Egitto. Tit.

 

 

 

 

 

 

 

 

Egitto. "Tit".
Amuleto in diaspro rosso con anello di sospensione parte superiore. "Tit" era la raffigurazione della cintura di Iside, ma rappresentava anche il sangue mestruale, era fatto con corallo, corniola, vetro o diaspro rosso. L'amuleto prima di essere indossato doveva essere consacrato con una cerimonia religiosa che prevedeva l'immersione dell'oggetto magico in acqua e fiori di "ankham" (si pensa sia una varietà di profumatissimo gelsomino). All'interno delle bende delle mummie questo amuleto è stato ritrovato all'altezza dei polmoni, del cuore o della cintura del defunto, anche il Libro dei Morti ricorda questo talismano: "Il sangue di Iside sia così potente da agire per proteggere questo essere grande e divino, e risparmiargli il contatto di esseri che gli ispirano orrore e disgusto". Periodo Saite, XXVI dinastia, 664-525 a.C. 26th dinastia. Dimensioni: h. cm.2,05.
Provenienza:
Dominique Thirion, Bruxelles (B), 2010.
Expertise:
Dominique Thirion, Bruxelles (B), 2010.
Catalogazione: AR 3/2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tiet (o tit) era un potente amuleto egizio comparso durante il Nuovo Regno, che assicurava protezione in vita e nel corso del viaggio verso l'aldilà, connesso al culto di Osiride e chiamato in origine anche Nodo di Seth o Nodo della vita. Il nodo come simbolo magico, egizio e non, rappresenta un punto di convergenza tra le forze umane e quelle divine e ciò che veniva legato dai maghi egizi su questa terra lo sarebbe stato anche in cielo.
Citato nel Libro dei morti -cap. 156- l'amuleto doveva essere portato al collo per ottenere la protezione di Iside della quale rappresentava la magia ed il sangue. Era perciò realizzato in pietra rossa come il diaspro ma anche in oro che restava sempre il metallo più ambito.
Il tiet era molto simile all'ankh, ma con le braccia rivolte verso il basso e secondo la tradizione egizia doveva essere purificato con l'acqua profumata di un fiore chiamato ankham, forse identificabile con il gelsomino egiziano dall'intenso profumo. Successivamente veniva "caricato" dei suoi poteri dai sacerdoti e dalle sacerdotesse del culto di Iside mediante riti molto particolari.
Il simbolo veniva usato spesso nella decorazione di tombe, nei bassorilievi e nei corredi funerari in unione al "pilastro djed", simbolo di stabilità connesso ad Osiride.
A partire dal Nuovo Regno, l'amuleto si trasforma in nodo nel vestiario raggiungendo la massima diffusione nel periodo tolemaico-romano. Seguendo percorsi ancora non ben identificati, questo simbolo si è trasmesso dall'iconografia classica a quella sacra medievale e rinascimentale: basti citare la "Madonna del parto con due angeli e due donatori" di Rossello di Jacopo Franchi (1377-1456), oggi a Firenze, Museo di Palazzo Davanzati, oppure la "Madonna della Misericordia", di Piero della Francesca (1416-1492), oggi a Sansepolcro, Museo Civico, o anche "Madonna con Santa Maria Maddalena e San Giovanni Battista" di Andrea Mantegna (1431-1506), oggi a Londra, National Gallery.
Questo nodo aveva la forma dell'amuleto, poteva essere fatto alla cintura oppure alle stole dove, usando gli angoli superiori, si formava un cappio che doveva trovarsi esattamente tra i seni mentre ai lati del nodo pendeva ciò che restava degli angoli usati. 
Per realizzare il nodo di Iside, si doveva procedere così:
-prendere una stola molto grande e leggera, posizionarla davanti alla propria persona tenendo l'angolo superiore A lievemente arrotolato e passarla sotto il seno sinistro
-girare la stola completamente intorno al corpo, dietro, dal lato sinistro;
-davanti in mezzo ai seni, e ben aderente al corpo, fare un cappio, ben fatto e di giusta misura con l'angolo superiore B sempre leggermente arrotolato;
-girare l'angolo superiore A per tre volte intorno al cappio e rimboccarlo.
Esistono versioni più complesse del nodo, ma richiedono una notevole quantità di stoffa. Può essere usato, nella maniera più semplice anche un nastro. Il tiet o nodo di Iside raggiunse la massima diffusione proprio quando arrivarono i dominatori stranieri e la civiltà egizia iniziava così il suo implacabile declino. L'antico popolo della valle del Nilo si rifugiò per mantenere parte della propria identità nella religione e nella magia, uniche cose che gli appartenevano e che gli avevano donato millenni di gloria.