Téké Sese. Kiteki na matompa.

 

 

 

 

 

 

 

 


"Kiteki na matompa". Cultura Téké Sese.
Legno probabilmente "mulong"(Robert Hottot), tessuto, materiale argilloso e sostanze diverse, consunzioni arti inferiori. Secondo Raoul Lehuard (Les arts Bateke), la classificazione dell'opera è la seguente: per lo studio morfologico statuario "ensemble 1", per l'acconciatura "B7", per la tipologia "32". Raccolta in situ da Robert Lehuard in un villaggio del Malebo (Stanley Pool) nel 1924.
Lo stile, l'acconciatura e le scarificazioni sono specifiche dell'area dei Téké Sese nell'alto Léfini, mentre la "matompa" è stata raccolta in un villaggio lontano dall'area di stile/popolazione. Epoca fine XIX secolo. Dimensioni: h.cm.19.
Provenienza:

raccolta in situ 1924 da Robert Lehuard.
collezione Robert Lehuard, Arnouville (F).
collezione Raoul Lehuard, Arnouville (F).
galleria Ratton-Hourdè, Parigi (F).
Pubblicazioni:
"Statuaire du Stanley-Pool", Raoul Lehuard, ed.Arts d'Afrique Noire, 1974, pag.10.
"Les arts Bateke", Raoul Lehuard, ed.Arts d'Afrique Noire, 1996, pag.16, pag.297.
"Teke", Galleria Ratton-Hourdé, 1999, pag.39.
"Bateke. Les fetiches", R.Lehuard-A.Lecomte, ed.Alain Lecomte, 2014, pag.200.
Expo:
"Teke". Galerie Ratton Hourdé, Parigi, 03.06.1999-24.07.1999.
Catalogazione AA 29/2000.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "Statuaire du Stanley-Pool", 1974.
Raoul Lehuard.


Comunemente chiamata "matompa", questa tipologia di statua si trova tra i Teke, i Sundi e i Lari. Le grandi "matompa" (almeno 30 cm.) hanno lo scopo di proteggere l'individuo dalla malattia del sonno, mentre quelli di modeste dimensioni quello di respingere tutte le altre malattie. La preparazione delle "kiteki na matompa", quando sono destinate alla lotta contro il flagello della tripanosomiasi, è circondato da cerimonie specifiche e di lunga durata.
Il "nganga matompa" non ignora il prezzo che gli indigeni sono disposti a pagare per avere nel loro villaggio una "matompa", e abusando sovente della credulità delle persone, fissa a sei mesi il tempo necessario per l'adempimento del compito affidatogli. Ad ogni luna nuova egli va al villaggio e rimane due o tre giorni durante i quali sono celebrati differenti riti cerimoniali. Durante questi brevi soggiorni, il "nganga" è soggetto a molteplici attenzioni, e riceve importanti doni e buon cibo.
Nella prima visita quattro o cinque giovani di dieci, undici anni, indipendentemente dal sesso, sono designati "servitori"(adepti). Essi assistono alla preparazione di medicinali e saranno iniziati gradualmente a questa arte potendo successivamente prodigare le loro cure agli abitanti del villaggio. Questi neofiti sono alloggiati in una casa comune appositamente costruita per loro. Essi possono uscire solo al mattino per andare a lavarsi nel fiume più vicino. Finite le loro abluzioni tornano al villaggio, si dispongono davanti alla casa asciugandosi al sole rientrandone subito dopo. Se, per qualsiasi motivo, essi sono costretti a uscire, devono essere sempre accompagnati. Durante il giorno girano a testa nuda, come peraltro la sera, ma a condizione tassativa che poche stelle brillino in cielo; se il cielo è stellato essi devono coprirsi il capo con una pelle di zibetto. I pasti vengono serviti loro nella casa comune e nessuna dieta speciale è prescritta.
Quando il "nganga" soggiorna al villaggio, vive nella casa coi giovani adepti e in loro presenza prepara le miscele di vari prodotti preparatori per la composizione della "medicina"("bilongo"):
a) corteccia macerata di "mounsangoula", arbusto abbondantemente diffuso nelle pianure erbose, le cui foglie di gusto amaro sono utilizzate per la preparazione di bevande contro la diarrea. Le antilopi sono molto ghiotte delle loro piccole bacche rosse.
b) corteccia macerata di "ngété", arbusto dalla corteccia molto spessa e dura, di colore rosso carminio. I suoi frutti neri, dalle dimensioni e la forma di un oliva, sono commestibili.
c) corteccia di "ngoumi", albero di grandi dimensioni e avente aspetto di un arancio, avente frutti verdi con la buccia molto liscia e simile alle arance.
d) argilla bianca detta "pembè", che viene generalmente trovata in fondo alle paludi.
e) argilla rossa detta "kimboungou", con cui gli indigeni si spalmano quotidianamente il corpo al minimo malessere.
f) "poudre de traite"(salnitro, carbone di quercia, zolfo), detta "ntia".
Durante le molte preparazioni a cui si dedica il "nganga" gli abitanti del villaggio si riuniscono intorno ad un grande fuoco e cantano accompagnati dal ritmo di piccoli tamburi fabbricati appositamente per l'occasione. Quando appare il "nganga", seguito dagli adepti, i canti diventano più dolci e lamentosi mentre gli uomini e le donne battono le mani per scandire al meglio il ritmo.
Il "maestro" e gli adepti portano sul lato dell'occhio destro due linee verticali a forma di virgola disegnate una con argilla bianca e l'altra con una composizione di corteccia macerata di "kibilou", una specie di legno-corallo che si trova raramente oltre Ndouo vicino alle rive del Lali. Essi danzano soli intorno al fuoco, gridando e gesticolando superandosi l'un l'altro, semplicemente vestiti con un gonnellino molto ampio in fondo trattenuto in vita da una cintura alla quale sono appese molte strisce di pelle di zibetto, con anche un intero corpo dello stesso animale appeso sul lato sinistro. Essi sono a torso nudo e non hanno nessuna acconciatura. La danza del "nganga matompa" dura circa un'ora, alla fine della quale ognuno torna alla propria casa.
I medesimi festeggiamenti si svolgono ad ogni visita del "nganga" con lo stesso cerimoniale. La grande festa si svolge all'inizio della sesta luna. Dopo i tam tam cerimoniali e danze rituali, il "nganga" sacrifica un numero più o meno importante (a secondo della ricchezza del capo del villaggio e dei suoi amministrati) di polli e capre, dei quali raccoglie con cura il sangue che mescola con vari prodotti e differenti polveri di corteccia sopra descritti. Il cataplasma ("bilongo") viene quindi applicato sul corpo e dentro il reliquiario della statuetta, e il tutto è avvolto in un panno saldamente fissato al collo e al bacino con una corda. L'atto di inserire l'amalgama nella figura è chiamato "komesa nkouya".
La "matompa" finita viene data al capo del villaggio. Successivamente, i tamburi suonano, invitando a ballare tutti gli abitanti della regione; la festa continua in un baccano assordante fino a tarda notte. La mattina seguente, il "nganga" raccoglie i suoi adepti, li porta al fiume e vigila personalmente le loro abluzioni. Poi egli spalma il loro corpo con "tukula" e li porta al mercato più vicino facendoli girare per il mercato mentre commercianti e clienti manifestano la loro gioia.
Di ritorno al villaggio il "nganga" prende tutto ciò che resta del medicamento preparato durante la veglia, lo riduce in polvere finissima e ne riempie un cesto di vimini. Poi aggiunge piume, penne, gambe e teste di polli. Questa mistura è distribuita a tutti gli individui appartenenti al villaggio dove è stato fatta la "matompa". La parte più cospicua viene data al capo. Successivamente, nel caso vi fosse un indigeno sofferente, uno dei giovani adepti prepara da questa mistura un cataplasma da applicare sulle parti doloranti del corpo del paziente nel medesimo istante in cui egli prende qualche pizzico di polvere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto da: "Les arts Bateke", 1996.
Raoul Lehuard.


La morfologia delle "cariche" magiche e religiose.
La natura delle "cariche" è varia, la loro morfologia anche. Quando tutti gli ingredienti sono mescolati usando l'argilla, l'impasto prodotto viene generalmente modellato sul corpo dell'oggetto fissandolo con un pezzo di tessuto, a volte cucito, legato al collo e alle anche. Molto spesso la "carica" viene introdotta nel ricettacolo ventrale (raramente in un'altra posizione) e il tutto è ricoperto da una resina riscaldata. Su questa resina, il "ngaa" talvolta può incollare una ciprea o un'altra conchiglia marina oppure un coccio di vetro o uno specchio. Il "ngaa" può anche introdurre penne e piume di pollo nella resina calda o può fissarle al tronco della statuetta legandole a modo di bouquet.
Si rilevano inoltre come "cariche" aggiunte le corna d'antilope riempite di materia magico-religiosa, legate sui corpi già investiti di una forza. Talvolta, infine, tutto il corpo, comprese le gambe, scompare sotto il rivestimento da cui emerge solo la testa. A volte la "carica" magica è fissata sulla fronte, sulla testa o sulla nuca. In questo caso, è ricoperta con resina.
(...)
L'aspetto della scultura e della sua "carica" dipendono dal ruolo assegnato ad essa. Così, alcune statuette non ricevono unzioni propiziatorie o sputi di erba masticata o di noce di cola o sacrifici. Altri, per contro, ne ricevono diversi e si ritrovano presto coperti con quello che viene chiamato un rivestimento sacrificale, una crosta più o meno spessa mascherante i tratti somatici della statua se non inglobante l'intera superficie della "carica" o della statua stessa. Alcune altre figure non manifestano sacrifici sulla "carica", mentre altre, che non hanno alcuna "carica" aggiunta, sono soggette solo a preghiere e la loro patina non subisce alcuna modifica.