Vili. Bumba.

 

 

 

 

 

 

 


"Bumba". Cultura Vili.
Oggetto di potere. Cranio di primate, secondo Massimiliano Delpero (primatogo, Università di Torino, mail 24.10.2023) o gorilla femmina in giovane età (Gorilla gorilla) o grosso scimpanzè (Pan troglodytes), propendendo -in base alla dentatura, per il Gorilla gorilla, rattan, tessuto, argilla, noci di frutta.
Dimensioni: h.cm.24,5, larg.cm.19,3, prof.cm.18,3.
Provenienza:
galleria Mazzoleni-Sambonet, Milano (I).
Expertise:
galleria Mazzoleni-Sambonet, Milano (I), 1998.
Test effettuati:
Tomodensitometria scanner RX, Studio dr.M.Ghysels, Bruxelles, 2008.
Catalogazione AA 08/1998

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio Tomodensitometrico dallo scanner a raggi X. Studio dr.Marc Ghysels. 23.04.2008.


Il bumba è composto da un cranio completo e vuoto di grande scimmia antropoide la cui parte anteriore è ricoperta da uno spesso strato di argilla, e la parte posteriore è avvolta in rattan intrecciato a forma d'emisfero ovoidale. Sotto il rattan, alcune schegge di legno sono disposte sotto l'arcata zigomatica destra e all'interno della parte superiore destra della mascella, la maggiore di esse misura 5 cm di lunghezza. Due spessi pezzi di tessuto fungono da cuscini disposti sopra e sotto il cranio, come a definire una connessione tra esso e l'intreccio in rattan; tessuto esistente anche nella parte posteriore del cavo orale(vedi frecce rosse e verdi figure 4a-4b e figura 3). La scatola cranica contiene un nocciolo di frutta (18x27x7 mm.) e un frammento di nocciolo, introdotti attraverso il foro occipitale (foramen magnum), fungendo da sonagli(vedi frecce blu figura 5a-5b).

 

 

 

 

 

 

 

Figura 4a

 

 

 

Figura 4b

 

 


Figura 3

 

 


Figura 5a

 

 


Figura 5b

 

 

 

 

 

 

 

 

I "bumba" dei Vili e Yombé. Arts d'Afrique noire, premiers, 1995.
Raoul Lehuard.


Nel 1968 giunsero al Musée de l'Homme di Parigi crani di scimmia avvolti da rotang glené. Simili oggetti, mai visti sino a quel momento, provenivano dalla fascia costiera della Repubblica Popolare del Congo: nessuna precisazione etnica ed etnografica li accompagnava. Come detto, questi oggetti si presentarono sotto forma di un cranio, con canini sovente impressionanti, interamente avvolti in un intreccio, artisticamente realizzati in forma ovoidale; il volto era sgombro, gli orifizi orbitali, nasali e orali creavano un effetto intensamente drammatico. Talvolta alcune parti del cranio erano modellate con copertura di argilla bianca e rossa, e sostanze presumibilmente medicinali potevano essere aggiunte.
Questo "nkishi", forza invisibile che alcuni hanno il potere di governare, era definito col termine di "bumba" (pronuncia boumba), "dibumba", "mbumba", che significa, tra l'altro, sepoltura, boule di medicina, trappola, e inoltre è riferibile ad un verbo traducentesi con "seminare per raccogliere". Tutte queste definizioni hanno un legame con il "bumba", "nkishi" avente finalità terapeutiche o con meramente materiali.
Sepoltura, perché la tomba era il luogo dal quale l'argilla bianca, depositata dopo i funerali, era prelevata, sia per confezionare medicinali, sia come pittura corporale, per sollecitare la benedizione degli antenati, o il loro accordo, o la loro assistenza per l'ottenimento di una cosa desiderata. Trappola, perché non v'è alcun dubbio che le manipolazioni erano praticate con la ferma intenzione di creare ostacoli alla stregoneria, ma anche talvolta praticate con la volontà di nuocere agli altri per ambizione personale.
Evidente infine l'analogia tra la definizione boule di medicina, con funzione terapeutica eventualmente magica, e il verbo "seminare per raccogliere", perché il "bumba" era attivato al fine di auspicare, attendere una cosa positiva, una situazione o un impiego. Il "bumba" era un "nkishi" composto di un certo numero di elementi, erbe medicinali soprattutto, racchiusi in un pacchetto dentro un canestro o una marmitta, assolutamente necessari affinché l'efficacia fosse assicurata. Esternamente a questo assemblaggio, il "bumba" assumeva la consistenza di un cranio umano, nelle forme più arcaiche, o di primate, ricoperto e modellato con argilla.
Molteplici modi di utilizzo ci furono rivelati. Il "bumba" presso il villaggio Vili di Tyiobo, serviva, sotto forma di una boule di rotang intrecciato, a curare con imposizione costipazioni, meteorismo e aerofagia e altri dolori del ventre. Esso era essenzialmente impiegato dalle donne e aveva per nome "bumba massi" (il bumba delle acque), e le medicine confezionate erano miscele di erbe medicinali. Il "nganga bumba" faceva rotolare lo nkishi sulla parte da curare, recitando le preghiere e per queste occasioni si dipingeva di linee bianche lungo il corpo, che si congiungevano sulle articolazioni e nei punti nevralgici, con cerchi ugualmente bianchi.
Presso il villaggio Yombé di Bilala, il "bumba" si trovava in una marmitta di terra o era un oggetto avvolto nel rotang intrecciato e contenente alternativamente, un cranio umano o una sua parte, un cranio di gorilla di pianura, un cranio di cinocefalo, un cranio di proscimmia, corna. Il rotang intrecciato rappresentava la trappola in cui rimaneva catturato lo stregone impossibilitato a liberarsi. Talvolta l'oggetto, come nel caso dei crani interi, era visibile. La funzione sembrava, in questa ipotesi Yombé, più complessa: proteggere la famiglia, soprattutto dagli attacchi della stregoneria, comporre le vertenze giudiziarie, procurare una caccia fruttuosa evitando gli incidenti, allontanare gli adulteri, procurare delle promozioni e/o ambizioni sociali e politiche.
Nel caso del "bumba" preparato nella marmitta di terra, una parte degli elementi presenti nel "bumba", erano scaldati e racchiusi in un sacchetto annodato su un pezzo di legno, che era interrato contestualmente alla recitazione delle preghiere. I "bumba" a boule di rotang, erano rinvigoriti regolarmente dal rinnovamento dei colori di cui il cranio visibile era dipinto, bianco terapeutico, rosso apotropaico, e regolarmente sollecitati dalle suppliche, come tradizionalmente tutti gli altri "nkishi". Nel caso utilizzo del "bumba" in funzione "giudicante", nelle controversie particolarmente delicate, era esercitata dalle parti in causa una pressione sul rotang, e, se l'intreccio di rotang cedeva, i presagi per il giudizio non erano certo favorevoli. Il "bumba" era presso i Vili e Yombé anche uno degli elementi costitutivi delle differenti forze magiche che servivano al "nganga liboka", nel corso di una seduta di divinazione, a identificare l'autore di una discordia, uno scompiglio, un disordine qualsiasi, e, in particolare, di un sortilegio.
Nel basso Kongo (RPCongo), come nell'intero universo bantu, tutti gli eventi fausti o infausti, allegri o drammatici, non avvenivano senza l'aiuto di uno spirito della natura, o di antenati, o, ancora, senza la volizione di un individuo che poteva talvolta agire indipendentemente dalla sua volontà, sortilegio o stregoneria. Poiché gli spiriti o gli antenati erano all'origine di un fatto, se il fatto era positivo, dovevano essere ringraziati, se il fatto era negativo, dovevano essere compiuti dei sacrifici per placarne la collera. Nell'ipotesi che essi fossero estranei al fatto negativo, l'autore era sicuramente individuato in un "ndoki", colui che getta la malasorte, che procura sortilegi.
Si doveva quindi procedere a ristabilire l'ordine violato dall'evento individuando il "ndoki", sanzionandolo opportunamente. Quando gli anziani valutavano che un "ndoki" nuoceva alla comunità, e che non era possibile smascherarlo coi loro poteri e conoscenze, essi decidevano di consultare un "nganga liboka". Egli avrebbe individuato la causa dell'evento negativo tramite una danza di "liboka", dopo aver esercitato le sue differenti pratiche magiche. Il "nganga liboka" che potemmo avvicinare fu quello del villaggio Vili di M'Pili: il suo nome era Ndenga Makosso, nome di "liboka" Louzoungou. Egli ci raccontò del rituale da lui esercitato, dei poteri esibiti, nella funzione-inchiesta relativa a un decesso o malattia.
Louzoungou dominava il potere di quattro animali: "sisi", il ratelo, che incalzava lo stregone e rivelava le cose nascoste; "mbaku", la faina, molto aggressiva e che con l'odorato particolarmente fine scovava le cose nascoste; "ngo", la pantera, che assicurava potenza, autorità, prestigio; "nzi", la mosca, che scopriva gli escrementi, le cose perdute, e poteva trasmettere i messaggi. Questo dominio assicurava al "nganga liboka" la loro collaborazione per smascherare lo stregone e le stregonerie.
La danza rituale sarebbe stata composta in parte da un certo numero di figure istituzionali, che avevano, a un determinato momento della funzione, un significato, e dovevano imperativamente essere eseguite, e, in parte composte da figure improvvisate destinate a comprovare il talento e la sua destrezza coreografica, contribuendo a dimostrare la competenza inquisitoria. La musica di supporto sarebbe stata eseguita da un solista di un grande tamburo a pelle tesa "noma", accompagnato da altri due percussionisti di piccoli tamburi a fessura "nkoonko", suonati con l'aiuto di una bacchetta, dai suoni di un pluriarco "sambi", e di piccole zucche piene di grani secchi "mukwanga".
Prima di eseguire la "liboka", Louzoungou si sarebbe isolato per la preparazione. Egli avrebbe ricevuto in precedenza i notabili del villaggio, che gli avrebbero spiegato con forza, in dettaglio, le ragioni del loro contegno, dando ciascuno la propria opinione sull'esito della funzione-inchiesta. La preparazione sarebbe consistita nella confezione di un piatto, la cui composizione gli avrebbe donato la forza di danzare da sera sino all'alba, senza risentire la minima fatica. Louzoungou affermava che dopo aver ingerito il cibo si sarebbe trovato in uno stato ipnotico; questi gli elementi: un pollo, una banana, una noce "nkandika", funghi "litondi", una noce ntchili, semi dell'albero "mvutu" e noci di palmisto pestate, il tutto in un brodetto. Qualunque composizione fosse stata, probabilmente alcune delle sostanze citate avevano un potere eccitante.
Dopo aver ingerito il cibo, Louzoungou avrebbe proceduto a dipingersi servendosi di tre colori naturali: argilla rossa o ocra rossa, che era possibile surrogare con segatura di pterocarpus miscelata con olio di palma, argilla bianca, carbone di legna. Chinato su uno specchio, egli si sarebbe tracciato una linea rossa su ciascuna delle guance dalle alette nasali alla mascella inferiore, quindi si sarebbe aiutato col nero per accentuare le sopracciglia, disegnando una linea parallela a quella rossa sulle gote, ma, più in basso, passante per la congiunzione delle labbra. Col bianco, infine, si sarebbe tracciato degli anelli sugli avambracci e sulle braccia. Il rosso avrebbe avuto come scopo quello di far fuggire il sortilegio, o annichilire gli effetti del "ndoki". Il nero avrebbe impedito agli spettatori di vedere ciò che avrebbe fatto il "nganga liboka", rendendolo momentaneamente invisibile, costituendo per lui una protezione. Il bianco avrebbe dimostrato, perché colore messaggio di pace, che il "nganga liboka" era onesto, franco, sincero, e che le sue intenzioni non erano malvage.
Una volta dipintosi, Louzoungou avrebbe proceduto alla vestizione: si sarebbe cinto i fianchi con una gonnellina di rafia, infilato braccialetti di rafia sulle braccia annodandole sopra i bicipiti, incrociato due fasce di rafia tessuta sul petto, chiamate "mayembo", e avrebbe decorato tutto il corredo con pon-pon di rafia. Sulle anche si sarebbe fissato una pelle di pantera, e infine indossato il "mpu nsala", grande acconciatura di penne e piume di gallo inserite in una leggera struttura la cui base era ricoperta da una fascia di tessuto rosso o blu, sulla quale erano cucite perle di vetro, bottoni di madreperla e altri ornamenti. Le perle, che erano denaro, avrebbero dimostrato che il "nganga liboka" non avrebbe potuto essere "comprato", e che le sue decisioni non avrebbero potuto essere influenzate. I bottoni di madreperla avrebbero simboleggiato che la decisione finale era bloccata, irremovibile, come i bottoni fermano un vestito; talvolta si sarebbe potuto trovare anche un lucchetto, il cui archetto era cucito al tessuto, col medesimo significato simbolico. La scelta delle penne e piume di gallo sarebbe stata una allusione alla capacità del volatile di trovare sempre qualcosa grattando la terra, là dove occhio umano nulla avrebbe rilevato.
Da quell'istante tutto il villaggio si sarebbe riunito nel luogo, dove Louzoungou avrebbe iniziato la funzione-inchiesta. Tra la folla gli assistenti di Louzoungou avrebbero tentato di spigolare informazioni, indizi, che avrebbero potuto servire, giunta l'alba, a orientare l'accusa. Un fuoco sarebbe stato acceso al centro del cerchio, contribuendo a catalizzare l'attenzione e servendo al "nganga liboka" per concentrarsi e predire tramite immagini che solo lui avrebbe visto. Tre accessori ulteriori sarebbero stati indispensabili: un anello di ottone decorato a quadretti in superficie, una coda di genetta, uno specchio.
La funzione-inchiesta avrebbe potuto allora iniziare. In un primo tempo il "nganga liboka" avrebbe preso una statuetta, scultura antropomorfa passata nel carbone di legna, consegnata dal capo villaggio; successivamente avrebbe eseguito qualche passo di danza, consegnando la statuetta agli spettatori che la avrebbero gettata nella foresta, dietro le abitazioni. Quindi, danzando e cantando, avrebbe invocato gli spiriti degli animali che lo avrebbero assistito nella funzione: Louzoungou avrebbe sollecitato l'intervento del ratelo, della pantera, della faina e della mosca.
Questi animali sarebbero apparsi ai suoi occhi durante le visioni che avrebbe avuto, facendosi dire se la causa della funzione-inchiesta, decesso o malattia, fosse dovuta alla stregoneria ("kindoki") o fosse dipesa dagli antenati. Nel primo caso la funzione-inchiesta si sarebbe archiviata con una accusa, nel secondo la famiglia del morto o del malato avrebbe dovuto pagare l'onorario della divinazione più quello del sacrificio necessario a placare la collera degli antenati. Se la responsabilità fosse ricaduta sugli antenati, il compito del "nganga liboka" sarebbe stato relativamente semplice.
Nel corso della notte, dalle parole dei suoi canti, che sarebbero state riprese in coro dagli abitanti del villaggio presenti, egli avrebbe snocciolato allusioni rassicuranti per il villaggio, nella certezza che nessun "ndoki" si fosse introdotto nella comunità. E, nella atmosfera di gioia regnante, Louzoungou, oltre alle danze e figure acrobatiche, avrebbe compiuto una grande prova di prestidigitazione, come portare davanti alla folla un germoglio di banano, che sarebbe cresciuto in qualche ora, producendo un casco i cui frutti si sarebbero ripartiti nella campagna. Louzoungou avrebbe potuto ancora "sputare fiamme", compiere passaggi di danza o acrobatici meravigliosi, che avrebbero attirato l'attenzione dei presenti, giustificando appieno l'onorario richiesto.
Giunta l'alba, sarebbe stato tempo di accertare che la visione del "nganga liboka" fosse giusta, nonché cercare la statuetta, che, all'inizio della funzione-inchiesta, alcuni del villaggio avevano gettato nella foresta. Se questa fosse stata ritrovata nel luogo ove era caduta, gli antenati sarebbero stati veramente i responsabili del decesso o malattia, e tutto sarebbe rientrato nell'ordine. In caso contrario la responsabilità sarebbe ricaduta sulla stregoneria, sul sortilegio. Il ruolo del "nganga liboka" sarebbe stato allora molto più delicato, l'ambiente sarebbe diventato teso, drammatico, poiché nel corso delle sue evoluzioni e in dipendenza alle informazioni assunte dai suoi assistenti, le parole dei canti e i proverbi che avesse dovuto utilizzare sarebbero divenuti altrettanti elementi destinati ad allertare e orientare l'opinione della folla.
Louzoungou non avrebbe denunciato apertamente il colpevole, ma avrebbe orientato la folla verso una famiglia, un villaggio. Individuati per esclusione il nome del villaggio e la famiglia, avrebbe fatto comprendere se il colpevole del sortilegio si trovasse dalla parte paterna o materna della famiglia, fra gli uomini o le donne, tra i giovani o gli anziani. Qualora i suoi piedi si fossero bloccati improvvisamente nel corso di una danza, il colpevole sarebbe stato posizionato nella direzione in cui essi erano orientati; se egli avesse inclinato anche il copricapo di penne e piume, ciò avrebbe significato la designazione di una persona interessata al sortilegio.
In quel momento sarebbe entrato in gioco il "bumba", fatto di un cranio di antropoide avvolto di rotang intrecciato. La situazione sarebbe divenuta grave, non sarebbe stato solamente necessario avvalersi della assistenza degli animali citati in precedenza, ma anche di quella delle grandi scimmie, spiriti della foresta, che, per la facoltà che avevano di spostarsi in silenzio e rapidamente, erano ritenuti nelle condizioni di vedere tutto quello che accadeva, nonché essere informati nei minimi dettagli.
Louzoungou avrebbe preso il "bumba", saltando e danzando l'avrebbe invocato, e, con un vorticoso movimento, l'avrebbe scagliato sopra le abitazioni del villaggio, nella foresta vicina. Successivamente si sarebbe diretto nella posizione opposta al luogo dove aveva scagliato il "bumba", quindi l'avrebbe ripreso e riportato, raccogliendo i messaggi necessari dal "bumba" stesso. Nel medesimo istante, la forza che animava gli animali "assistenti" avrebbe annichilito non solo gli effetti e le capacità magiche di cui gli stregoni erano dotati, ma anche le eventuali intenzioni di chi, fra i presenti, avesse voluto o potuto falsare il risultato della funzione-inchiesta.
Quando il "bumba" avrebbe recuperato le forze magiche, la danza sarebbe ripresa sino all'alba. Questo sarebbe stato l'istante in cui il "nganga liboka" avrebbe riunito i notabili in disparte, rivelando loro il nome del "ndoki". Ritornando al luogo della danza, Louzoungou avrebbe dato il segnale di procedere al recupero della statuetta lanciata nella foresta all'inizio della funzione. La scultura, alta una quindicina di centimetri, sarebbe stata immediatamente cercata dai presenti e immancabilmente trovata negli abiti del colpevole. Due possibilità si sarebbero prospettate: o il presunto colpevole avrebbe contestato l'accusa e sarebbe stato contrario a sottomettersi al giudizio del veleno "nkasa", o si sarebbe accordato col "nganga liboka", esprimendo il proprio rimorso, assicurando che il malato avrebbe potuto guarire. Egli avrebbe dovuto pagare l'onorario della terapia o risarcire la famiglia in caso di morte, e, in ogni modo, avrebbe dovuto lasciare il villaggio, portandosi via l'abitazione o demolendola. Colui che avesse dovuto prendere il "nkasa", ritenendosi innocente, e morire, avrebbe confermato la propria colpevolezza.
Gli anziani del villaggio gli avrebbero aperto l'addome, scoprendovi il "likundu", cioè lo strumento della stregoneria, che sarebbe servito poi a preparare medicine particolarmente violente. Il cadavere sarebbe stato abbandonato in un luogo segreto della foresta, e la famiglia del colpevole avrebbe dovuto pagare le spese della inumazione.
Oltre all'uso terapeutico e di ricerca della stregoneria, Louzoungou ci disse che il "bumba" era anche un "nkishi" legato al potere dell'arcobaleno, che poteva provocare la pioggia a interromperla; esso aveva anche il potere di riferire messaggi indirizzati all'arcobaleno, per cui si può presumere che la traiettoria di un "bumba", lanciato dal "nganga liboka" durante la funzione al di sopra delle abitazioni, fosse volutamente similare all'arco dell'arcobaleno. In altre regioni il "bumba" sempre associato all'arcobaleno, dispensava guarigioni o procurava malattie e svolgeva funzioni di agente dell'ordine sociale colpendo i delinquenti.