzen).
Nsemi Isaki scrisse nel 1911: "...il "nkisi" prende gli ingredienti medicinali; diventa il loro essere, le loro mani e piedi, i loro occhi; farmaci sono tutti questi. Per questo motivo, un "nkisi" a cui manca la medicina è morto ed è senza vita."(Janzen).
Il missionario e etnografo kongo Karl Laman pubblicò un elenco delle "medicine" che si trovavano comunemente nella maggior parte dei "minkisi". Egli includeva il fungo ("tondo"), il carbone ("kala zima"), la resina fossilizzata "luhezomo", il fagiolo calabar ("ngongo") e il frutto "luyala". I nomi di questi elementi implicavano un impatto "semiotico" su un "nkisi". Per esempio il nome del "luhezomo", resina evocava un fulmine ("mpezomo")(MacGaffey), quindi metaforicamente sollecitante un "nkisi" a colpire come un fulmine dal cielo. La postura spaventosa e l'espressione facciale di un'immagine "nkisi" poteva riflettere alcune delle sue funzioni, quali la ferocia dovuta per respingere le forze del male o avvertire elementi anti-sociali delle conseguenze delle loro azioni.
Tre tipi di "bilongo" potevano essere trovati in un dato "nkisi":
(a) quelli che metonimicamente incarnavano le forze dei morti attraverso il materiale e sostanze associati con i resti del loro corpo o il loro luogo di residenza ultraterrena;
(b) quelli che utilizzavano metafore verbali che relazionavano il nome di una data sostanza al comportamento previsto dallo spirito in questione;
(c) quelli con elementi visivamente riferibili a poteri benevoli o malevoli dello spirito(MacGaffey).
Specifiche combinazioni di questi farmaci attraevano e dirigevano lo spirito particolare voluto dal "nganga". In teoria queste ricette erano prescrizioni precise che non consentivano deroghe, anche se preparazioni personali e regionali erano comuni, soprattutto quando i "minkisi" erano fatti da individui che erano inesperti nella educazione metafisica o comunque non avevano familiarità con i dettagli della prassi consolidata(Janzen-MacGaffey).
L'argilla bianca o caolino ("mpemba") era della massima importanza per la costruzione e la consacrazione di un "nkisi". Essendo il primo materiale del "bilongo" ad essere preparato(Mac Gaffey), rientrava in tutte le tre categorie di farmaci di cui sopra. La provenienza dagli argini fluviali dell'argilla metteva la sostanza in contatto fisico con il regno "liquido" che separava il mondo dei vivi ("mbumba") da quello dei morti ("mpemba"). Il significato rituale del bianco argilla/caolino ("mpemba") inserito in una tipica immagine "nkisi" è chiaro: spesso usato per contorno degli occhi, come lo erano gli occhi del "nganga", rappresentava la visione psichica che collegava il mondo fisico al mondo degli spiriti(MacGaffey). Rappresentava anche, nella maggior parte se non in tutti i "minkisi", il terreno della tomba di un rispettato individuo. Questo terreno era pensato per essere caricato con i poteri spirituali del defunto.
Reliquie ancestrali e pietre del letto del fiume avevano simili attribuzioni, oltre al collegare il visibile con l'invisibile. Capelli o unghie tagliate("mfunya") di una persona vivente potevano essere attaccati ad un "nkisi", per fornire protezione spirituale(MacGaffey). La saliva o brandelli di indumento appartenenti alle parti che fanno un giuramento o un accordo potevano essere aggiunti, per obbligare loro a onorare il contratto, l'accordo. Alternativamente il "nkisi" avrebbe punito i morosi o i traditori.
Se le lame di ferro o chiodi erano inseriti sulla statua, l'immagine veniva chiamata "nkisi nkondi". Una delle implicazioni di questo tipo di "nkisi" era che le lame di ferro avrebbero dato la caccia a coloro che non riuscivano a mantenere le promesse. Quando effetti personali o materiali effimeri ("mfunya")(MacGaffey) erano attaccati a qualche "nkisi", questi elementi erano utilizzati per indagare sui crimini e portare i criminali davanti alla giustizia.

 

 

 

 

Classificazione e varietà di "minkisi".
I "minkisi" erano più convenientemente classificati come "del Sopra" o "del Sotto"(MacGaffey) a causa della funzione, dei componenti materiali, della personalità, dell'origine e del preparatore officiante, anche se queste designazioni non erano assolute e molti "minkisi" derivavano il loro potere da entrambi i regni.
Wyatt MacGaffey scrisse:
"I "minkisi di Sopra" erano più rispettati dai Bakongo... I loro segni includevano fulmini, fuoco, armi, animali feroci, rapaci, e il colore rosso. Gli interessi di questi "minkisi" erano relativi a uomini particolarmente dediti al mantenimento dell'ordine pubblico ed operavano attraverso l'investitura dei capi, la redazione dei trattati tra gruppi altrimenti indipendenti, e l'identificazione e la punizione dei criminali... I "minkisi del Sotto" erano interessati agli affari e la guarigione delle donne; essi erano associati con la calma e il colore bianco. Le funzioni riproduttive e le malattie della parte inferiore del corpo erano tra gli interessi per i quali erano invocati. Conchiglie di mare, spesso importate verso l'interno per lo scopo, erano tra loro segni".
In altre parole, i "minkisi tipo-cielo"(Hilton) erano pensati per aiutare l'uomo nell'acquisire ricchezza, per difenderlo dalla malevoli azioni degli altri, per combattere le molte manifestazioni di stregoneria e di manipolare il mondo naturale per i suoi fini materiali(Hilton). Quando venivano utilizzati nel migliore interesse della comunità, questi "minkisi" erano forze di giudizio e punizione ("zengwa")(MacGaffey), identificanti e disciplinanti i membri della società le cui azioni egoiste avevano influenze negative a danno del bene della comunità.

 

 

 

 

"Minkisi" antropomorfi.
Forse gli esempi più popolari dei "minkisi del Sopra" sono quelli che incarnano le virtù maschili di "ira, forza e coraggio"(Jacobson-Widding). Chiamati "minkisi minkondi" (singolare "nkisi nkondi"), molto conosciuti nelle collezioni occidentali a causa del loro sorprendente aspetto, sono facilmente riconoscibili dai chiodi, lame o altri pezzi assortiti di metallo ("mbau")(MacGaffey) inseriti nel tronco, negli arti e nella testa della figura di legno intagliato. Spesso sotto forma maschile e, a volte, vicino a grandezza naturale, la maggior parte di essi assumevano una posa assertiva, proclamante il loro formidabile potere attraverso un'espressione facciale feroce e un gesto del corpo aggressivo, oltreché essere spesso armati.
Questa postura dei "nkondi" poteva essere letta come il gesto simbolico kongo definito "pakalala", comunicante allo spettatore che il "nkondi" era pronto ad accettare una sfida(Farris Thompson-Cornet). Il "nkisi nkondi" poteva anche stare con la sua mano sinistra appoggiata su un fianco e con il suo braccio destro alzato, brandente un coltello o una lancia nella postura "telama lwimbanganga", un gesto che "indicava che l'immagine della lama sta sempre tra due forze opposte, la vita e la morte, il bene e il male, le forze che costruivano e la forze che distruggevano. In breve un "nkondi" in questa posizione era pensato per avere il potenziale per resistere/sfidare qualsiasi potere"(Farris Thompson). Benché comuni, questi aspetti visivi non si trovavano in tutti i "minkisi minkondi", dal momento che la definizione attribuita a qualsiasi "nkisi" era la funzione dell'oggetto e il comportamento dello spirito incorporato indicato dal "bilongo" piuttosto che dall'effettiva forma scultorea.
Il termine "nkondi" si riferiva al ruolo figurativo di cacciatore di individui che infrangevano patti o danneggiavano la comunità attraverso la stregoneria o crimini efferati. L'obiettivo principale della apparenza minacciosa era quello di intimidire i potenziali malfattori ricordando loro la temibile reputazione dello spirito. In piena attività attraverso i chiodi conficcati nel suo corpo, il "nkisi nkondi" cercava il colpevole e gli infliggeva gravi malattie, in modo di venire identificato dalla comunità(MacGaffey). I chiodi potevano anche servire come documentazione di accordi e trattati formali; le parti coinvolte erano tenute a leccare e giurare i/sui chiodi per poi conficcarli nel corpo del "nkondi". In alcuni casi, un pezzo di abbigliamento di una persona veniva attaccato al "nkondi" per stabilire una metafisica connessione tra l'individuo e il dato spirito, in modo che se il patto fosse stato infranto, il "nkondi" avrebbe potuto punire chi fosse stato colpevole.
Un altro esempio di questa categoria, erano i "nkisi nduda", somiglianti ai "nkisi nkondi" in forma e personalità, ma di dimensioni più piccole. Di solito avevano un grande specchio ricoprente il vano del "bilongo" attaccato al ventre e un copricapo signorile di piume o penne applicate sulla testa, che faceva riferimento alla capacità di caccia violenta degli uccelli rapaci e allineava questo "nkisi" a quelli "del Sopra"(MacGaffey). In alcuni esemplari, rosso e argilla bianca contornanti gli occhi alludevano (come detto in precedenza) alla capacità dello spirito di vedere oltre il visibile. Molto spesso, la figura aveva sollevata una mano sino alla bocca, mano in possesso di un ramoscello che sembrava mordere o masticare. Alcuni studiosi hanno identificato il ramoscello come un ramo della "nkasa", una pianta velenosa usata nei rituali divinatori per identificare le streghe(Koloss) o un ramo della rampicante "munkwiza", una pianta utilizzata durante l'investitura dei capi(Maurer).
Le immagini femminili, i "minkisi phemba" erano nella categoria "del Sotto" e erano mirate a promuovere la buona salute, la fertilità e il parto sicuro dei bambini. Altri erano coinvolti in rituali funerari. Delicatamente scolpiti per ritrarre gli ideali di bellezza femminile kongo, queste statue erano spesso in possesso di un bambino, e le loro superfici lucide e lisce erano generalmente libere da offerte incrostate. Il legno lucido di superficie consentiva la rappresentazione dettagliata della bellezza nella cultura kongo, compresi i denti limati a punta acuminata, acconciature regali ed elaborate scarificazioni attraversanti il seno e il tronco. I "bilongo" erano generalmente meno evidenti che nei "minkisi del Sopra" essendo discretamente posizionati nella parte posteriore della testa, dello stomaco o alla base della figura. Il volto della figura era solitamente calmo, esemplificante gli ideali della bellezza femminile kongo, generosità e pazienza(Koloss).
C'erano altri "minkisi", scolpiti in una forma femminile, considerati anonimi, in quanto il nome specifico dello spirito incorporato era stato perso nel tempo. Questi erano altrettanti "minkisi del Sotto". La designazione era evidente a causa non solo per la loro forma femminile, ma anche dell'inserimento della conchiglia a spirale di una lumaca ("zinga"), simbolo di lunga vita(MacGaffey). Questo poteva anche collegare questi "minkisi" anonimi allo "bsimbi", stato che si pensava potesse provocare disturbi come l'epilessia e che potesse anche essere investito in un "nkisi".

 

 

 

 

"Minkisi" zoomorfi.
Vedere pagina "Vili. Kozo".
"Minkisi" non figurativi.
Anche se gran parte del "focus" scientifico e curatoriale in occidente è stato riservato ai "minkisi" figurativi, costituenti solo una parte di una notevole "materia complessa"(MacGaffey), la stragrande maggioranza dei "minkisi" protettivi e curativi utilizzati dai kongo erano di solito nella forma di contenitori come sacchi, fasci e pentole(MacGaffey). Erano molto più piccoli e meno costosi dei grandi "minkisi" figurativi, quindi spesso trascurati dai libri di storia dell'arte e dalle collezioni museali. Questi tipi di "minkisi" erano utilizzati anche come strumenti di divinazione, di giustizia e, soprattutto, di guarigione e c'erano molti "minkisi" come c'erano malattie, o meglio, come c'erano gruppi di sintomi considerati come disturbi... dalla nosologia kongo(MacGaffey).
Un buon esempio di uno stile "nkisi" non antropomorfo spesso utilizzato per la divinazione era il "mbundu", dal nome della corteccia velenosa dell'albero "mbundu" incluso nei farmaci. Venne chiamato "mbundu" perché affermante la verità(MacGaffey) e l'oggetto stesso consisteva di reti e borse di raffia riempiti con il "bilongo". Altri "nkisi" erano il cactus "diiza", la corteccia "nkasa" e un piccolo piatto di legno attaccato a dei sacchetti, che era impiegato per risolvere gravi disaccordi all'interno della comunità, nel momento in cui gli ingredienti all'interno dei sacchetti venivano utilizzati dal "nganga" per preparare una pozione che avrebbe dovuto bere in presenza delle parti in lotta.
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Il "nkita nsumbu" era un altro popolare "nkisi" non figurativo. Generalmente conservato in una borsa, era impiegato per curare foruncoli e gonfiori corporei nelle donne, causati da pietre e lame gettate alla vittima dallo spirito "simbi" chiamato Nkita. Una dissezione di un "nkisi" di questa categoria fatta da R.F.Thompson ha rivelato che racchiudeva molto più di quello che il suo aspetto semplice suggeriva. All'interno dell'involucro c'erano caolino, noci, semi, conchiglie, uova, gesso, artigli, cristalli di quarzo, fiori, braccialetti e una lama di coltello.
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