Songye Tempa. Maestro di Lusangay. Nkisi di comunità.
"Nkisi" di comunità. Cultura Songye Tempa.
Legno, corna, penne, chiodi, monete tradizionali, cauri, placche metallo, corda, raffia, campanella, pelle animale, materiali e sostanze diverse, patina d'uso. Raccolto da Karel Plasmans, stile/gruppo Tempa. Secondo Bernard De Grunne (mail 24.11.2022) l’opera è da ascriversi al maestro di Lusangay, riferendosi alla classificazione redatta in catalogo della mostra “Sacri Spiriti”, Napoli 29.10.2022-15.01.2023. Da "Sacri Spiriti", a cura di B.De Grunne - G.Pezzoli, pagg.102-198. Dimensioni: h.cm.60.
Provenienza:
raccolta in situ 1955-1972 da Karel Plasmans.
collezione Karel Plasmans, Bruxelles (B). (mail M.L.Felix, 14.12.2007).
collezione Marc Leo Felix, Bruxelles (B), acquisita 1983-1984. (mail cit.).
galleria P.& O. Mestdagh, Bruxelles (B). (mail P.Mestdagh, 05.10.2015).
collezione privata, Namur (B).
Pubblicazioni:
"Etudes Songye", J.W.Mestach, Galerie Jahn(Monaco D), 1985, pag.126-127, fig.36.
Commento:
Jean Willy Mestach, Bruxelles (B), 1985.
Viviane Baeke, Bruxelles (B). ("Le sensible & la force", 2004, pag.26-27).
Marc Leo Felix, Bruxelles (B). (Mail 01.02.2008).
Catalogazione AA 74/2007.
Estratto da “Sacri Spiriti”, 2022.
a cura di B.De Grunne – G.Pezzoli
Il maestro di Lusangay.
Di questo artista, sono qui rappresentati sette mankishi dei dodici che sono stati identificati. L’atelier era situato nel centro-nord del paese songye. Le opere di questo scultore, di dimensioni molto variabili, si distinguono per due caratteristiche fondamentali: il trattamento quasi sferico della testa e l’assenza del mento squadrato tipico di molti stili songye. Altri elementi ricorrenti sono: la bocca a forma di un otto sdraiato, gli occhi con orbite incavate nelle quali sono incastonati i cauri, la decorazione del volto con strisce di metallo e punteggiata di teste di chiodi. La potenza espressiva è accentuata da una moltiplicazione delle cariche magiche su tutto il corpo oltre che dai corni sulla testa.
(...)
Si ritiene che questa questa bottega si trovasse nell’area a ovest del fiume Lubefu, a nord della città di Tshofa, nel cuore del territorio songye. (…)
Le prime dieci statue della mia lista fanno parte di un corpus la cui affinità stilistica è così stringente e distintiva da permetterci di attribuirle tutte alla stessa mano. (Bernard De Grunne)
Statua di comunità Batempa per assicurare la fecondità e l'abbondanza. A rinforzarne il potere le corna, le monete metalliche piantate nel capo, la zappa(vedi seguente commento di M.L.Felix), ugualmente moneta e simbolo di fertilità, piantata nel busto. Presumibilmente territorio di Lusambo. (Jean Willy Mestach. "Etudes Songye", 1985, pag. 126-127).
I tratti di un altro "nkisi", attribuito ai Tempa e pubblicato da Mestach, richiamano singolarmente quelli della statuetta "de la Lindi" (Viviane Baeke. "Le sensible & la force", 2004, pag.26-27).
Ritengo che la figura sia stata scolpita da un buon scultore Songye che abbia rispettato i criteri imposti da parte del gruppo di appartenenza. Non credo che l'opera sia del XIX secolo: la collocherei nella prima metà del XX secolo, molto probabilmente nel primo quarto, e la fattura della bocca è di solito stilisticamente associata al sottogruppo Tempa che si trova nel nord-ovest del territorio Songye. Non so se le grandi dimensioni del corno frontalmente al busto abbiano un significato specifico, non avendo mai discusso coi miei informatori sulla importanza delle diverse dimensioni delle corna. Riguardo ai "bishimba" (posizionati in diverse sedi, tra cui anche fra le gambe: mia nota), occorre tenere presente che le figure Songye raccolte "sul campo" mostrano il risultato di una evoluzione in addenda. Lo scultore farà una figura disadorna in legno, che i vari proprietari e "nganga", quando si presenterà la necessità, la guarniranno con un numero di elementi dei quali ciascuno avrà una particolare importanza simbolica. Nessuno, lo ripeto, nessuno al di fuori di queste persone possono indicare quale sia lo scopo/funzione esatta di questi elementi aggiunti. Non c'è una regola che può dire per esempio che la funzione di questo tipo di pelle o di questo tipo di corno sia quella di proteggere contro i fulmini o per portare buona fortuna nella caccia. Occorre rammentare anche che durante la permanenza "sul campo" gli elementi vengono aggiunti in epoche diverse. Riguardo ai cauri, credo che in generale esse siano relazionate alla fertilità e alla ricchezza. I grandi chiodi (di origine europea) posti sul capo non sono rari, al contrario di quanto si creda; sono invece i "clous de tapissier" ad essere rari, per cui sono sempre molto sospettoso quando li vedo in sculture Songye. I grandi chiodi di ferro hanno come primo scopo il fissaggio di qualcosa e in secondo scopo, come per tutti gli inserimenti di ferri, hanno sempre una funzione sacra.
Rispetto alla foto pubblicata da Mestach(pag.126, "Etudes Songye) è mancante un oggetto aggiunto, certamente un frammento di un corno che era pieno di sostanze magiche e di cui non ho idea di quando si sia perso. Infine, relativamente alla descrizione fatta da Mestach (pag.127, "Etudes Songye"), penso che Mestach abbia fatto un errore e che abbia confuso il corno posato sulla pancia con una zappa perché uno delle figure Songye nella sua collezione comprende una zappa nella parte superiore del corpo. (Marc Leo Felix. Mail 01.02.2008).
Estratto da: "Songye masks and figure sculpture". 1986.
Dunja Hersak.
"Bishimba" e paraphernalia esterni.
Come suggerito da de Heusch, le molteplici sostanze che compongono il "bishimba" possono essere classificate come espressioni metaforiche e metonimiche della potenza del "nkishi": "Mentre la sequela metaforica esprime l'azione difensiva o offensiva del "bwanga", quella metonimica si riferisce al soggetto che si impegna attivamente in questa azione (aggressione della magia o della contro-stregoneria), o subisce passivamente la protezione del "bwanga". Con il doppio gioco della metafora e della metonimia, il "bwanga" stabilisce quindi una relazione necessaria tra il proprietario e il mondo soprannaturale attraverso la mediazione del mondo naturale".
La forza aggressiva del "nkishi", costituita metaforicamente da una lunga lista di materiali di cui solo i più comuni, utilizzati principalmente per i "mankishi" di comunità, sono noti: - ossa, carne, pelliccia o artigli di leone ("ntambwe"), leopardo ("ngye"), scimmia ("nkima"), o zibetto ("nshima")
- terra dalle tracce di un elefante
- un tipo di topo ("muncembwa") che emette un odore penetrante(Van Overbergh)
- squame di un serpente pericoloso ("nsanci") o degli organi sessuali di un coccodrillo (Plasmans, villaggio Musangie, Bekalebwe)
- piume e penne di un falco ("kabemba": specie di piccole dimensioni, molto aggressivo) (Van Overbergh) o di un uccello il cui nome è associato con il pericolo o la sfortuna, come il "lubulankadi"(Plasmans, villaggio Kasesa, Bekalebwe)
- api
- materiale prodotto da fulmine ("tufi twa mpeshi"), descritto come una sostanza dura simile alla cera trovato tra le radici di un albero colpito da un fulmine. Secondo Plasmans (villaggio Seke, Songye) qualsiasi parte di un tale albero può essere utilizzato
- ossa o carne di qualcuno che si è suicidato
- capelli, unghie e carne di uno stregone defunto
- ossa di guerrieri provenienti da un campo di battaglia o ceneri di alberi bruciati da un tale sito
- capelli e le unghie di un albino ("nsaka") o di un epilettico (Plasmans, villaggio Nkoto, Bekalebwe)
- cordoni ombelicali da gemelli (villaggio Puma, Bekalebwe).
Tutti gli animali nominati possiedono un tipo specifico di energia fisica o premonitoria che definisce l'azione richiesta al "bishimba". Molti di loro entrano nella decodificazione simbolica della "kifwebe", quindi nelle pratiche di magia malefica. Sono forti o grandi, carnivori o velenosi. Essi mordono o pungono o sono semplicemente associati con un pericolo imminente o potenziale sulla base di segni sensoriali: il richiamo degli uccelli, o l'odore nocivo del ratto "mucembwa". Allo stesso modo, del materiale vegetale o umano proveniente da un campo di battaglia può essere interpretato come attivo ingrediente d'offesa. I seguenti tre elementi: il residuo di un fulmine, le parti del corpo di un mago o di un suicida, sono tutti legati all'aggressione di spiriti malefici.
Il fulmine che uccide o ferisce è sempre ritenuto essere inviato da uno stregone il cui spirito e le azioni sulla terra sono regolati da un malevolo "mikishi". Gli spiriti di coloro che sfidano la morte di "Efile Mukulu" (casi di suicidio) sono nefasti e sospettati di azioni maligne. D'altra parte, la materia organica di gemelli, albini e epilettici è rappresentativa di poteri mistici innati ambivalenti e quindi potenzialmente offensivi e difensivi, come la dualistica potenza del "nkishi".
La sequela metonimica di elementi del "bishimba" è contestualizza e dà indicazioni per l'azione magica. Nei "mankishi" di comunità questa è costituita da pezzi di capelli e unghie degli abitanti del villaggio che vengono ritualmente inseriti durante il processo di preparazione. Plasmans spiega che, nel caso di un "nkishi" designato per la procreazione, gli abitanti del villaggio vanno nella boscaglia per avere un rapporto sessuale e poi il "nganga" raccoglie le foglie e l'erba dove hanno giaciuto per essere composte nel "bishimba" (Plasmans, villaggio Kabamba Kombe, Bekalebwe). Un "nkishi" personale contiene logicamente solo unghie o capelli del suo utilizzatore. Così, come l'individuo o la comunità si identificano simbolicamente con l'oggetto magico, la risposta degli antenati è presumibilmente proiettata su di loro.
(...)
In confronto all'invisibile aspetto attivo del "bishimba", i paraphernalia multimediali esteriori tipici dei "mankhisi" di comunità rispondono ad una seconda sequela di elementi metaforici che sono noti e visivamente intelligibili. La maggior parte degli elementi attestano l'immagine di leader ancestrali e dignitari e, quindi, mantengono un riferimento generale alla forza desiderata dalla comunità. Le varie caratteristiche di questi paraphernalia possono essere classificate come segue:
Corna.
"ntengo", "ntengu"; topi (damaliscus lunatus)
"mbudi": sitatunga (tragelaphus spekei)
"ngulungu": tragelafo striato(tragelaphus scriptus)
"mbashi": redunca dei canneti (redunca arundinum)
"mbo": bufalo africano (syncerus coffer).
Pelli di animali: mammiferi e rettili.
"ngye", "nge": leopardo (panthera pardus o felis pardus)
"Iombe": tipo di lucertola (varanidae / varanus niloticus)
"nyoka a soswa", "nyoka a subu": serpenti velenosi
"nshimba": genetta
"nshima": civetta
"mbala": tipo di gatto
"nkima": scimmia
"kabunji": procavia(procaviidae).
I diversi attacchi di pelliccia e tutti gli anelli di collo e di tronco realizzati con pelli di rettili sono chiamati "mikala".
Piume e penne.
"kipongolu", "kipungulu": gufo multicolore
"mumba", "momba": sparviero
"nduba": turaco (musophaga rossae).
Diversi paraphernalia.
"mpeko": tessuto di raffia attaccato alle vesti del capo
"bipo": collane o braccialetti di perline
"mambele": cauri
"mele": campane di metallo appese alla cintura di alcuni "mankishi"
"bishishi": borchie di metallo, chiodi, lame di zappa o altri utensili
"bingala": strisce di rame applicate sul viso
"tutundu": cilindrici grandi pioli di legno attaccati alla cintura in vita in ogni lato; si dice siano riempiti con intrugli magici ("mushila" e "bishimba")
"tupulu": piccole serie di tutundu appese a lato della figura.
Anche se molti degli animali elencati qui differiscono da quelli utilizzati per i "bishimba" ed in particolare quelle che definiscono le "bifwebe", le loro caratteristiche comportamentali sono essenzialmente le stesse. Essi proiettano forza e dominanza, sono pericolosi e temuti. Tuttavia, ciò che li distingue è che la maggior parte di essi sono identificati direttamente con figure di autorità. La pelle di leopardo e le varie piume e penne costituiscono insegne del capo, mentre le pelli di lucertola sono associate con lo status di ministri e nobili. Ciò non vale per le corna utilizzate sia per le figure di comunità sia per le figure personali. In effetti, esse possono essere anomale per la categoria, poiché sono più strettamente legate al "bishima" e sono, in effetti, non collegate alla rappresentazione antropomorfica. Comunque le corna sono una caratteristica visiva distintiva di molti "mankishi" e, simbolicamente sono significative per la categoria e rappresenta la saggezza degli anziani. Questo è importante perché vale anche per le "bifwebe". Così essendo associato alla stregoneria e alla magia protettiva o anti-stregoneria, il corno indica che entrambe le pratiche mistiche traggono le loro risorse dallo stesso gruppo di variabili naturali, anche se tutto questo non può essere reso visivamente esplicito.
L'uno e lo stesso concetto è collegato ad altri riferimenti animali. Il leopardo rappresenta la posizione di capo tribù. La lucertola rappresenta il guardiano delle insegne ancestrali: il bastone e lo scettro di "ruolo" (Wauters). Esso è l'arbitro imparziale, perché, come spiega la mitologia "Eki" di Wauters, non ha orecchie. "Nshima", lo zibetto è il portavoce del capo e tutte le discussioni sono rivolte a lui (Wauters). Nella mitologia "Eki" "nkima", la scimmia, assume un ruolo di importanza per la sua astuzia e scaltrezza (Wauters). La sparviero è uccello del capo. Allo stesso modo il turaco, noto per essere feroce e crudele, probabilmente caratterizza la forza senza compromessi del ruolo. La civetta, probabilmente la civetta pescatrice (scotopelia peli), si distingue per la suo peculiare canto notturno. Il suo aspetto fisico sembra corrispondere alla descrizione di "kipungulu" annotata nella mitologia "Eki" (Wauters). Oltre alla sua grande dimensione e aspetto piuttosto feroce, è simbolicamente significativo il fatto, con riferimento al ruolo ancestrale, che abiti gli alberi lungo le sponde dei fiumi fitte di vegetazione e il suo canto viene descritto come "una sorta di sbuffante ronzio simile a quello fatto talvolta dai leopardi" (Mackworth-Praed - Grant).
Degli altri paraphemalia, la gonna di raffia e la collana di perline sono le più evidenti caratteristiche imitative di insegne dei capi. Di conseguenza i vari accessori in metallo e le cipree inserite come occhi che appaiono su alcuni "mankishi", richiamano l'alleanza fra il capo, il fabbro e il cacciatore. Sebbene quest'ultima attività venga interpretata in particolare dal mito "kalebwe" di organizzazione statale, un racconto originale presentata da A.Moeller rivela un motivo simile, vale a dire, una controversia tra due fratelli, Somo Lengela e Ilunga Bili (Nsomwe Olengiele, Ilunga Mbidi) riguardante un lago che scoprono contenere una importante fonte di ricchezza in conchiglie (Colon Inst.).
(...)
Proseguendo con i paraphernalia, la lama di una zappa, che si riferisce allo sviluppo simultaneo della forgiatura e dell'agricoltura, allude a prosperosi mezzi di sostentamento e di conseguenza a una forte comunità (Plasmans, villaggio Esanga, Bekalebwe). Una simile linea di pensiero si esprime con la campana di ferro su alcune figure che era tradizionalmente indossata dalle donne in stato di gravidanza e si dice rappresentare la procreazione, e quindi la continuazione del patrimonio ancestrale. Questi oggetti metallici simbolici aumentano ecletticamente la convinzione nella forza del "nkishi" a causa della loro associazione con poteri ancestrali benigni. In confronto, i chiodi e le borchie di metallo asseriscono l'idea di uno specifico ed attivo effetto magico.
Le placche di metallo applicate sul viso sono forse uno dei tratti più caratteristici ed enigmatici delle figure songye. La maggior parte dei miei informatori erano molto vaghi nello spiegare il suo significato. Relativamente ai miei risultati e a quelli di Plasmans sembra che questa caratteristica sia parallela al concetto dei chiodi, e che attenga anche a una specifica relazione con l'effetto di un fulmine (Plasmans). Cioè, il "nkishi" può contrastare e indirizzare il fulmine contro la fonte del male o di un particolare aggressore. Curiosamente i Songye stabiliscono che solo il rame deve essere utilizzato per queste placche facciali, cioé un metallo che risulta essere uno dei migliori conduttori elettrici. Un altro punto di interesse riguarda i modelli con cui vengono impostate le placche. La ricorrente disposizione diagonale ricorda le striature sulle "bifwebe" maschili. Questa relazione visiva è possibile in dipendenza alla convergenza dell'azione magica tra i "mankishi" e quella degli stregoni. In primo luogo, sappiamo che il fulmine che ferisce è credenza che sia stato inviato da uno stregone. In secondo luogo, è vero che la funzione di molti "mankishi" sia quella di allontanare questi professionisti del male. Molti "mankishi" sono infatti realizzati appositamente per la protezione contro i fulmini, tuttavia, poiché questi fenomeni naturali determinano pericoli molto frequenti e concreti nel Kasai, questo è detto solo per nascondere sospetti che non possono manifestarsi apertamente in accuse.
A parte i paraphernalia esterni puramente simbolici, alcuni qualificano o contribuiscono l'effetto magico del "nkishi" come, ad esempio, i "tutundu" e i "tupulu", pioli di legno che sono presumibilmente anche pieni di "bishimba". Questi ultimi si dice che siano "manga" contro la guerra. Che questo significhi o meno che siano imitativi di specifici oggetti magici utilizzati e associati a guerrieri è incerta. Lo scopo dei "tutundu" non è stato rivelato, anche se gli informatori in Lubao hanno detto che questi vengano rimossi ogni volta che la figura è portata attraverso il villaggio o il bush. Merriam, nella sua discussione su Lupika, il "nkishi" di comunità del villaggio Lupupa Ngye, fornisce un'interpretazione interessante che suggerisce che i pioli di legno siano dispositivi di misurazione della potenza attiva del "nkishi".
Egli scrive: "La figura può perdere la sua potenza per diverse varietà di ragioni, ma più in particolare quando il suo creatore muore; esso viene poi portato in un altro villaggio e portato in confronto con un suo corrispondente. Cruciali in questo confronto sono due cilindri intagliati di legno di 1,1/4 pollici di lunghezza e 1/2 pollice di diametro; questi sono attaccati alla cintura della figura mediante brevi stringhe che passano intorno alla cintura ed attraverso un foro praticato in ciascun cilindro. Questi "tukonya" (sing."kakonya") indicano la forza comparativa delle due figure; se ciascuno di essi su entrambi figure spiccano diritto fuori dalla cintura, allora i due "mankishi" sono di uguale e elevata potenza. Se due cilindri di una figura sono dritte fuori e nell'altra figura pendono in posizione normale la prima è la più forte, ma, cosa più importante, la seconda ha probabilmente perso il suo potere. In questo caso, un nuovo "nkishi" viene commissionato".
L'importanza di questa citazione può anche essere presa come sintesi di diversi concetti fondamentali discussi circa il meccanismo "nkishi". In primo luogo si allude alla reputazione di vasta portata di certi "banganga" che consacrarono una serie di "mankishi" attraverso tutta la regione songye. In secondo luogo riaffermano il fatto che la potenza della formula magica è proporzionale e, in qualche modo subisce, all'influenza del potere innato del "nganga". La figura "nkishi" è semplicemente un oggetto di interazione simbolica tra il regno dei vivi e quello dei morti: "tra il protettore e il protetto, tra il sacro e il profano" (Plasmans).
Il "nganga" è l'intermediario che avvia il processo rituale tra gli spiriti e gli uomini. Ma dal momento che le sue operazioni mistiche sono ambivalenti, richiedenti la conoscenza della magia, dopo la morte le manifestazioni del suo spirito sembrano essere messe in discussione, come lo è la carica residuale del "nkishi". La convinzione che il potere del "nkishi" si dissolva con la morte del "nganga", riflette anche un atteggiamento pragmatico. Cioè, essendo essenzialmente un oggetto deperibile, al momento della morte del "nganga", se l'effetto magico desiderato non è stato raggiunto o soddisfatto, si determina l'opportunità di una creazione di un altro "nkishi" più efficace.