Egitto. Scarabei.

 

 

 

 

 

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Egitto. Scarabeo.
Scarabeo in steatite bianca, con la parte inferiore incisa con tre spirali a "S". Epoca Regno Medio. XI dinastia, 2134-1991 a.C.. Dimensioni: cm.1,5.(foto 1).
Provenienza:
galleria Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Pubblicazioni:
"Scarab seals I", W.A.Ward, plate IX, pag.248.
Expertise:
Mieke Zilverberg, Amsterdam (NL). 2009.
Catalogazione: AR 7/2009.

 

 

 

 

 

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Egitto. Scarabeo.
Scarabeo in osso. Epoca II intermedio, 1783-1532 a.C.. Dimensioni: cm. 2,15.(foto 2).
Provenienza:
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2010.
Expertise:
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2010.
Catalogazione: AR 18/2009.

 

 

 

 

 

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Egitto. Scarabeo.
Scarabeo in steatite finemente inciso sul dorso. Iscrizione sulla parte inferiore di Nefer - Sa - Imn(Ammon). Epoca Nuovo Impero, 1552-1070 a.C.. Dimensioni: cm.1.(foto 3).
Provenienza:
antica collezione Parigi (F).
Arteas, Londra (GB). 2010.
Expertise:
Laura Bosc, Parigi (F). 2010.
Catalogazione: AR 23/2010.

 

 

 

 

 

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Egitto. Scarabeo.
Scarabeo in steatite finemente inciso e con iscrizioni geroglifiche sulla parte inferiore. Epoca II Intermedio, 1783-1532 a.C.. Dimensioni: cm.1,9.(foto 4).
Provenienza:
antica collezione David Brennan.
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2016.
Expertise:
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2016.
Catalogazione: AR 32/2016.

 

 

 

 

 

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Egitto. Scarabeo.
Scarabeo in steatite smaltata finemente inciso con nella parte inferiore iscrizioni geroglifiche: "Amon-Ra è la forza di ciascuno". Epoca Nuovo Impero, 1551-1070 a.C.. Dimensioni: cm.1,35.(foto 5).
Provenienza:
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2017.
Expertise:
Dominique Thirion, Bruxelles (B). 2017.
Catalogazione: AR 39/2017.

 

 

 

 

 

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Introduzione allo studio degli scarabei-sigillo.


Gli scarabei egizi sono minuscole sculture che riproducono l'insetto vero, principalmente, ma non esclusivamente, lo Scarabeo sacro (Scarabaeus sacer L.) per lo più rispettandone le caratteristiche morfologiche e le dimensioni. Dal punto di vista del ciclo biologico, l'insetto si nutre di sterco di grandi mammiferi erbivori. Dopo averlo foggiato a forma di palla, talvolta di dimensioni superiori al suo corpo, lo immagazzina in gallerie da esso stesso scavate sotto le deiezioni, facendolo rotolare con le zampe posteriori verso la tana sotterranea. Inoltre lo scarabeo si distingue per la sollecitudine che dimostra verso la prole: dopo aver formato masserelle di sterco, probabilmente ovino o caprino, a forma di pera, la femmina vi deposita un solo uovo affinché la larva, alla schiusa, possa disporre immediatamente di cibo e, nel giro di circa quattro mesi, emergere dal terreno come insetto perfetto. Questo comportamento non sfuggì agli antichi egizi, puntuali osservatori della natura, che gli attribuirono alcuni significati sacrali. Ritenendolo un essere monogenere autogenerantesi ed associando il rotolare della palla che scompare sottoterra al percorso diuturno del sole che scompare al tramonto, identificarono l'insetto con il dio creatore. Il geroglifico che rappresenta lo scarabeo, "khpr", significa, nella forma verbale "khpr", essere creato, venire in esistenza; nella forma sostantivale "khprw", manifestazione, aspetto, apparizione. Il dio Khepri, creatore di tutte le cose venute in esistenza, rappresentato nell'iconografia sacra con testa a forma di scarabeo su corpo umano, è il sole nascente, uno dei tre aspetti che assume il disco solare. Nel suo viaggio da Est ad Ovest il dio spinge il sole nel cielo, dove diviene Ra allo zenit per poi trasformarsi in Aton al tramonto ed inabissarsi per dodici ore notturne sottoterra e ricomparire nuovamente, alla fine della dodicesima ora, come Khepri. Questo simbolismo implica anche il concetto di rinnovamento ciclico ed eterno, quindi di rinascita ad una vita ultraterrena che caratterizza profondamente le credenze religiose dell'antica civiltà egizia. Per quanto si è molto sommariamente accennato è facile capire come lo scarabeo abbia assunto, fin dagli albori di questa civiltà, valore apotropaico, in altre parole beneaugurante. Dai veri insetti mummificati ritrovati in giare di sepolture predinastiche, il passaggio ad icone amuletiche è stato breve e naturale.
E' quindi come potente amuleto che l'uomo cominciò a considerarlo, portandolo su di sé per invocare protezione. Quest'uso è di gran lunga il principale, se non l'esclusivo, dalla VI all'XI dinastia, per circa quattro secoli quindi, essendo accertata, è vero, la sporadica esistenza di tali oggetti nell'Antico Regno, ma appartenenti al più generale e popolato ambito degli amuleti a forma d'animale. Gli scarabei di questo periodo sono relativamente poco frequenti, di modeste dimensioni, in cui l'aspetto grossolanamente idealizzato prevale su quello naturalistico, senza iscrizioni o decori nella base, spesso utilizzati come elementi per collane. Solamente verso la metà del Primo Periodo Intermedio amuleti a forma di scarabeo con decori incisi nella base cominciarono ad affiancarsi ai sigilli cilindrici di origine mesopotamica, allora correnti. Furono utilizzati per imprimere tali decori su boli di argilla umida destinati a sigillare casse, cofanetti, giare, porte, rotoli di papiro ed altro. Inizia quindi l'utilizzo dello scarabeo anche come sigillo. Anche, perché molti autori concordano sul fatto che non perdette mai la sua valenza amuletica. All'inizio del Medio Regno l'uso dello scarabeo-sigillo è ormai consolidato e, dalla XII dinastia in avanti, dilaga e coinvolge tutti gli strati sociali fino a raggiungere parossistici livelli di moda, fatta eccezione per il periodo amarniano in cui la preferenza per gli anelli-sigillo in faience soppiantò gli scarabei riducendone drasticamente la produzione. La moda riprese durante il periodo ramesside e durò fino alla XXVI dinastia per poi declinare rapidamente nelle successive e scomparire quasi del tutto nel periodo Tolemaico.
La forma degli scarabei-sigillo è sostanzialmente la riproduzione a tre dimensioni dell'insetto vero e proprio. Ciò non significa che il manufatto dovesse essere sempre e comunque un'imitazione naturalistica: l'abilità dell'artigiano, la moda, le difficoltà di lavorazione dovute al materiale utilizzato, le dimensioni, l'epoca, sono tutti fattori che hanno influito sulla forma determinando una gamma di risultati che spazia dalla stilizzazione più esasperata alla fedeltà quasi sorprendente agli originali viventi. Comunque, sia pure accennati, è sempre possibile riconoscere gli elementi morfologici dell'insetto: la testa, le elitre, le zampe. Lo scarabeo è sempre rappresentato posante su di una base piatta su cui, rovesciatolo, compare il decoro inciso. Quasi sempre presente é una foratura longitudinale passante che serviva per infilarvi, nel più modesto dei casi, una funicella da utilizzare per assicurare l'oggetto al dito od al collo. In altri casi era utilizzato un filo metallico, oro, rame o bronzo, con la stessa funzione o per essere utilizzato come pendente; in altri casi ancora lo scarabeo era montato su un vero e proprio castone su anello fisso o imperniato in modo tale che potesse girare su se stesso sì da presentare alternativamente il dorso od il ventre con l'incisione. Senza nulla togliere all'aspetto generale degli scarabei-sigillo, a nostro avviso l'angolazione più affascinante è senza dubbio legata all'iscrizione della base. Mentre la forma rimane pressoché una costante in tutte le epoche, il decoro denuncia la straboccante fantasia di quegli antichi artigiani. I motivi spaziano dai disegni geometrici, puramente decorativi, ai temi naturalistici legati alla flora ed alla fauna; dalle rappresentazioni dell'uomo a quelle degli dei o di esseri mitologici; dalle scritte geroglifiche di motti, frasi augurali o religiose, ai nomi di re o di funzionari con la loro titolatura. Olga Tufnell ha classificato più di 200 tipi diversi di decoro tra classi e sottoclassi, ognuna con un numero di varianti pressoché illimitato.
Essendo oggetti destinati a durare nel tempo, i materiali con cui furono fabbricati gli scarabei-sigillo appartenevano prevalentemente al mondo inorganico. Pur essendo segnalati da vari autori scarabei fabbricati in legno ed essendo certa la presenza di scarabei in osso od avorio ed ambra, la stragrande maggioranza é fabbricata con materiali lapidei. Primo fra tutti in ordine alla frequenza, la steatite, una varietà di talco (silicato di magnesio) di colore bianco o verdastro (ma nei giacimenti egiziani reperibile anche nerastra e in varie tonalità di bruno) con lucentezza madreperlacea, che si presenta in aggregati lamellari, scagliosi o compatti, untuoso al tatto. E' un minerale relativamente tenero, quindi di facile lavorazione con strumenti verosimilmente di rame indurito o di bronzo. La rifinitura consisteva in una sorta di invetriatura colorata, silicato di calcio + sodio o calcio + potassio, (generalmente nella gamma dei verdi e dei blu, ma Petrie cita anche giallo, rosso e, in epoca Saita, marrone) la cui temperatura di fusione, combinando il magnesio con la silice dell'invetriatura, trasformava il talco in enstatite, indurendo notevolmente la parte interna e contribuendo così a rendere il materiale più durevole.
Quest'invetriatura ha uno spessore infinitesimale e, nelle superfici piane o estese, come il dorso od il ventre, tende a scomparire o a virare: il verde originario, probabilmente contenente ferro, in marrone, il blu in bianco. Può però essere ancora osservata, con un adeguato ingrandimento, negli interstizi scavati dove, per la tensione molecolare, la soluzione allo stato fuso si è evidentemente depositata in spessori maggiori che si sono conservati. Tra le pietre dure sono documentati scarabei d'ametista viola e di quarzo ametistino, affine, ma più chiaro, già conosciuti nel periodo predinastico.
Sono popolari durante la XII dinastia, successivamente quasi scompaiono per poi ricomparire, molto meno frequentemente, durante la XIX. Raramente vi si trovano iscrizioni alla base, probabilmente a causa della relativa durezza del materiale che rendeva difficoltosa l'incisione. La corniola, lavorata fin dall'età predinastica, divenne popolare durante la XVIII dinastia per continuare con buone frequenze anche nella XIX. L'agata, una varietà di calcedonio, fu utilizzata, ma raramente, in epoca tarda: XXVI dinastia e periodo Tolemaico. Il diaspro, una varietà opaca del silicio, reperibile nel deserto orientale nei colori rosso (utilizzato nel periodo predinastico per grani di collana ed amuleti, e ricomparso nella XIX ad imitazione della corniola), giallo (nella XVIII e XXVI dinastia), verde (nel Medio Regno e in Epoca Tarda per scarabei del cuore), marrone (nella XII, XVIII e XXVI dinastia). Gli scarabei di lapislazzuli, proveniente dall'Afganistan e conosciuto dai tempi predinastici, sono rari nel MR, diventano sempre più frequenti dalla XVIII in avanti.
Spesso anepigrafi o con decoro rappresentato da due linee diagonali intersecantisi al centro. Il calcare, specie nelle varietà colorate: rosso, giallo, verde e bruno, fu largamente utilizzato nel terzo Periodo Intermedio e nella dinastia Saita. Ossidiana, diorite, calcedonio, cristallo di rocca, serpentino, basalto, ematite: sono le pietre cosiddette semipreziose tutte ugualmente documentate, ma usate molto più raramente delle precedenti. Tra gli altri materiali, la faience, prodotto ottenuto cuocendo una sorta di pasta ottenuta con polvere di quarzo o sabbia che successivamente veniva invetriata.
Conosciuta fin dal periodo predinastico, dall'inizio della XVIII dinastia la sua popolarità crebbe notevolmente ed il suo utilizzo in epoca amarniana per fabbricare grani di collane ed anelli uguagliò quello della steatite per poi declinare, probabilmente a causa di una peggiore qualità, verso la fine della XX dinastia. Ridivenne di moda in epoca Saita per merito di un'invetriatura di un delicato blu chiaro. Un materiale affine è la pasta, non meglio definita dagli studiosi: all'apparenza è un composto omogeneamente pigmentato, anche intimamente, solitamente nei toni del blu, più raramente del verde. E' priva d'invetriatura, con una superficie finemente scabrosa che sembra "sfarinarsi".
Conosciuta, ma scarsamente utilizzata nell'Antico Regno, divenne più comune durante la XVIII dinastia e tra la XXII e la XXVI. La qualità più antica appare più chiara e più dura della successiva che sembra deteriorarsi più facilmente. Il vetro, comunemente inteso, sembra sia stato sperimentato verso la fine del Medio Regno e derivi dalla tecnica dell'invetriatura, molto più antica. I primi scarabei di pasta vitrea risalgono all'inizio della XVIII dinastia per divenire più comuni verso la metà della stessa. In materiale opaco (il vetro più o meno trasparente era molto più raro) di colore azzurro chiaro o scuro ad imitazione rispettivamente della turchese o del lapislazzuli. Generalmente sono di piccole dimensioni, anepigrafi o decorati con due linee diagonali incrociate.
Oro, argento ed elettro (lega d'oro e argento reperibile in natura) sono citati tra i metalli usati in ogni epoca, ma raramente. Il bronzo, ancora più raramente, solo in periodo tardo.
Sebbene non esista documentazione antica, ne strumenti d'epoca, che possano illuminarci sulla lavorazione degli scarabei, molti autori sono pervenuti ad ipotesi attendibili sull'argomento. Per quanto riguarda la lavorazione, scultura ed incisione della steatite, minerale relativamente tenero, si ritiene che schegge di selce e strumenti da taglio o da punta, prima in rame indurito, successivamente in bronzo, fossero strumentazione più che sufficiente. Per quanto riguarda le pietre dure, si poteva aggiungere l'azione di "graffiatura" per mezzo di punte e la smerigliatura effettuata con sabbie di granulometria decrescente. Per la foratura longitudinale è altresì accertato l'utilizzo di punte in selce o punte tubolari in rame e strumenti abrasivi rotanti mossi dal trapano ad arco. Un ulteriore importante metodo di lavorazione riguardava i materiali plastici da indurire con la cottura: faience e pasta. La modellazione era ottenuta per mezzo di stampi a doppia valva: le due metà ottenute erano tenute insieme con l'invetriatura. Per quanto attiene agli scarabei di vetro, non risultano fonti sulla relativa tecnica di fabbricazione, ma si può ragionevolmente supporre che la pasta vitrea allo stato fuso fosse colata in appositi stampi a tutto tondo di materiale refrattario che, successivamente frantumato, liberava l'oggetto finito, probabilmente sul tipo della tecnica di modellazione "a cera persa", praticata fin dal Medio Regno.
Ho già accennato al fatto che l'antico maestro si proponeva di riprodurre l'insetto nella sua realtà, scostandosi il meno possibile da quanto risultava dall'osservazione naturalistica. Per questo le dimensioni degli scarabei-sigillo non si sono discostate molto da quelle dell'insetto vero (fatta astrazione da altri scarabei: quelli cosiddetti "del cuore", quelli commemorativi, i pochi che si conoscono nella grande statuaria, quelli funerari con o senza ali, quelli con significato esclusivamente amuletico). Ciò premesso, constatiamo, infatti, che le dimensioni effettive degli scarabei-sigillo possono variare da una lunghezza minima di circa 5 mm. ad una massima di circa 30 mm. ma la maggioranza degli esemplari si attesta su una media intorno ai 15-18 mm. molto prossima alle dimensioni dell'insetto reale. (Franco Magnarini)