Iran. Sigilli.

 

 

 

 

 

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Iran. Sigillo.
Sigillo in steatite nera a forma di bottone a motivo floreale con 6 petali tratteggiati. Epoca V-IV millennio a.C.. Dimensioni: diam.cm.1,5. (foto 1)
Provenienza:
Sotheby's, 21 giugno 1997, nr.5.
collezione Balit (NL).
galleria Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Expertise:
Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Catalogazione: AR 9/2009.

 

 

 

 

 

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Iran. Sigillo.
Sigillo in steatite nera di forma pseudo-rettangolare con incisione a motivo di losanga. Restauro all'occhiello. Epoca V-IV millennio a.C.. Dimensioni: cm. 2x2,3.
Provenienza:
Sotheby's, 21 giugno 1997, nr.5.
galleria Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Expertise:
Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Catalogazione: AR 8/2009.

 

 

 

 

 

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Il sigillo nell' antichità (dalla civiltà mesopotamica alla greca-ellenistica).

 

Per chiarire il vasto ciclo storico del sigillo è necessario un breve excursus sulla sua origine e sull'evoluzione nel corso dei millenni.
Come è noto, nelle antiche civiltà il suggello fu importante strumento di chiusura e di garanzia dei documenti, fu efficacissimo, anzi unico mezzo di convalidazione di leggi, di decreti, di contratti, di lettere, ed anche segno di riconoscimento personale. Tali caratteri e funzioni del sigillo si tramandarono da un popolo e si svilupparono nel volgere dei tempi, sicché il sigillo andò configurandosi sempre più come simbolo ed espressione dell'autorità, ed altresì come elemento giuridicamente insostituibile nei rapporti contrattuali tra privati.
E secondo il diverso livello di cultura e di raffinatezza dei vari popoli assunse anche pregi d'arte, talora notevoli. Sotto l'aspetto dei caratteri stilistici i sigilli si qualificano per i loro valori ed interessi figurativi ed espressivi, emblematici, simbolici, oppure storici e documentari, nel campo civile come in quello religioso.
Vi sono sigilli-matrici di metallo -i più frequenti- ed altri di pietre dure o preziose, intagliate. Queste ultime sono studiate dalla glittica, che ha scopi prevalentemente descrittivi, mentre la sigillografia si occupa di tutti i sigilli-matrici, sia di pietra che di metallo, e ne esamina non soltanto l'aspetto formale e artistico, bensì l'uso, la legislazione, ecc.
Sono frequenti le correlazioni della tematica e dei modi di lavorazione delle monete e dei sigilli, perché sovente i medesimi artisti ci incisero tanto i coni per la monetazione quanto i tipari dei sigilli. L'uso delle figure nei sigilli delle epoche più remote è dovuto al fatto che i popoli antichi avevano maggior familiarità col linguaggio delle immagini che con la scrittura.
I più vetusti sigilli furono intagliati in pietre dure, cui molti annettevano virtù magiche, sicché talvolta il sigillo fu tenuto anche in funzione di amuleto: si credeva che, come la pietra doveva proteggere la persona che la portava al dito, così la relativa impronta -in argilla, in cera od in altra materia- ne derivasse e conservasse qualche occulto potere, per ostacolare gli eventuali falsificatori oppure per costituire un'imprecazione o una maledizione contro di essi. Le pietre erano montate su anelli.
E si può dire che l'usanza di suggellare per mezzo di anelli è tanto antica che alcuni studiosi furono indotti a chiedersi se la pietra sigillare sia stata adottata come ornamento dell'anello, ovvero se l'anello sia stato fatto per custodire nel miglior modo il sigillo.

 

I sigilli nella civiltà mesopotamica.
La sfragistica dei territori mesopotamici, dalla protostoria fino al primo millennio avanti Cristo, ha un aspetto singolare, in quanto non deriva dal repertorio tematico della scultura. I soggetti iconografici sigillari, ininterrottamente documentati, sono quasi del tutto indipendenti dalla grande arte scultorea.
Nella prima metà del IV millennio a.C. appare nelle regioni nord-mesopotamiche il tipo di matrice di pietra per sigillo, con base piatta che reca incisi fregi geometrici a reticolato; sono rare le scene con animali, che invece si diffonderanno nel periodo seguente. Alla fase detta di EI-'Obeid, poco posteriore, appartengono oltre seicento sigilli -matrici ed impronte- in cui si trova talvolta la figura umana, specialmente nella scena dell'eroe che vince gli animali.
Nel periodo di Uruk s'incontrano i primi suggelli con la nuova, singolare forma cilindrica, che diverrà la caratteristica fondamentale -ma non l'unica- dei sigilli mesopotamici. È un concetto affatto nuovo dell'impiego del sigillo: invece d'imprimere la creta o la cera con un tipario piatto, si fa scorrere sulla materia molle il cilindro, ottenendo una lunga impronta rettangolare. Questo sistema di sigillatura è ovviamente adatto per tavolette d'argilla, ma non per documenti di papiro o di altra materia flessibile, perciò ebbe larghissima fortuna nelle civiltà mesopotamiche, ma non presso quei popoli che usarono altre materie scrittorie.
È stata identificata una grande scuola sfragistica ad Uruk, che corrisponde ad una fervida attività costruttiva nella "zona sacra" di Eanna e può anche considerarsi una conseguenza dell'alto grado di prosperità raggiunto dalle città-stato sumeriche. I cilindri vengono intagliati con grande bravura compositiva: vi appaiono file di animali incedenti in colonna, contrapposizioni di figure zoomorfe, scene di culto presso templi, battaglie, ma sussistono i vecchi temi decorativi, con fiere avvinte per le code ed altro. Più tardi, intorno alla metà del II millennio, si notano schemi piramidali di figure in lotta, animali e mostri fantastici, e s'incontrano le prime iscrizioni. La fase accadica presenta una ricca e varia serie di cerimonie rituali, di scene mitologiche, e una più netta delineazione delle molte divinità del pantheon nazionale.
Il periodo neosumerico (2050-1950 a.C.) è di decadenza; prevalgono le epigrafi e le raffigurazioni di offerte alle divinità. Con la prima dinastia babilonese l'arte del sigillo diviene accademica, ma affiora nel vecchio repertorio una soggettistica nuova, derivante dalla cultura della Siria e di altre regioni attigue.Le pietre incise assire, babilonesi e di popoli vicini presentano iscrizioni in caratteri cuneiformi, effigi di re, immagini di numi o d'eroi in lotta con mostri, grifoni che assalgono cavalli. Una delle più curiose pietre assire, che risale al 700 circa a.C., reca una figura umana alata che tiene con le mani due struzzi; la iscrizione, tradotta, dice: sigillo di Ursana, re di Musacir e di Urabti, pietra che come un serpente sulle montagne apre la sua gola.

 

L'Iran protostorico. La civiltà dell'Indo.
I primi tipari da sigillo iranici sono anteriori agli esemplari mesopotamici; hanno forma ora di piramide, ora di cono, di mezza sfera, sempre con base piatta recante l'intaglio; in un secondo tempo appare il cilindro, che porta maggior varietà di soggetti. La tematica si ispira al culto delle divinità, alla fertilità della terra, agli animali; vi sono numi antropomorfi, il sole e la luna, l'eroe che domina le fiere, le deità infernali rappresentate in forme animalesche.
Nel periodo accadico la produzione sfragistica di Susa tende ad uniformarsi a quella mesopotamica. Oltre alle pietre, si usarono per sigilli anche formelle di maiolica e di pasta vitrea. Nella fase detta del Luristan si trovano matrici ad anello, con croci le cui braccia sono alternate con rami, oppure con steli a cinque rami terminanti a palla, come i fiori del dattero, ecc.. Nella civiltà dell'Indo i sigilli sono di pietra, con iscrizioni e figure: il toro unicorno, l'uomo forte che soggioga le tigri, ecc. Al secolo XIX a.C. appartengono alcuni sigilli di rame, a scomparti.
Scendendo al secolo IV ed al III s'incontrano sigilli di pietra nera o di vetro, di corniola, di terracotta a foggia di scarabeo, probabilmente imitata dall'Egitto; presentano per lo più il leone, solo o con altri animali. Una corniola con Eros e Psiche è evidentemente importata dal mondo ellenico. Altri tipi, alquanto rozzi, che giungono fino al I secolo, recano simboli sacri, svastiche, conchiglie, ruote. Più tardi s'incontrano battaglie, scene di caccia, animali sacri.


 
Il sigillo presso gli Egizi.

Dell'uso del suggello presso gli Egizi si hanno varie notizie: il già ricordato episodio biblico del Faraone che conferiva a Giuseppe l'anello come simbolo del potere, il racconto riferito da Erodoto del Faraone derubato d'una parte del suo tesoro, sebbene fossero rimasti intatti i sigilli appostivi, sono tra le più antiche menzioni dell'argomento. Gli scavi recenti hanno portato alla luce un numero notevole di pietre incise, alcune delle quali hanno carattere ornamentale, ma parecchie sono sigilli. Contrariamente a quanto avvenne presso altri popoli mediterranei -ove sembra che il sigillo sia apparso prima dell'adozione della scrittura- la produzione sfragistica egizia presenta fin dall'origine una fisionomia prevalentemente epigrafica.
Nell'epoca pre-dinastica s'incontrano alcuni cilindri di fattura o di derivazione mesopotamica, che s'inquadrano nell'ambiente delle relazioni artistiche fra le due culture, Il cilindro continua ad avere fortuna con la prima dinastia, ma -essendo naturalmente più idoneo alla sigillatura di tavolette di terracotta che non di documenti papiracei- va in disuso col diffondersi della nuova materia scrittoria. Perciò nel Medio Regno trionfa il suggello piatto, a forma di scarabeo, che diviene la tipica foggia della matrice egiziana.
Si tratta di pietre dure, che recano sovente la figura tradizionale dello scarabeo sacro, da cui hanno poi preso nome; alcune invece, pur avendo il contorno dello scarabeo, presentano scene allegoriche con iscrizioni, ad esempio quella col nome del Re Thutmès II e con l'allegoria della forza vittoriosa. Vi sono anche anelli d'oro con iscrizioni geroglifiche; in uno di questi si credette di ravvisare il sigillo d'un alto funzionario del re che fondò la grande piramide. Gli Egizi suggellavano i fogli ed i rotoli di papiro od i cordoni che li legavano, si servivano dei sigilli anche per chiusura di forzieri, di porte, ecc.. Avvenne che alcune categorie di funzionari, ad esempio i capi amministrativi di villaggi, possedessero due diversi sigilli, uno dei quali convalidava gli atti di pubblico interesse ed utilità: bandi, norme, rendiconti di amministrazione, l'altro serviva per l'epistolario privato, ovvero per garanzia di sicurezza di casse, di locali, ecc..

 


Il sigillo presso gli ebrei, nell'Asia minore, in Siria.
Nella Sacra Scrittura si contano a centinaia le citazioni dei sigilli, ora in significato proprio, ora in funzione di allegoria. Dati i limiti di questa introduzione, ne cito soltanto qualche saggio.
Nel Genesi c.38 si legge che Giuda, figlio di Giacobbe, lasciò il suo anello-sigillo in pegno a Thamar. Dal Libro di Tobia, I,22, si apprende che "Achicar era coppiere e preposto al sigillo, gran contabile e sovraintendente generale" (si tratta di un ebreo che aveva tale carica presso il re Assaraddon, 681-668 a.C., durante la cattività). Geremia (c.33) informa che dei contratti civili si facevano due copie, l'una, aperta, restava nelle mani dell'acquirente, l'altra, sigillata, veniva depositata in luogo sicuro. In Ester (III,10,12, VIII,3,8) si parla del Re Asuero che diede l'anello ad Aman, poi lo ritolse c lo affidò a Mardocheo; si citano lettere suggellate con l'anello reale, ecc.
Ed ecco qualche saggio dell'uso del termine sigillo in senso figurato. Narra l'Ecclesiaste che Aronne portò il "razionale del giudizio" (pettorale del sommo sacerdote) ornato di pietre preziose intagliate a mo' di sigillo, ciascuna col nome di una tribù d'Israele. Iddio gli pose una corona d'oro sulla tiara, improntata col "sigillo della consacrazione" (45,12-14). Dal c.49 si apprende che Zorobabele fu come un sigillo nella mano destra. Nell'Apocalisse si legge, fra l'altro: "Il libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli"; (4,5) "gli uomini che non hanno il sigillo di Dio sulle loro fronti" (8,9).
Il patrimonio sfragistico fenicio ed israelitico ha un repertorio povero e monotono: insieme con le residue figurazioni di tipo assiro-babilonese -il personaggio in lotta con animali favolosi- appaiono sfingi, grifoni con ali stilizzate, scarabei alati, divinità egiziane, talvolta corredate col nome del proprietario del sigillo. La produzione sfragistica dell'Asia Minore e della Siria risente una forte influenza della cultura mesopotamica e ne riecheggia la tematica fondamentale.
Però nei sigilli siriani del III millennio appaiono taluni elementi locali: fregi di animali, il cerchietto punteggiato, la spina di pesce che separa due parti del sigillo, e che nel millennio seguente si trasformerà nella treccia. In Cappadocia la gravitazione della sfragistica va evolvendosi nel II millennio dall'ambito dei modi mesopotamici verso un repertorio autonomo: compaiono il dio dell'atmosfera, la dea che si denuda, le scene con carri, ecc.
A poco a poco si delineano tre scuole locali di glittica, con variazioni tipologiche che rivelano influssi egiziani, mesopotamici, ebraici. C'è anche un ceppo sfragistico detto di Nuzi o mitannico, che usa il trapano per l'incisione e che tende, mediante un decorativismo ed una stilizzazione accentuata, a ridurre le figure ad arabeschi. Successivamente l'influenza egiziana prevale, declina l'uso del cilindro e si diffonde lo scarabeo.

 

Il sigillo nella civiltà cretese-micenea e in quella greca ed ellenistica.
Se nelle antiche civiltà le pietre dure furono intagliate con notevole finezza, in Grecia l'incisione si perfezionò ancora e divenne vera opera d'arte. La civiltà cretese-micenea possedette il sigillo fin dall'origine. Esaminando 1a produzione di numerosi anelli e pietre incise, cammei e sardoniche, si possono valutare i pregi ed i caratteri figurativi di quei sigilli. Raramente vi appare la immagine del nume, spesso ne sono espressi i simboli. Neppure si trovano immagini di re, né l'uomo (al lavoro, in lotta con animali, ecc.). Sono invece frequenti le raffigurazioni del mondo naturale: animali, piante.
Uno stupendo anello-sigillo di Micene del secolo XVI a.C. presenta due grifoni; un esemplare tardo elladico del secolo XII a.C. reca una capra stilizzata, altri hanno pesci e animali marini, uno solo porta le figure di Heracles e Nereo (e con questo giungiamo al VII secolo a.C.). Un sigillo cretese, verso il 1800 a.C., reca quattro foglie stilizzate disposte a croce. Dopo una parentesi dovuta alla fine del ciclo cretese e miceneo, il sigillo riprende il suo valore col fiorire delle città-stato greche, tra l'VIII ed il VII secolo a.C. Le pietre incise di quell'epoca richiamano la tematica e la stilistica delle monete auree contemporanee: la sfinge di Chio, il caprone, la scrofa simbolo di prosperità, il cavallo, la mucca col vitello, la civetta con Athena. (La civetta diviene allora l'insegna più diffusa della città di Atene).
Dalla letteratura dal V secolo in avanti si desumono ragguagli sul sigillo ufficiale dello Stato, su quelli dei più alti funzionari, magistrati, sacerdoti. Presso i Greci l'anello sigillare era riservato a persone insignite di cariche importanti, e serviva per autenticare editti, decreti, ordini, per far fede di pubblica autorità o di onorifica. Una legge di Solone vietava che gl'incisori ritenessero presso di sé il tipo di un sigillo venduto, affinché non potessero fare falsificazioni. Sotto Alessandro Magno ed i diadochi assunse ulteriore importanza il suggello del monarca, intagliato in pietra preziosa. Con Tolomeo III e con altri si ebbero sigilli di Stato in forma di anelli d'oro, con ritratti, e a poco a poco la glittica ellenistica adottò come motivo preferito le immagini di personaggi; in uno scavo sono state trovate trecento impronte con i ritratti di vari sovrani della dinastia; sono stati pure reperiti molti anelli d'argento e di bronzo con sigilli-ritratti.