Roma. Vetri.

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Vetro romano " carchesium" (bicchiere) con il corpo ornato da cerchi incisi. Concrezioni iridescenti.
Epoca II-III secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 9,5.
Provenienza:
dott. Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Expertise:
Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Catalogazione: AR 34/1997.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Vetro romano balsamario in forma di bottiglia dal corto collo con orlo piatto. Concrezioni iridescenti.
Epoca III secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 15,8.
Provenienza:
dott. Beppe Berna, Bologna (I). 1998.
Expertise:
Beppe Berna, Bologna (I). 1998.
Catalogazione: AR 35/1998.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Vetro romano giallo balsamario/bottiglia, con corpo quadrangolare, sormontato da collo cilindrico a labbro piatto collegato al corpo mediante un'ansa a nastro. Concrezioni iridescenti argentee. Epoca I-II secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 13,2.
Provenienza:
dott. Beppe Berna, Bologna (I). 1999.
Expertise:
Beppe Berna, Bologna (I). 1999.
Catalogazione: AR 36/1999.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Vetro romano con concrezioni iridescenti, provenienza Siria. Restauro parziale nella bordura svasata. Epoca II-III secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 17,2.
Provenienza:
galleria Drees-Archeo, Bruxelles (B). 1998.
Expertise:
Drees-Archea, Bruxelles (B). 1998.
Catalogazione: AR 37/1998.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Vetro soffiato romano brocchetta con corpo globulare, corto collo ed imboccatura svasata, ansa a nastro. Concrezioni iridescenti.
Epoca II-IV secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 10,4.
Provenienza:
dott. Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Expertise:
Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Catalogazione: AR 32/1997.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma. Vetro.
Balsamario realizzato in forma di bottiglietta con il corpo piriforme profondamente bacellato e sormontato da un lungo collo ad orlo svasato. Piccola fessurazione in una bacellatura. Leggere concrezioni calcaree ed iridescenti. Epoca II-III secolo d.C.. Dimensioni: h.cm. 10.
Provenienza:
dott. Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Expertise:
Beppe Berna, Bologna (I). 1997.
Catalogazione: AR 33/1997.

 

 

 

 

 

 

 

 

La soffiatura e il mondo romano.

 

L'avvento della tecnica della soffiatura, libera o combinata con l'uso di stampi, rivoluzionò l'industria vetraria e permise una vasta diffusione degli oggetti in vetro per la riduzione dei tempi tecnici di lavorazione e la possibilità di creare una grande varietà di forme in tempi brevi.
L'invenzione della canna da soffio avviene in ambiente medio orientale: la più antica testimonianza proviene da Gerusalemme in un contesto datato alla prima metà del I secolo a.C. La prima commercializzazione del vetro soffiato coincide con la conquista dell'Egitto (31 a.C.) e l'instaurazione del principato di Augusto alla fine del I secolo (27 a.C.-14 d.C.): fattori politici ed economici congiunti all'intensificarsi del commercio marittimo nel Mediterraneo e l'affinamento delle conoscenze tecniche, favorirono la capillare diffusione di manufatti soffiati nel mondo romanizzato, fino alla loro predominanza sui mercati nel corso del I secolo d.C.
La conquista dei regni ellenistici determinò un afflusso di ricchezze e di artigiani specializzati dal Mediterraneo orientale: maestranze ed officine vetrarie si stabilirono a Roma, in Campania (Cuma, Pozzuoli) e lungo la costa alto-adriatica (Aquileia), aree che da lunga data avevano intrattenuto rapporti commerciali con la Grecia e il Mediterraneo orientale. Un "vicus vitrarius" esisteva nei pressi di Porta Capena a Roma, un "clivus vitrarius sive unguentarius" era attestato a Pozzuoli, importanti centri di produzione si diffusero a oriente (costa Siro-palestinese) e a occidente del Mediterraneo (Avenches in Svizzera, Lione e Saintes in Francia), caratterizzati spesso da un linguaggio formale-stilistico comune.
Da prodotto riservato all'élite sociale, il vetro entra nella vita quotidiana di tutti i ceti accanto al vasellame ceramico e metallico di cui spesso imita le forme. Nella fase iniziale della produzione frequente è l'uso del vetro soffiato colorato ottenuto con l'addizione di ossidi metallici; dalla metà circa del I secolo d.C. prevale l'uso del vetro naturale di colorazione azzurra (foto 2) mentre verso la fine del I secolo si torna a prediligere il vetro incolore, sottile e trasparente (foto 3).

 

 


2. Esempio di ampolla-balsamario ovoide in vetro azzurro chiaro (fine I sec. d.C.).

 

 

 

3. Esempio di balsamario a corpo tronco-conico conformato a bulbo in vetro incolore (II sec. d.C.).

 


Le produzioni vitree del I secolo d.C.
Un campo particolare di applicazione della nuova tecnica della soffiatura è dato dalla classe dei contenitori per unguenti e balsami profumati, le "ampullae vitreae", che ebbero grandissima diffusione sia nelle province orientali che occidentali dell'impero nel corso del I secolo d.C. (foto 4) e determinarono la rapida scomparsa dei porta-unguenti ellenistici su nucleo friabile.

 

 


4. Selezione di balsamari in vetro blu a corpo globulare e piriforme, probabilmente dall'Oriente (prima metà I sec. d.C.).

 

 

I contenitori per unguenti e balsami.
La fase iniziale dell'attività produttiva interessa l'ambito siro-palestinese in un periodo compreso tra il 50 e il 25 a.C., diffondendosi a fine secolo anche nell'Italia meridionale (litorale campano). In età augusteo-tiberiana balsamari di piccole dimensioni piriformi, globulari e discoidali, dai colori decisi blu, giallo, viola sono prodotti in Italia settentrionale dalle officine di Aquileia (foto 6).

 

 

 

6. Balsamario colorato di piccole dimensioni (prima metà I sec. d.C.). 

 

 

Nel Canton Ticino e nelle aree ad occidente del Verbano si producevano contemporaneamente caratteristici contenitori per unguenti a forma di colomba e a corpo sferico in vetro multicolore (foto 9).

 

 


9. Balsamario conformato a colomba (prima metà I sec. d.C.).

 

 

Dipendenti dal repertorio formale fittile erano le anforette miniaturistiche con terminazione a punta (foto 11), frequentemente attestate tra i prodotti di Pompei e delle officine nord-italiche e l'"olla olearia" da palestra, l'"aryballos", munita di catenelle per la sospensione, legata alla frequentazione delle terme (foto 13). Successivamente, nel corso del I secolo, la produzione industrializzata di balsamari tubolari o a corpo tronco-conico e lungo collo per rallentare l'evaporazione del contenuto appare caratterizzata dalla ripetitività schematica delle forme e dalla uniformità cromatica del vetro azzurro. Nel novero dei contenitori impiegati per la cosmesi femminile vanno inoltre collocati i balsamari olliformi e le coppe a sacco realizzate in vetro comune, associate a bacchette in vetro colorato utilizzate per mescolare unguenti e prodotti per il trucco.

 

 

 

11. Anforetta balsamario (prima metà I sec. d.C.).

 

 

 

13. "Aryballos" con catenelle di bronzo (I sec. d.C).


 

Il vasellame da mensa e da dispensa.
Per le esigenze della mensa e della dispensa erano disponibili sul mercato contenitori di vetro di varia foggia e dimensione: bottiglie, olle, piatti, coppe e bicchieri accolti favorevolmente per la loro funzionalità e la loro impermeabilità. Alla produzione occidentale in vetro comune, generalmente azzurro, sono riconducibili le olle a corpo parallelepipedo e quelle ovoidali, di varia capienza, con o senza coperchio (foto 15), caratterizzate da anse plastiche: erano forme adatte alla conservazione dei cibi.

 

 

 

15. "Olla" con coperchio (I-II sec. d.C.).

 

 

Vini pregiati (Martial, Epigr. II, 40) potevano essere contenuti in anfore vitree di produzione campana o come il "garum" in un raro tipo di contenitore, un "amphoriskos" con beccuccio versatoio (foto 18), ma i recipienti più frequentemente utilizzati tra mensa e dispensa erano le brocche e le bottiglie coniche, cilindriche e prismatiche (foto 19-21). I contenitori monoansati a corpo cubico e parallelepipedo venivano preferiti nel trasporto per la loro facilità di stoccaggio: ricorrono nelle produzioni occidentali per lo più dell'Italia padana e nord orientale, ma sono frequenti anche in Oriente.

 

 


17. Anforetta ("amphoriskos") (I sec. d.C.).

 

 


18. "Amphoriskos" con versatoio conico (secondo quarto I sec. d.C).

 

 

 

19. Brocca biconica (I sec. d.C.).

 

 

 

21. Bottiglia monoansata (seconda metà-fine I sec. d.C).

 


Il vasellame da mensa traeva ispirazione dai contemporanei servizi in ceramica: le forme apode di piatti, analoghe alle patere della sigillata, ricorrono frequentemente nel primo secolo, realizzate in vetro comune azzurro e verde. Sono accompagnate da acetabula, piccoli contenitori di salse, di forma emisferica e di vari formati (foto 22).

 

 


22. Coppetta in vetro verdino trasparente (I sec. d.C.).

 


Il tipo di bicchiere più frequente nel corso del I secolo d.C. presenta corpo ovoide allungato, piede a disco e perdura a lungo con lievi variazioni (foto 24). Nel panorama uniforme del vasellame di uso quotidiano venivano prodotti anche servizi più raffinati per il tipo di vetro utilizzato, come il vetro colorato completamente opacizzato o il vetro obsianum imitante l'ossidiana (foto 25) di cui parla Plinio il Vecchio (Nat. Hist. XXXVI, 196).

 

 

 

24. Bicchiere carenato (II-III sec. d.C).

 

 

 

25. Coppetta in vetro 'obsianum' (prima metà I sec. d.C).

 

 

Il vetro di tradizione ellenistica.
Anche dopo l'avvento del vetro soffiato si continuò ad utilizzare nel corso del I secolo d.C. il vecchio metodo della colatura entro stampo e la modellazione su forma. Sulla scorta della tradizione ellenistica, nell'Italia centro-meridionale, che aveva recepito in tempi brevi e in forme autonome i nuovi stimoli provenienti dall'area orientale, si afferma la lavorazione del vetro monocromo e policromo a mosaico, nei tipi a reticello (foto 26), a nastri (foto 27-28), a millefiori (foto 30-31), marmorizzato e la più raffinata produzione a nastri d'oro con esemplari di pissidi e balsamari di lusso (foto 33).

 

 

 

26. Coppa a reticello (fine I sec. a.C-inizi I sec. d.C).

 

 


27. Coppa a nastri policromi (fine I sec. a.C-inizi I sec. d.C).

 

 


28. Piattino a nastri policromi (fine prima metà I sec. d.C).

 

 


30. Coppa in vetro mosaico composito (prima metà I sec. d.C.).

 

 


31. Pisside in vetro mosaico composito (inizi I sec. d.C.).

 

 


33. Balsamario in vetro a nastri d'oro (ultimi decenni I sec. a.C.-prima metà I sec. d.C).

 

 

 

34. Coppa costolata (metà I sec. d.C).

 


Anche la coppa costolata di origine siro-palestinese, in vetro mocromo (foto 34) e a mosaico, viene prodotta a partire dalla prima metà del I secolo, nelle regioni occidentali dell'impero; la versione in vetro comune verdazzurro, opera di svariate officine dell'Italia settentrionale, perdura per buona parte del I e del II secolo con importanti attestazioni in tutte le aree insediative. Queste produzioni di pregio interessano di frequente l'Italia cisalpina, da dove vengono esportate largamente verso le province transalpine (Locarno, Vindonissa, Treviri).
Anche in ambito orientale continua nella prima metà del I secolo d.C. la produzione di manufatti colati a stampo di raffinata fattura nel solco della tradizione, in particolare eleganti vasi potori monocromi, intagliati, rifiniti alla ruota, a imitazione di modelli metallici (foto 35).

 

 

 

35. Skyphos (prima metà I sec. d.C.).

 


Questa tecnica continua ad essere sfruttata per realizzare i medaglioni; a rilievo di membri della famiglia imperiale, le gemme ornamentali in pasta di vetro (foto 37) e per molti altri oggetti di piccole dimensioni, come perle e pedine da gioco (latruncoli). Intorno alla metà del secolo si esaurisce quasi completamente la produzione romano-italica di vetro policromo e monocromo colato, di notevole impegno realizzativo.


I "vitrarii" di Sidone e la soffiatura a stampo.
Dall'area del Mediterraneo orientale e, in particolare dall'ambiente siro-palestinese, andava diffondendosi la nuova tecnica della soffiatura a stampo che facilitava l'esecuzione di forme complesse decorate a rilievo. Nella fase iniziale di applicazione della nuova tecnologia, nel secondo quarto del I secolo d.C., si colloca l'attività del sidonio Ennione, raro caso di "vitrarius" che firma i suoi prodotti, per lo più raffinate coppe biansate, brocche, pissidi in vetro monocromo trasparente, ornate da baccellature e motivi fitomorfi stilizzati a rilievo, attestate in Grecia, in Israele e prevalentemente in Occidente, in particolare nell'Italia settentrionale.
Alla sua scuola sono da attribuire minuscoli recipienti, coppe, bottigliette e soprattutto balsamari baccellati con complessi motivi vegetali a rilievo che compaiono anche sulle cosiddette 'Sidonian flasks' e su produzioni più tarde di tradizione, che raggiungono la pianura Padana e le province occidentali.
Oltre alla figura del grande Ennione l'ambito medio-orientale è caratterizzato dalla presenza di molteplici scuole vetrarie di notevole livello tecnico (Aristeas, Artas, Jason) che hanno diffuso in occidente, ed in particolare nella penisola italica, non soltanto i caratteristici prodotti decorati a stampo ma anche i procedimenti tecnici e le maestranze specializzate. A questa produzione sono legate serie particolari di coppe e bicchieri dal significato agonistico-celebrativo, con scene gladiatorie e di circo.
Con il consolidarsi dell'attività produttiva i modelli realizzati nel Mediterraneo orientale furono riprodotti negli ateliers occidentali, con creative innovazioni formali e decorative: tra i vari tipi di recipienti vitrei soffiati a stampo nel corso del I secolo si distinguono bicchieri trasparenti con decorazione a 'boccioli di loto', a 'nodi' che richiamano il mito di Ercole o con motivi decorativi compositi come la rappresentazione di figure mitologiche entro strutture templari.
Con la stessa tecnica dell'impiego di matrici venivano prodotti recipienti a decorazione geometrica, particolari bottiglie a nervature elicoidali e semplici ed eleganti forme lisce. A produzioni orientali, ma egualmente diffuse in occidente nel corso dell'età imperiale, sembrano ricondurre le plastiche forme a tutto tondo di grappoli d'uva, datteri, pigne e di teste umane con funzione di balsamari.
La tecnica della soffiatura entro stampo inizialmente riservata a esemplari di pregio decorati a rilievo viene trasformata in produzione seriale per la realizzazione di bottiglie a corpo cubico, prismatico e cilindrico largamente presenti nelle varie province dell'impero, in particolare in Italia settentrionale, come attestano i bolli di Caius Salvius Gratus e di Sentia Secunda che produceva "Aq(uileiae) vitr(a)", rinvenuto a Linz.


I vetri d'ispirazione toreutica.
Contemporaneamente, accanto ad esemplari di maggiore impegno artigianale, venivano prodotti anche raffinati vetri soffiati d'ispirazione toreutica. Nella realizzazione del vasellame da mensa funzionale alla mescita e al consumo delle bevande si è fatto spesso ricorso all'imitazione di forme metalliche tardo-ellenistiche: si tratta per lo più di brocche in vetro colorato a corpo ovoidale e largo collo, con anse configurate in pasta vitrea associate ad eleganti forme di classica memoria ("skiphoi", "kantharoi", "askoi", "trullae", "modioli", "simpula", "ligulae", "gutti") o a forme inconsuete di "rhyta", corni potori semplici o a terminazione zoomorfa, per lo più di impiego rituale, prodotti dalle diverse manifatture attestate nelle province occidentali, nelle aree transalpine, nella pianura padana e nelle città vesuviane. La soffiatura rendeva inoltre possibile la creazione di forme originali e di curiose interpretazioni figurative.
Alla produzione orientale si possono attribuire, tra I e II secolo d.C., piatti e coppe in vetro incolore trasparente con prese laterali a festone, un motivo desunto dal vasellame in argento. La circolazione di questi prodotti seguiva le rotte mediterranee e la loro produzione, ripresa anche in Occidente, forse a seguito dell'attività di vitrarii itineranti, interessava anche l'Italia settentrionale.


I vetri decorati.
Emergono dalla grande massa di vetri prodotti per l'uso quotidiano alcuni manufatti di diversa tecnologia, spesso di notevole livello artistico, impreziositi da varie forme di ornamentazione. Un gusto particolare per la decorazione 'a macchia' e 'piumata' sembra caratterizzare in modo non esclusivo la produzione dell'Italia settentrionale e del Canton Ticino nel corso del I secolo. La decorazione a granulazioni policrome e monocrome, le macchie di colore e i filamenti variegati che compaiono su anforette e brocche a corpo biconico e olle, sono stati interpretati come il desiderio di imitare i più costosi vetri a mosaico e le venature delle pietre dure.
Al medesimo gusto sembra rispondere la produzione delle 'zarte Rippenschalen', coppe a baccellature sottili con filamenti in pasta vitrea avvolti a spirale concentrate nell'area Cisalpina orientale e occidentale nei territori danubiani e nella Valle del Reno. Il vetro cammeo, forse il più pregiato prodotto dall'arte vetraria antica, era un tipo di vetro a due o più strati sovrapposti, generalmente blu e bianchi, dalla complessa lavorazione, ispirato al repertorio figurativo di matrice ellenistica a tema dionisiaco. Gli esemplari conosciuti, di alto livello artistico (brocche, anfore, coppe, "skyphoi", patere, pannelli) prevalentemente di provenienza pompeiana, databili nella prima metà del I secolo, appartengono ad una produzione limitata, destinata ad una committenza di ceto elevato, talora anche imperiale, come nel caso del vaso Portland e dell'anfora con gli amorini vendemmiatori da Pompei, il cosiddetto Vaso blu.
Alla creatività del mondo orientale si ricollega la produzione dei vetri dipinti. In questo ambito si collocano manufatti di eccezionale rilievo come la serie di coppe e di "amphoriskoi" della prima metà del I secolo d.C. a soggetto naturalistico con motivi decorativi zoomorfi (uccelli su tralci di vite, anatre, gazzelle, pernici, battaglie fra pigmei) di tradizione ellenistica e di gusto alessandrino, diffusi sia nell'area mediterranea (Egitto, Algeria, Grecia) e lungo le coste del Mar Nero che nell'Italia settentrionale e nelle province transalpine (Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra). L'alto numero di ritrovamenti in Occidente ha fatto supporre l'esistenza di una probabile produzione nell'Italia settentrionale atta ad approvvigionare il mercato occidentale.
Un bicchiere a depressioni della fine del I secolo d.C., ritrovato ad Aosta (Italia), con rappresentazione di una figura dipinta -probabilmente un atleta-giocoliere- di produzione alessandrina, sembra costituire il precedente tipologico e stilistico dei più tardi bicchieri di Begram, in Afghanistan, di origine egiziana. Manufatti dipinti con scene di genere naturalistico o mitologico diffusi in Occidente, esprimono, nella continuità delle relazioni di scambio est-ovest e della emigrazione di artigiani, il predominio dei prodotti di pregio di provenienza orientale, circolanti tra II e IV secolo d.C. La produzione occidentale di manifattura renana, caratterizzata da esemplari a soggetto animalistico, per lo più combattimenti di animali feroci nell'arena, ha inizio a partire dal III secolo d.C. e perdura sino al IV d.C. inoltrato.
A partire dalla metà del I secolo d.C. si diffondono vasi di grande raffinatezza, in vetro intagliato ricavati sia da fusioni a matrice, sia soffiati liberamente o in stampo, ornati da motivi vegetali (fiori di loto, rosette, foglie lanceolate), animali (conchiglie cefalopodi) e geometrici. Questa tecnica perdurerà a lungo e caratterizzerà i prodotti di pregio della media e tarda età imperiale.


L'impiego funzionale del vetro.
A partire dal I secolo d.C. il vetro viene utilizzato con maggior frequenza anche nel campo dell'architettura: le lastre di vetro da finestra, ottenute col metodo della colatura, venivano montate su telai di legno ed utilizzate negli edifici pubblici, principalmente nelle Terme e nelle ricche domus private. L'invenzione della soffiatura incrementò nel corso del I secolo l'uso del vetro piano a scopo funzionale e decorativo. Le lucerne e le lanterne, manufatti di uso quotidiano, attestano l'impiego del vetro anche nel campo dell'illuminazione. Legati ai processi di distillazione nel mondo romano erano vetri 'da laboratorio' come i cosiddetti provini 'da vino' e le fiale fusiformi.


Il vetro nella media e tarda età imperiale.
Verso la fine del I secolo d.C. si verificò un nuovo cambiamento di gusto che portò a prediligere il vetro incolore, sottile e trasparente. Questa preferenza coinvolse le produzioni di vetro più corrente, dagli unguentari ai recipienti di uso domestico, sia in Oriente che in Occidente.


I contenitori per unguenti e balsami.
Nel corso del primo secolo e più ancora nel successivo la produzione di unguentari comuni a corpo troncoconico assume nuove caratteristiche morfologiche. Il corpo si appiattisce a vantaggio del collo che si allunga, i balsamari a bottiglia conoscono una grande diffusione. Oltre ai balsamari a corpo bulbiforme e al tipo a candeliere coesistono modelli particolari caratterizzati dal corpo a depressioni o a forma lenticolare di produzione gallo-renana. Prove del controllo della produzione di balsami e unguenti da parte della casa imperiale sono i bolli a stampo o ricavati da conii monetali che compaiono sul fondo di alcuni tipi di contenitori. Tra II e III secolo d.C. vengono prodotti in oriente balsamari cefaloformi a faccia singola o doppia con raffigurazione di Dioniso o di Medusa; ancora soffiati a stampo sono flaconi di III secolo con decorazioni geometriche schematiche.
Spesso gli unguentari contenevano preparati farmaceutici: di uso farmacologico specifico, le bottiglie cosiddette 'mercuriali', spesso contrassegnate da marchi, erano diffuse in ambito occidentale e in particolare in area gallo-renana. Anche le bottiglie cubiche (Isings 50) sono state utilizzate per contenere medicinali, come lascia intravvedere il contesto di ritrovamento di Murecine (Pompei).
L'esuberanza decorativa che caratterizza gli ateliers occidentali, soprattutto della valle del Reno, si rileva anche in una produzione tipica delle vetrerie siro-palestinesi di epoca tardo-antica come gli unguentari a corpo doppio e multiplo ornati da estrosi filamenti a spirale o zig-zag. La fantasia degli artigiani si manifesta anche nella tipologia dei contenitori di piccole dimensioni per cosmetici o per medicinali, come le bottigliette variamente decorate e le ollette ornate da filamenti di colore contrastante, applicati a zig-zag in rilievo. In epoca tardoantica, con l'avvento della religione cristiana, le ultime forme di unguentari a corpo fusiforme allungato caratterizzano le sepolture del clero o sono comunque da collegare alla celebrazione dei nuovi riti. Legati alla pratica dei pellegrinaggi alcuni oggetti diventano, per il loro contenuto o per la loro provenienza, articoli devozionali.


Il vasellame da mensa.
A partire dal I secolo d.C. erano sorte in ambiente provinciale attività produttive che nel corso del II secolo avevano sviluppato caratteri autonomi di fantasia e abilità tecnica. L'estrosità di Colonia si era applicata a forme tradizionali, riplasmandone proporzioni e decorazioni. Si impone una produzione commerciale di uso corrente diversificata: bottiglie, piatti, bicchieri trasparenti e leggeri, perlopiù in vetro incolore con sfumature verdastre o azzurrognole, soffiati a stampo o modellati a mano libera.
Nel corso del III-IV secolo la diffusione dei prodotti vitrei diminuisce sensibilmente per mutate condizioni economiche e per cambiamento del gusto corrente. Si privilegia un ristretto numero di forme legate alle funzioni della mescita, soprattutto bottiglie, fiasche e bicchieri dalle linee essenziali. Si riversano sui mercati occidentali e padani i manufatti delle vetrerie renane di concezione più complessa, arricchiti da decori plastici e filamenti, oggetto di imitazione.
Lo spostamento della capitale da Roma a Costantinopoli segna una linea di rottura nella omogeneità della produzione romana del vetro: emergono i caratteri regionali diversificati dal punto di vista tecnico e formale con una commercializzazione limitata a mercati più ristretti. Accanto a forme strettamente funzionali, come le lampade vitree triansate, bicchieri, lampade, si diffondono esemplari di eccezionale raffinatezza destinati ad una ristretta élite. Continua inalterato anche l'uso di elementi di ornamento personale.


I vetri incisi.
Con il vetro incolore si diffonde il concetto di trasparenza che consentiva all'intagliatore di sfruttare le proprietà del vetro, sfaccettando e incidendo le superfici dei recipienti. La natura suntuaria del vetro inciso è rappresentata da prodotti decorati con sfaccettature a sbalzo desunte da modelli metallici: si tratta di prodotti di origine orientale di raffinata fattura caratterizzati dall'uso di un vetro trasparente monocromo opportunamente decolorato. Verso la fine del I secolo d.C. sui mercati d'Italia e delle province occidentali fanno la loro comparsa impegnativi servizi da tavola: il motivo 'a favo d'ape' è riprodotto su grandi vassoi da portata, tondi e ovali, raramente su brocche trilobate, più frequentemente invece su bicchieri di forma troncoconica (Isings 21).
Alla fine del II secolo d.C., l'estrema semplificazione del motivo inciso, risolto talora anche in chiave disegnativa, compare su piatti e coppe mentre semplici fasce di linee incise o cerchi concentrici ornano il corpo delle bottiglie. Tra la fine del II e la prima metà del III sec. d.C. sono attestate importanti produzioni renane e orientali come il "Lynkeus cup" (coppa di Linceo).
Accanto a semplici decorazioni di tipo geometrico non mancavano rari vetri di eccezionale pregio ornati da elementi figurativi ad intaglio, i cosiddetti 'vasa diatreta', celebrati da Marziale per il loro valore (Epigr. XII, 70), come la "lanx" (vassoio) in vetro blu da Albenga decorata da una coppia di eroti bacchici, datata tra la fine del I e l'inizio del II sec. d.C. e la più tarda coppa scena dionisiaca.
Filamenti e spirali adornano i balsamari ispirati a sagome di botticelle, decorano con foglie di edera colorate le superbe di brocche in vetro trasparente; di grande effetto l'uso di filamenti serpentiformi. Il motivo decorativo dei bolli policromi, rielaborato in ambito renano, si diffonde rapidamente nell'area padana e nel territorio italico. L'applicazione di gocce, in genere di colore blu, fanno la loro comparsa sui vetri di epoca tarda: bolli isolati o a gruppi punteggiano le forme di brocche, bicchieri e calici.
La decorazione a figure intagliate e incise era rara in questo periodo: è appunto negli esemplari decorati che i diatretari eccelsero e raggiunsero un alto livello qualitativo e formale. Tra i prodotti più notevoli del IV secolo con decorazione figurata si ricorda la situla del Tesoro di S. Marco, in vetro purpureo, azzurro, traslucido, fuso, molato e intagliato alla ruota con la rappresentazione di Dioniso e le figlie di Minia e la famosa coppa di Licurgo, in vetro cangiante verde opaco-rosso traslucido, con fregio figurato rappresentante l'atroce morte del re tracio.
Dopo l'esperienza ellenistica, soltanto verso la fine del IV secolo d.C. riprende la produzione di vetri dorati a Roma e in Renania. Sono prodotti distintivi di un ceto sociale elevato e per i soggetti rappresentati, di repertorio dionisiaco, sono connessi ai temi conviviali del simposio. La produzione romana di ambito urbano privilegia temi religiosi legati all'uso funerario. Al gruppo dei 'fondi d'oro' appartengono esemplari che abbinano ritratti di coniugi togliere queste due parole in posizione centrale o figure di santi o gli Apostoli Pietro e Paolo. Ad una officina operante in Roma appartiene anche il bicchiere dorato di Aosta della fine del IV secolo, con raffigurazione di santi e apostoli, avvicinati a coppie e identificati dalle iscrizioni. Un raro esemplare di coppa con decorazione figurata a foglia d'oro proviene da Spinetta Marengo (Alessandria): rappresenta una scena allegorica ispirata al tema della caccia regale del mondo partico-sassanide e a motivi cristiani. Con la caduta dell'Impero Romano di Occidente si conclude l'esperienza vetraria romana: in Oriente perdurerà a lungo l'attività produttiva e sperimentale mentre in Italia, Gallia, Renania si attivarono le basi di nuove produzioni.
Una produzione caratteristica della tarda antichità è quella delle preziose coppe diatrete, dette anche 'coppe a gabbia' (cage cups), destinate ad una ristrettissima élite nell'ambito dei funzionari e dei notabili collegati con la corte imperiale: si tratta di rari e preziosi vasi potori con scritte augurali inneggianti al bere, utilizzati nei banchetti come recipienti per il vino, prodotti a Colonia o nell'Italia settentrionale nella prima metà del IV secolo d.C. Diffuse in area renano-danubiana (Colonia, Pannonia, Treviri), celeberrimo esemplare di questa produzione è la 'coppa Trivulzio'. Non infrequente è l'uso di queste coppe, soprattutto se di forma emisferica e munite di collarino, come lampade o lucerne. (Rosanna Mollo, Patrizia Framarin)