November 2022. Voodoo Chile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla mia morte ci sarà una jam-session, puoi giurarci.
Voglio che tutti diano il massimo e si sballino.
E conoscendomi, finirò per cacciarmi nei guai al mio stesso funerale.
ll volume sarà alto, e ci sarà la nostra musica.
Non voglio canzoni dei Beatles, ma qualche pezzo di Eddie Cochran e parecchio blues.
Roland Kirk verrà di certo, e farò di tutto perché non manchi Miles Davis, sempre che abbia voglia di passare.
Per una cosa così varrebbe quasi la pena morire. Solo per il funerale.
È strano il modo in cui la gente dimostra il proprio amore per chi muore.
Devi morire prima che ti riconoscano qualcosa.
Una volta morto, sei pronto per la vita.
Quando non ci sarò più non smettete di metter su i miei dischi.

 

Jimi Hendrix

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricorrendo gli 80 anni dalla nascita, 27 novembre 1942, dedico “el mestée del mes” a Jimi Hendrix.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cherokee. Afro. Sottoproletario.

 

Correva l'anno 1968. Musicalmente parlando vagavo tra la musica pop italiana con qualche fuga tradizionale nel pop rock anglo-americano, quando il mio compagno di scuola Boske (divenuto poi il babbo di Sfera Ebbasta) -ovviamente tale nome era quello che oggi definiremo in ambito “elettronico” il nickname(io per inciso all’epoca ero Ciusca, prima Resca, poi a seguire Cespuglio, indi Rus)- mi fece ascoltare (oltre ai Cream e i Mothers of Invention), o meglio imparare ad ascoltare ciò che per lui era un genio musicale: Jimi Hendrix nella sua prima formazione "The Jimi Hendrix Experience".
Per inciso, Boske era colui con cui girovagavo per Milano, mi imbucavo in feste varie, abbigliato con pelliccione di pecora, cappellaccio nero a falde larghe, scarpe da tennis allacciate con catenelle metallare da sciacquone.
Tornando a Hendrix, dapprima rimasi scettico, indi uditore con poca convinzione, poi sempre più rapidamente coinvolto da quel modo di comporre e suonare, sino ad esserne integralmente ammaliato divenendo fervido ammiratore. Acquistai tutti i suoi LP (3), all'epoca usciti, e li feci ruotare sul giradischi fino alla consunzione. Purtroppo quando venne a Milano -maggio 1968- ero ancora nella fase di incoscienza e non andai al concerto che tenne al Piper: un enorme rimpianto.
Con lui conobbi come il suono della chitarra elettrica potesse essere la "voce dell'anima", oltre e meglio della voce reale, come potesse divenire l'espressione delle emozioni, dell'io profondo, della rabbia, dell'amore. Straziante e seducente, dura e tenerissima, lacerante, penetrante, dissacrante, violenta.

Strumento di denuncia: indimenticabili le distorsioni/alterazioni di “Star spangled banner” e “Machine gun” imitanti bombe e mitragliatrici della guerra del Vietnam.
Per me sino ad oggi Jimi è stata la più grande passione musicale, ed è a lui, visceralmente trasudante blues, che devo l'essermi avvicinato alla “musica del diavolo”, a quello che ha rappresentato e rappresenta per gli afroamericani, divenendo la colonna sonora della mia vita.
Un ultimo breve appunto: premettendo di non avere le conoscenze adeguate per stilare critica musicale, concordo con alcuni critici (una minoranza) che definirono il 1969 come l’inizio di una crisi creativa e artistica che si doveva protrarre sino alla morte.
Purtroppo non potremo mai sapere cosa ci avrebbe riservato la sua ricerca continua e la sua genialità a cominciare dall’ipotizzata collaborazione con Miles Davis.
Rimane inoppugnabile il fatto che in soli 3 anni Hendrix rivoluzionò la storia della musica.
La sua musica, il suo modo di interpretarla, il suo avere nel DNA geni indiani e neri d’america, hanno certamente contribuito a fornire humus formativo che permise di far germogliare poco dopo con le dovute “integrazioni”, una ben esplicita “presa di coscienza”, divenendo l’essenza culturale e politica della mia vita.
Evidente infine l’influenza “tricologica” avuta dai 16 anni in poi…
Ovviamente, per valutare correttamente e apprezzare, o disprezzare Hendrix, occorre contestualizzare la sua creatività autoriale e interpretativa temporalmente (anni 1967-1970) correlandole al quadro socio-politico dell’epoca.
Nel “mestée” troverai -random- suoi testi, sue riflessioni/considerazioni (tratte dal libro “Zero. La mia storia”), il documentario “Hear my train a comin’”, audio e video live, alcuni non reperibili sul web (o se reperibili di qualità inferiore), estratti direttamente dai vari concerti, dai suoi LP, locandine concerti, un appunto critico di Salvatore Cilìa, un approccio filosofico di Guido Festinese e una dedica musicale creata ad hoc dal “mé amis Luciano”, compositore e chitarrista folle (https://lucianomargorani1.bandcamp.com/) concludendo con un filmato che propone in parte il concerto tenuto all’Atlanta Pop Festival il 4 luglio 1970.
Riporto anche un’analisi tecnica per “addetti ai lavori” sulla strumentazione di Jimi.
Una doverosa nota riguarda la qualità video/audio dei concerti live, purtroppo mai di ottima definizione, talvolta mediocri, ma occorre tener presente gli anni e la tecnica datata delle riprese. Il materiale esaminato è stato considerevole e, in alcuni casi nella scelta per l’inserimento nel “mestée”, ho ritenuto opportuno privilegiare la testimonianza.

 

 

 

 

Il documentario seguente, “Hear my train a comin’” di Bob Smeaton (2013) è stato scaricato da un sito polacco.

Purtroppo non c'è possibilità di eliminare la sovrascritta centrale, ma poiché ritengo il documento fondamentale, lo ripropongo ugualmente.

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

La chitarra è il mezzo, l’obiettivo è svegliare il mondo intero.
La musica scaturisce dall'aria.
Ecco perché sono in grado di entrare in contatto con le anime.
Nessuno può prevedere quante vite dovrà attraversare un'anima, tra morte e rinascita. Per dire: la mia mente tornerà ai giorni in cui ero un cavallo alato. Il mio primo ricordo è musica, stelle e pianeti. Addormentandomi potevo comporre quindici sinfonie.
La musica è la mia personale filosofia. Una forma di filosofia ancora piuttosto confusa, perché parte di un processo di evoluzione. Come un bambino ancora incapace di camminare con le proprie forze.
Non esiste nulla al di fuori della musica e della vita. Fluiscono insieme, vicinissime, parallele. E vorrei che attraverso la mia musica anche il pubblico giungesse a questa consapevolezza, se non in uno stato di veglia, almeno in uno stato ipnotico.
La realtà di merda che abitiamo giorno dopo giorno sta al mondo spirituale come un parassita sta all'oceano. Accettare la verità è un modo per avvicinarsi alla spiritualità. Se non dedicassimo la nostra attenzione a cose futili, potremmo scoprire il senso piú autentico e la vera felicità.
Ecco perché il mondo è così incasinato: ci si basa troppo su ciò che si vede, e non su ciò che si prova.

 

Jimi Hendrix

 

 

 

 

 

Third stone from the sun. The Jimi Hendrix Experience. Are you experienced. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

L'America fa di tutto per tirare fuori il ribelle che è in me, anche se non è nella mia natura. Ovvio che amo ancora l'America, c'è ancora così tanto di buono in lei. Ma c'è anche un sacco di male. Da come questo Paese viene governato è possibile vedere tutta la cattiveria, il male, è tutto lì, di fronte ai tuoi occhi.
D'altra parte, la gente si comporta come un branco di uccelli. Tutti desiderano le stesse cose morte e inutili. E poi abbiamo la rivoluzione americana, falso amore per il popolo della menzogna che ha svenduto la propria fede.
Ovvio che si dica “Fate l’amore, non la guerra” eccetera, ma poi è indispensabile guardare in faccia la realtà.
C'è gente cattiva, lì fuori, gente che ti vuole debole e passivo e pacifico così da poterti schiacciare come marmellata sul pane.
Bella, la nonviolenza, ma bisogna reagire. E necessario rispondere colpo su colpo.
Lasciate perdere il movimento dell'amore.
Quei tizi non stanno affatto migliorando la comprensione reciproca. E vorrei affermarlo con una forza tale da farli saltare sulla sedia, perché non c'è amore dove non ci sono verità e armonia. Devi mettere ordine nella tua testa, prima di cambiare il mondo.

 

Jimi Hendrix

 

 

 

 

Star spangled banner. Gypsy sun and Rainbow. Live in Woodstock. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Larrt Lee, chitarra ritmica

Mitch Mitchell, batteria

Juma Sultan, percussioni

Jerry Velez, percussioni

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Non sto tentando di negare il mio legame con le Pantere Nere, intendiamoci. Mi sento parte di ciò che stanno facendo, in qualche modo. Agire è necessario, e in termini di serenità e condizioni di vita siamo noi quelli che se la passano peggio. Però non sono per gli attentati e la violenza. Non sono per la guerriglia, o in qualunque altro modo la si voglia chiamare. Non sono per gesti sterili tipo lanciare una bottiglia molotov o fracassare la vetrina di un negozio. Così è inutile. In particolare se lo fai nel tuo quartiere.
Non provo odio per altri esseri umani perché, alla luce del mio percorso, sarebbe come fare un passo indietro. E indispensabile rilassarsi, lasciarsi guidare dalla sensibilità psicologica. C'è chi è senza gambe, chi è cieco, chi ha combattuto in guerra. E indispensabile condividere il dolore di tutti, sforzarsi di comprendere quale parte di loro è andata perduta. Allargare la prospettiva.
Dare ai pensieri una dimensione universale è un'ottima cosa. Un'ottima cosa per un momento. Perché il rischio è di farsi prendere dalla negatività, e tutto allora si tramuta in rancore, aggressività, odio. Invece, per poter convivere in armonia, dobbiamo fare piazza pulita di tutte queste cose. E' fondamentale che anche gli altri se ne rendano conto, altrimenti continueranno a combattere per il resto della vita.
La mia speranza è riuscire a infondere un po' di coraggio a chi soffre grazie alle mie canzoni. Ho diverse esperienze alle spalle, a mia volta ho passato dei momenti bui, e attraverso la musica cerco di comunicare ciò che ho scoperto, in modo che l'esistenza degli altri non sia altrettanto dura.
Sto scrivendo una canzone dedicata alle Pantere Nere e non parla di razza, ma ragiona sul valore simbolico di ciò che sta succedendo. Le Pantere Nere dovrebbero incarnare un simbolo agli occhi dell’establishment. Il movimento dovrebbe esistere soltanto in una dimensione mitologica.

 

Jimi Hendrix

 

 

 

 

Voodoo chile. Jam session. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Jack Casady, basso

Steve Winwood, tastiere

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Quando questo numero di “Rumore” raggiungerà le edicole, saranno trascorsi ventisette anni dacché Jimi Hendrix ci lasciò, appena dieci mesi meno del tempo che trascorse su questa terra. Anche se suona terribilmente retorico, tocca dirlo: Hendrix è morto, ma è vivo. Parafrasando il titolo di una biografia di Dick: lui è vivo, e molti fra quanti oggi suonano rock sono morti.
Se sarebbe eccessivo affermare che sì, “si è fermato tutto” dopo la sua scomparsa, bisogna riconoscere che fu l’ultimo grande innovatore di questa musica, l’ultimo che maneggiandone gli elementi costitutivi tanto li trasfigurò da renderli totalmente “altri”.
Non vale chiamare in causa il punk, dacché musicalmente era stato inventato dai gruppi garage di metà anni ’60, se non da Eddie Cochran nei tardi ’50. Né la new wave, che fu parte Velvet Underground e parte krautrock, con un uso dell’elettronica che il Nostro poté al limite immaginare ma non mettere in atto per mancanza di strumenti. O l’hardcore, il thrash, il grind, il grunge: riscritture dell’esistente, magari radicali, non scoperte di nuovi mondi.
Con il cronoviandante di Shiner, possiamo provare a immaginare “cosa sarebbe successo se…” e scoprirci devastati dal pensiero. Se è impossibile dire cosa farebbe oggi Hendrix se fosse vivo e si può al massimo teorizzare su cosa avrebbe fatto nei primissimi ’70, questo si può affermare con ragionevole certezza: non sarebbe immobile mentre il resto del mondo seguita a girare; probabilmente, come furono John Coltrane e Miles Davis fino all’ultimo, sarebbe tuttora in avanscoperta, qualche fuso orario innanzi a tutti.
Proprio Coltrane e Davis rappresentano, nella musica del secondo dopoguerra, i soli metri di paragone con i quali misurare l’arte del genio di Seattle. Neri come lui, come lui rivoluzionarono un genere, il jazz nel loro caso, e come lui hanno avuto epigoni ma non veri eredi. Per il secondo, Hendrix nutriva autentica venerazione, contraccambiata (l’avvento di Jimi fu una delle ispirazioni alle basi dell’epocale svolta elettrica del trombettista), e con lui vagheggiava di incidere un album. Cosa avrebbe potuto produrre l’incontro di questi due titani! La mente vacilla.
Avrebbero potuto essere gli anni ’70, per Hendrix, la vera età dell’oro. Furono invece, per la sua arte visto che lui non c’era più, stagioni di latta e di infamia. Abituato a porre su nastro tutto ciò che suonava ma a pubblicare soltanto ciò che lo soddisfaceva appieno (era un perfezionista, come usano esserlo gli artisti veri), il chitarrista lasciò centinaia di ore di registrazioni che fornirono materiale per ogni sorta di nefandezze. Solo i primi tre -“Cry Of Love”, “Rainbow Bridge” e “War Heroes”- fra la marea di LP in studio usciti postumi furono allestiti con rispetto per la materia maneggiata e solo il primo fu all’altezza della discografia pre-settembre ’70.
Come stupirsi, considerato pure il proliferare di banalissimi imitatori, se a un dato punto Hendrix è stato ridimensionato, quasi accantonato? Complice certa critica che fece passare la leggenda di un artista in declino al momento della morte, come avrebbe dimostrato -state a sentire (si potrebbero scrivere bei saggi sul razzismo della critica rock)- la svolta funky di “Band Of Gypsys”. Ma non era un Hendrix minore quello, solamente diverso. Lo avrebbe dovuto provare “First rays of the new rising sun”, il doppio al quale stava lavorando al momento della scomparsa, il Santo Graal da allora di hendrixologi e hendrixofili. Quattro sole canzoni erano ritenute pronte per la pubblicazione, ma alle rimanenti per essere complete mancava giusto qualche rifinitura. Uscirono disseminate per i tre LP di cui si è detto e soltanto nella primavera di quest’anno sono tornate a farsi compagnia tutte insieme in un CD singolo, o doppio vinile, che recupera anche quel titolo e se non è quello che Hendrix avrebbe voluto che fosse ci va quanto più è possibile vicino. Su mandato della famiglia del chitarrista, finalmente unica proprietaria della sua eredità, lo ha curato con amore e scrupolo filologico Eddie Kramer, il produttore originale dei nastri. Ascoltarlo è stata un’emozione molto più grande di quanto non ci si sarebbe potuti attendere, dal momento che già le si conosceva queste diciassette canzoni. Ma così non le si era mai ascoltate. E’ infine il quinto vero album di Hendrix che si svela. È come se lui fosse di nuovo fra noi.
Nessuno ne ha raccolto il testimone. Certamente non gli imitatori di cui si diceva, i Robin Trower, i Frank Marino, gli Stevie Ray Vaughan: copiare la lettera di Hendrix significa non averne compreso lo spirito. Al quale è più vicino, per dire, un Bill Frisell che stilisticamente non è per niente hendrixiano ma di Jimi ha la pulsione a osare, caratteristica che lo accomuna al compianto Sonny Sharrock, che invece a volte poteva essere scambiato per il Nostro (ci risiamo: per scovare affinità elettive con Hendrix tocca rivolgersi al jazz di frontiera). Del figlio più illustre di Seattle, Prince ha la curiosità ma non il genio assoluto e Lenny Kravitz appena i vestiti, e si sa che l’abito non fa il monaco. Vernon Reid avrebbe potuto essere un accettabile surrogato anni ’90 ma non è stato all’altezza. Ed Hazel dei Funkadelic, pur’egli nero, l’unico suo coetaneo a essergli tecnicamente pari, ci ha anche lui lasciati.
E’ altrove che bisogna cercare l’eredità di Hendrix nel rock che gli è venuto dietro e in special modo in quello odierno. Nelle ibridazioni con il resto della musica nera (perché il rock è musica nera, anche se non lo si ricorda mai) azzardate con risultati solo occasionalmente convincenti dalla scena crossover e in maniera più persuasiva da gente come i Beastie Boys o Beck. Soprattutto, nel noise e nell’elettronica più radicali: le stordenti spirali di feedback che si srotolavano dalla Fender del Nostro ai suoi contemporanei dovettero sembrare assai più estreme di quanto non possano parerci oggi i Merzbow o non ci siano sembrati un tempo i Sonic Youth, i Loop o Jesus And Mary Chain. Jimi Hendrix sapeva che, a saperci scavare, nel Rumore c’è Melodia, c’è Bellezza, e ce lo dimostrò.

 

Salvatore Cilìa, 1997.

 

 

 

 

Rainy day, dream away. Jam session. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mike Finnigan, tastiere

Freddie Smith, sassofono, corno

Larry Faucette, congas

Buddy Miles, batteria

 

 

 

 

 

Ho mollato la scuola molto presto. Non significava nulla, per me. Speravo in una svolta. Mio padre disse che avrei dovuto trovarmi un lavoro. E così ho fatto, per un paio di settimane. Ho lavorato per lui. Mi toccava sgobbare. Trasportavamo sacchi di calce e grosse pietre da mattina a sera, e a intascare era lui. Non mi pagava. Teneva tutto Per sé. Non volevo spaccarmi la schiena a quel modo per una miseria, quindi ho cominciato ad andarmene in giro con altri ragazzi.
Capitava che con un paio di amici prendessimo di mira un poliziotto, e mezz’ora dopo si scatenava l'inferno. A volte si finiva in galera, dove però si mangiava bene. I poliziotti erano dei veri bastardi, per la maggior parte, ma alcuni erano brave persone. Piú che altro ti stuzzicavano, non ci andavano giú troppo pesante con le botte, e così riuscivi a mangiare. Ma dopo un po' la faccenda diventava noiosa.
Un mucchio di ragazzi se la passa male. Cristo! A casa non cela facevo piú. In un paio di occasioni me la sono data a gambe perché stavo da schifo. Una volta me la sono filata dopo una lite furiosa con papà. Lui mi ha colpito in faccia, io sono scappato, e quando papà lo ha scoperto è andato fuori di testa per la preoccupazione. All'epoca non tenevo in grande considerazione i sentimenti altrui.
Però quando mi sono reso conto che papà era sconvolto sono tornato. Non che me ne importasse granché, però, be, era mio padre. Suppongo che non abbia mai creduto che potessi farcela. Ero il ragazzo che non ne combinava mai una giusta.

 

Jimi Hendrix (novembre 1942-luglio 1962)

 

 

 

 

Still raining, still dreaming. Jam session. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mike Finnigan, tastiere

Freddie Smith, sassofono, corno

Larry Faucette, congas

Buddy Miles, batteria

 

 

 

 

 

Quando i grandi si ritrovavano a casa per fare festa, io me ne stavo al piano di sopra. Sentivo suonare Muddy Waters, Elmore James, Howlin' Wolf e Ray Charles. Era un suono bello pieno, tutt’altro che malvagio. Dopo che se n'erano andati tutti io sgattaiolavo di sotto, sgranocchiavo patatine e fumavo i mozziconi rimasti. C'era il Grand Ol' Opry, e solitamente lo guardavo. C'erano questi tipi, chitarristi veramente seri.
Il primo chitarrista a cui mi sono appassionato è stato Muddy Waters. Ho ascoltato uno dei suoi dischi da ragazzino, e mi ha spaventato a morte con tutti quei suoni. Wow! Che roba era? Fantastico. Mi piaceva Muddy Waters quando usava solo due chitarre, armonica e grancassa. Cose corne Rollin' and Tumblin', quel suono autentico e primitivo della chitarra.

 

Jimi Hendrix (novembre 1942-luglio 1962)

 

 

 

 

In from the storm. Live isle of Wight. 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Ho iniziato a suonare la chitarra a quattordici, quindici anni. Suonavo nel cortile di casa e i ragazzi venivano a sentirmi, dicevano che ero bravo. Poi la chitarra mi ha stancato e l'ho messa da parte. Ma quando ho sentito Chuck Berry la passione è rinata.
Ho imparato quanti piú riff potevo. Mai preso una lezione. Ho imparato a suonare grazie ai dischi e alla radio. Adoravo la musica, amico. Uscivo in veranda, là a Seattle, perché non volevo starmene chiuso in casa tutto il tempo, e suonavo la chitarra su un disco di Muddy Waters. Capisci, non me ne fregava di niente, solo della musica. Mi sforzavo di suonare come Chuck Berry e Muddy Waters. Cercavo di imparare tutto, qualunque cosa.

 

Jimi Hendrix (novembre 1942-luglio 1962)

 

 

 

 

Exp. The Jimi Hendrix Experience. Axis: Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Quindi me ne sono andato a New York, e lì ho vinto il primo premio nel concorso per musicisti non professionisti dell'Apollo Theater, tipo venticinque dollari. Suonare all’Apollo è stato grande. Così sono rimasto a New York, dove ho fatto la fame per due o tre settimane. Non rimediavo un ingaggio manco morto. Vivevo in condizioni spaventose. Dormire tra i cassonetti dell’immondizia di quelle gigantesche case popolari era un inferno. Ratti che ti scorrazzavano sul petto, scarafaggi che ti rubavano l'ultima barretta di cioccolato dalla tasca. Sono arrivato a mangiare bucce d'arancia e concentrato di pomodoro.
Tutti non facevano che ripetermi: “Se non trovi un lavoro, morirai di fame”. Ma io non volevo un lavoro che non fosse la musica. Ne ho provati diversi, anche la consegna a domicilio, ma mi sono sempre licenziato dopo una o due settimane. Essere al verde mi dava qualche pensiero, è ovvio, però non sono mai arrivato a considerare l’idea di rapinare una banca.

 

Jimi Hendrix (luglio 1962-ottobre1966)

 

 

 

 

Voodoo child (slight return). Gypsy sun and Rainbow. Live in Woodstock. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Larrt Lee, chitarra ritmica

Mitch Mitchell, batteria

Juma Sultan, percussioni

Jerry Velez, percussioni

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

La prima volta che ho suonato la chitarra in Inghilterra è stato con i Cream. Lo stile di Eric Clapton mi piace. I suoi assoli mi ricordano Albert King. Eric è troppo, davvero.
Ginger Baker invece, be’, lui è una piovra. Un batterista nato. Quando è all'opera vedi soltanto braccia e gambe.
Non avendo il permesso di soggiorno lavorativo non ho potuto darmi subito da fare. Se avevo intenzione di restare in Inghilterra dovevo procurarmi un numero di ingaggi sufficiente a giustificare un permesso. In altre parole era indispensabile mettere in cantiere un mucchio di concerti. Chas conosce una valanga di numeri di telefono. Mi ha aiutato a trovare un bassista e un batterista per fondare la Jimi Hendrix Experience. E stato difficilissimo scovare gli altri elementi della band, gente che condividesse le mie stesse sensazioni.
Dopo innumerevoli provini abbiamo organizzato una jam-session a cui ha partecipato Noel Redding. In realtà si era presentato a un'audizione per la nuova formazione degli Animals, ma il caso ha voluto che ci trovassimo nello stesso edificio. Noel ha un debole per il rock grintoso, e suonava la chitarra solista in un gruppo di nome The Loving Kind. Chas gli ha chiesto di provare il basso, e io adoravo la sua capigliatura. Ha funzionato alla grande. Noel suona il basso pensando da solista. Quasi tutti i piú grandi bassisti fanno così. L'ho scelto perché col basso era in grado di fare praticamente qualunque cosa.
Mitch Mitchell si è dimostrato il migliore della ventina di batteristi che abbiamo ascoltato. Aveva suonato con i Georgie Fame and the Blue Flames, ma li aveva mollati due giorni prima. E piú di un batterista classico e piú di un batterista funky R&B. Mitch è un fanatico del jazz, e non faceva che tirare in ballo questo tizio, Elvin Jones. Una volta ha messo su questo pezzo di Elvin Jones e io ho detto: “Accidenti, sei tu!”
Avevo in mente una formazione scarna, la piú scarna possibile, ma capace di un impatto memorabile. Avremmo potuto essere due o venti o dieci, ma ne è venuto fuori un trio, il che va benissimo. Credo che un chitarrista ritmico sia un peso perché devi mostrargli precisamente quello che desideri. Se vuoi fare qualcosa, meglio farla da solo, giusto?
Abbiamo anche provato un organo, per un quarto d’ora. Non ha funzionato. Rendeva il nostro sound simile a quello di tutti gli altri. Con questa formazione a tre siamo piú flessibili. C’è ancora spazio per l’improvvisazione, che è la qualità che manca a troppe altre band.

 

Jimi Hendrix (ottobre1966-giugno 1967)

 

 

 

 

Wild thing. The Jimi Hendrix Experience. Live in Monterey. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

Nota di costume. Il DVD della Jimi Hendrix Experience "Live at Monterey" è a tutt'oggi vietato in alcuni paesi (vedi Germania) ai minori di 12 anni.

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Per molti ciò che faccio con la chitarra è volgare. Non sono d'accordo. Forse è erotico, ma quale musica con un buon ritmo non lo è? La musica è una forma di espressione cosí intima che è destinata a evocare il sesso. E cosa c’è di sbagliato?
E davvero tanto osceno? Piú osceno di una qualunque pubblicità erotica che si può trovare nei giornali o in televisione? Il mondo ruota attorno al sesso. La musica esiste proprio perché instaura un rapporto con le emozioni umane, e chiunque venga a dirmi che esiste un’emozione piú umana del sesso, mi sta prendendo in giro. Quelli che ci reputano volgari sono gli stessi che vogliono impedire a Joan Baez di cantare in pubblico le sue canzoni contro la guerra.
Suono e mi muovo lasciando che siano le sensazioni a guidarmi. Non è una messinscena, ma uno stato dell'essere. La mia musica, il mio strumento, il mio sound e il mio corpo sono tutt'uno con la mia mente. E un unico gesto. E un rapporto tra me e la musica a un livello piú alto. La musica che ne esce è come un’alterazione di coscienza, veloce e persistente. Per qualcuno del pubblico può evocare il sesso o l’amore, ma per me, invece, è come essere strafatto.
Ben venga chi crede che il nostro spettacolo sia sexy, però se il concerto suscita altre reazioni va bene lo stesso. E se la mia musica riesce a suscitare nelle persone un senso di libertà capace di spingerle a fare ciò che ritengono meglio per loro, è un'ulteriore conquista.
Tutto purché non restino passive.

 

Jimi Hendrix (ottobre 1966-giugno 1967)

 

 

 

 

Catfish blues. The Jimi Hendrix Experienxe. Live at Twin Fillmores. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Non faccio nulla di così eccezionale, eppure riviste come “Life” e “Time” hanno improvvisamente iniziato a scrivere di me. Ironico. Si tratta della stessa gente che prima mi prendeva in giro. Ah, Ah! Adesso non sono piú Jimi lo stupido, ma il Signor Hendrix. Mi analizzano, si presentano con dossier da psicologi in cui non mi riconosco affatto. Faticano a capire cosa mi scorra nelle vene. Viviamo in mondi diversi.
Il mio? La fame. I bassifondi, l'odio razziale, un posto dove l'unica felicità che possiedi è quella che puoi tenere in mano.

 

Jimi Hendrix (giugno 1967-agosto 1967)

 

 

 

 

Room full of mirrors. The Jimi Hendrix Experience. Royal Albert Hall. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Dave Mason, chitarra ritmica

Chris Wood, flauto

Rocki Dzidzorhu, percussioni

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Suono la chitarra solista in maniera piuttosto grezza, istintivamente. Comunque la cosa essenziale è imparare il tempo, il ritmo. E probabile che al mondo esistano un milione di chitarristi solisti straordinari, capaci di assoli bellissimi, ma molti di loro trascurano la sezione ritmica, e all'ascolto diventano monotoni.
Eric Clapton è un chitarrista straordinario, io e lui la vediamo allo stesso modo, ma non sono sicuro che Eric stia suonando quello che desidera davvero. Giorni fa abbiamo improvvisato insieme, ë stato bello, ma non mi sarebbe dispiaciuto ascoltare qualche accordo!
Conosco un unico disco di Jeff Beck, Shapes of Things. Mi ha impressionato, ma non influenzato. Ascolto tutto, ma certo non copio nessuno. Al momento i musicisti che preferisco sono Albert King e Elmore James, ma chiunque provi a imitarli nota per nota si ritrova con un gran mal di testa.
Insomma, dopo che li hai studiati devi lavorare sul tuo stile. Ci sono altri musicisti che stanno facendo cose incredibili, a modo loro. Sto cercando di far conoscere al grande pubblico questo tipo, Albert Collins. E sepolto chissà dove in una road band. E bravo, davvero, ma ha famiglia e non vuole allontanarsi troppo da casa. Non è sempre così?

 

 Jimi Hendrix (agosto 1967-gennaio1968)

 

 

 

 

Tax free. The Jimi Hendrix Experience. Live in Copenhagen. 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Non so se ho amici veri. Insomma, ci sono i ragazzi della band e gli altri, Chas Chandler e Gerry Stickells, il nostro road manager. Nonna Papera, l’abbiamo soprannominato così. Amico è chi mi aiuta a credere in me stesso.
Passo gran parte del tempo a scrivere canzoni e cose del genere. Vedo poca gente. Le persone hanno lo stesso atteggiamento di quei porci che governano questi posti, questi paesi. E tutta una faccenda di status, per loro. Per questo c'è ancora chi muore di fame, perché gli esseri umani hanno le priorità sbagliate.
Quando sento di qualcuno che muore in guerra o in un ghetto perdo la testa. A volte mi viene voglia di mandare affanculo il mondo, ma mi trattengo perché non è nella mia natura. E neppure mi è concesso dare a vedere il malumore, altrimenti avrei un pessimo ascendente sugli altri.
A volte la gente non fa che innervosirmi. Non mi è d'ispirazione, se escludiamo l'ispirazione negativa da cui nascono canzoni come Crosstown Traffic. E’ così, infatti, che la gente mi si para davanti. E’ così che si presenta.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1968-dicembre 1968)

 

 

 

 

Come on (Let the good times roll). The Jimi Hendrix Experience. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Il nostro obiettivo è stimolare offrendo ciò che sappiamo. Ci sarà sempre tempo per cantare d’amore e di pene d'amore, mentre adesso è importante proporre delle soluzioni per le proteste e i conflitti del mondo contemporaneo. Ogni volta che arriviamo in una città, le persone guardano a noi per trovare una risposta alle cose che gli succedono, è una sensazione gradevole, ma pesante.
Quello che intendo dire è che devo vivere la vita interamente, essere testimone di qualunque situazione, spiacevole e piacevole, e poi riferire la mia esperienza. La protesta è per tutti, mentre offrire una risposta decente è cosa per pochi. Noi ci proveremo.

 

Jimi Hendrix (gennaio 1969-giugno 1969)

 

 

 

 

Hear my train a comin'. The Jimi Hendrix Experience. Live at Twin Fillmores. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Ti piace la musica classica?
Oh, sì, è bellissima. Ho un debole per Händel e Bach. Li considero un po' come fossero dei compiti a casa. Non puoi ascoltare la musica classica in compagnia degli amici. Certe cose richiedono solitudine. Tipi di musica diversi da utilizzare in maniera diversa, mi spiego? Secondo me il momento migliore per ascoltare musica classica è quando c'è un grande silenzio, oppure quando hai la mente sgombra di pensieri. Magari quando hai voglia di sognare a occhi aperti...
Ti piace il rock classico?
A ciascuno il suo. In un'altra vita, a fare rock avrebbero potuto essere Beethoven o uno di quei tipi. Ma l'epoca del rock’n'roll è questa, quindi la gente fa rock. A ogni epoca, la sua musica.
Che mi dici del jazz?
A casa degli altri, se mi va di ascoltare un disco, scelgo sempre un disco jazz. A casa mia invece evito. Per come la vedo, il jazz è un mucchio di trombe e una linea di basso a tutta velocità. Se si tratta di fuoriclasse, allora ascoltarlo mi piace. Ma suonarlo no, non ho quella mentalità. Preferisco le forme di free jazz, Charlie Mingus e quest’altro tizio, Roland Kirk, che sa suonare qualunque tipo di strumento a fiato. Roba forte, non vecchie hit. Come quando si piazzano sul palco e vanno avanti con How High the Moon per ore. Non capisco molto di jazz, a dire la verità. Però so che parecchia di quella gente non fa che suonare blues, e quello ce l'ho ben presente!
Allora come vorresti che fosse definita la tua musica?
Cerchiamo di suonare musica reale. Non blues, anche se qualcuno è di quest'opinione. Piuttosto un mix di blues, jazz, rock'n’roll e rumore. Electric Church Music, Musica della Chiesa Elettrica, così definiamo la nostra musica, perché per noi si tratta di una religione vera e propria. Il termine “chiesa” non mi convince perché è troppo funky, evoca la fatica, fa venire in mente una persona buttata a terra che prega, però useremo quello finché non troveremo di meglio.

 

Jimi Hendrix (gennaio 1969-giugno 1969)

 

 

 

 

...And the Gods made love. The Jimi Hendrix Experience. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

La nostra musica affonda le sue radici in un blues spiritualeggiante che adesso voglio abbassare e rendere piú terreno. Voglio tornare al blues perché è quello che sono.
Quando la musica si spinge troppo in là, corre il rischio di tramutarsi in puro virtuosismo, ed è proprio allora che la gente sente il bisogno di un ritorno alla genuinità. Per questo il blues e il country-western sono le fondamenta della musica popolare americana.
Per quanto facile da suonare, il blues non è facile da sentire. I semplici tecnicismi delle note non bastano. E’ indispensabile conoscere i suoni e cosa si nasconde tra una nota e l'altra. Molti sono convinti che per essere un buon musicista blues sia indispensabile soffrire. Non sono della stessa opinione. Sono felice quando ascolto certe note. Mi piace il sound del blues, ecco tutto.
Come dicevamo un tempo: se sei senza blues, te ne suoneremo un po' da portare a casa.

 

Jimi Hendrix (luglio 1969-gennaio 1970)

 

 

 

 

Purple haze improvvisation. Gypsy sun and Rainbow. Live in Woodstock. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Larrt Lee, chitarra ritmica

Mitch Mitchell, batteria

Juma Sultan, percussioni

Jerry Velez, percussioni

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Il 4 maggio 1970, durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam alla Kent State University, quattro studenti furono uccisi dalla guarda nazionale.
Il 30 maggio 1970 Jimi suonò al Berkeley Community Center e il quartiere venne chiuso e assoggettato alla legge marziale a causa delle proteste contro la guerra.

 

Questa canzone è dedicata ai soldati che hanno combattuto alla Kent State, a tutti e quattro!
A tutti i soldati a Madison, e a Milwaukee, Oh, già quasi dimenticavo: in Vietnam e Cambogia!
Troppe guerre. Questa è merda.
Non ne possiamo più!
E prima di rendercene conto ognuno di questi ragazzi verrà cancellato da una stronzata uscita di bocca a un vecchio qualunque!
Libertà per tutti noi!


Detesto dirlo, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà. Il nostro obiettivo è trovare delle soluzioni, ma prima dobbiamo rendere omaggio a tutti i soldati che si trovano in gattabuia a Chicago, ai soldati di New York, della Florida, e anche di qui, già, in particolare ai soldati di Berkeley. Sapete a quali soldati mi riferisco. E dobbiamo rendere omaggio anche a chi sta combattendo un 'altra guerra, dentro di sé, incapace di guardare in faccia la realtà. Suoneremo l'inno americano così com’è, nell'aria che respirate ogni giorno, così com'è davvero. Siamo in questo casino insieme. Suoneremo il nostro inno americano.


I ragazzi del campus stanno urlando attraverso un buco della serratura. Non hanno rispetto per sé stessi. Nelle proteste americane c'è gente masochista. I ragazzi si lanciano nella mischia senza protezioni, sprovvisti di tutto. E così finiscono per prenderle. Naturalmente alcuni di loro potrebbero ribattere: “Non abbiamo altro per cui vale la pena vivere. Questo è il nostro momento”.
Un ragazzo senza protezioni che si ritrova con la testa spaccata dà la dimensione di quanto sia disperata la situazione. Ma basterebbe guardare al Giappone. I ragazzi giapponesi comprano elmetti, si organizzano in piccoli squadroni, si muovono in formazione, già. Si attrezzano. Hanno scudi. Indossano protezioni di metallo. Bisogna avere un equipaggiamento.
Vorrei che i ragazzi americani indossassero l'elmetto e imbracciassero questo grande scudo romano prima di entrare in azione. Ma insieme! Se vuoi gettarti nella mischia devi fare così. E scrivilo nel libro, perché sono stanco di vedere gli americani con la testa spaccata in due senza ragione.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Machine gun. Live isle of Wight. 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Adesso la cosa piú difficile da capire è quale direzione prendere. Non ho la forza di pensare a ciò che mi ha fatto questa vita. Forse avrei dovuto cambiare, ma non ho mai capito come. Ecco il problema. Ho compiuto un giro completo. Sono tornato al punto di partenza. Ho dato tutto a quest'epoca musicale, ma il mio stile è ancora lo stesso, e tutto considerato non saprei che altro inventare. Certe volte non riesco proprio a riascoltarmi perché mi sembra di suonare come chiunque altro, e quel genere di competizione non mi interessa.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Dear Mr.Fantasy. The Jimi Hendrix Experienxe. Live at Twin Fillmores. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

Non posso ancora dire con certezza quale direzione abbia preso la mia scrittura, ma di sicuro arriverà da qualche parte. Mi limito a scrivere ciò che provo. E non rifinisco piú di tanto il materiale. Lo lascio così, nudo e crudo. Le parole sono inespressive, incapaci di coinvolgere, quando siamo sul palco -giravolte e numeri vari- la gente dà importanza solo a ciò che vedono gli occhi, non a ciò che sentono le orecchie.
Ho troppi progetti in ballo, ma sono fatto così. Detesto ritrovarmi in un angolo. Detesto venire descritto solo come chitarrista, o cantautore, o ballerino di tip tap. Ho bisogno di sperimentare. Vorrei mettere insieme qualcosa: Händel, Bach, Muddy Waters e il flamenco, una cosa così. Se riuscissi a creare quel sound, se riuscissi a ottenerlo, allora sarei felice.
Penso di essere un chitarrista migliore di quanto non fossi in passato, ma non sono mai stato eccezionale. Di anno in anno lo strumento si fa piú sfuggente, proprio come la scrittura. Non sono piú in grado di riprodurre con la chitarra la musica che ho in testa. Insomma, me ne sto lì a fantasticare o roba simile, sento questa musica e non riesco a portarla sulla chitarra. Anzi, se prendo la chitarra e attacco a suonare tutto si sciupa. Immagino note, riff, riesco a canticchiarli. Poi ecco un'altra melodia, e una melodia di basso, e un'altra ancora.
Tutta questa roba in testa e non sono capace di tradurla in musica. Non sono in grado di suonare la chitarra sufficientemente bene per dare forma a questa musica. Vorrei essere un bravo autore, e un bravo chitarrista. Ho imparato molto, ma resta molto altro da imparare sulla musica perché, sotto questa massa di capelli, c’è ancora tanto che preme per uscire. Ho scritto parecchie canzoni che ancora non abbiamo suonato, e che forse non suoneremo mai.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Bleeding heart. The Jimi Hendrix Experience. Royal Albert Hall. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Conto di non esibirmi spesso in pubblico perché sto lavorando a un nuovo sound, che presenterò insieme a una pellicola. Nei prossimi cinque anni vorrei scrivere libri e spettacoli teatrali. Vorrei scrivere storie mitologiche ispirate alla mia fantasia, magari con ambientazioni planetarie, e poi metterle in musica.
Non sarà musica classica, ma utilizzerò archi e arpe, creerò tessiture estreme e contrapposte, contrasti piú netti persino di quelli che si trovano nei “Pianeti” di Holst.
Vorrei anche scrivere una storia per il teatro e comporre l’accompagnamento musicale. Per esempio partire dalla mitologia greca, o da quei vecchi racconti vichinghi su Asgard. Vorrei portarli in scena con luci e suoni. Magari una guerra spaziale tra Nettuno e Urano.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Foxey lady. Live isle of Wight. 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Mi piacciono Strauss e Wagner, quei tizi non sono affatto male, e sono convinto che costituiranno il background perfetto per la mia musica. E in cielo, a fluttuare sopra queste fondamenta, ci sarà il blues -ho ancora dentro parecchio blues- e ancora piú su la musica dei cieli a ovest e la musica dolce di oppio (dovrete portarvi la vostra scorta personale), e tutto si amalgamerà per dare vita a una nuova forma espressiva. Con questa musica dipingeremo paesaggi, Terra e spazio, e condurremo altrove chi ci ascolterà. E’ indispensabile dare alla gente qualcosa grazie a cui sognare.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Izabella. Gypsy sun and Rainbow. Live in Woodstock. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Larrt Lee, chitarra ritmica

Mitch Mitchell, batteria

Juma Sultan, percussioni

Jerry Velez, percussioni

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

Quando avrò la sensazione di non avere altro da offrire a livello musicale, ecco, quello sarà il momento in cui diventerò irrintracciabile. Se non avrò moglie e figli sparirò dalla faccia della Terra, perché non avendo piú nulla da comunicare attraverso la musica non avrò piú niente per cui valga la pena vivere.
Non so se arriverò a 28 anni, ma mi sono accadute cose meravigliose negli ultimi tre.
Il mondo non mi deve nulla. Il terrore della morte è un classico esempio di insicurezza. Il corpo è un veicolo fisico utile a condurti da un posto all'altro senza troppi problemi. Insomma, ti ritrovi addosso un corpo che devi portare a spasso e curare e proteggere eccetera, ma quel corpo presto o tardi si logora. Il proposito e tenere i nervi saldi, capire come prepararsi al meglio per il mondo che verrà, perché ne esiste uno. Spero vi piaccia.
La morte continua ad addolorarci. Si tratta di empatia. Ogni essere umano possiede un certo grado di egoismo, ed è per questo che la morte di un nostro simile ci rattrista. E’ solamente un altro modo per servirci degli altri. Chi è morto non piange. La nostra tristezza dovrebbe andare al bimbo che nasce in questo mondo soffocante, e la morte invece dovrebbe essere salutata con gioia perché chi muore sta per raggiungere qualcosa di piú definitivo, e infinitamente migliore.

 

Jimi Hendrix (febbraio 1970-settembre 1970)

 

 

 

 

Red house. Live isle of Wight. 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

Black Gold (inedita)

 

Il nero è l'oro è puro
E vero re di questa terra.
Quindi dico che tocca a noi raddrizzare
Fuori questo pasticcio...
dobbiamo attraversare l'inferno...
E poi questa è l'ultima di queste cose
Prova miserabile...
Il nero deve essere in grassetto
Perché è oro e vero
Re di questo mondo...
Quindi lasciali andare sulla luna.
Sì, lasciali andare su Marte.
Perché nel profondo
Sono davvero delle stelle.
Ecco perché non vogliono
Noi per mescolare... proprio così
La parola di Dio aveva detto.
Quindi lasciali andare a Saturno... ecco
Dove impareranno invece.
Perché in bianco e nero
Insieme è giusto... E il bianco di per sé lo è
Un elfo egoista.
Quindi ti mostrano come farlo
Uccidi... e se non lo fai
Lo faranno.
Di cosa sanno
Felicità...
Come possono della vita...
Si sono appena persi nello spazio.
Quindi quando sono atterrati,
pianse Atlantide.
Quindi, se sono così soli, prova
Per farli sentire a casa.
Quindi lascia che ti portino la legna da ardere.
E lasciarli rosicchiare sull'osso.
Quindi inventa una parola chiamata amore.
E poi danno la colpa a Dio dei nostri errori.
Non sai quanto devono essere soli?
Così tanti anni luce da casa.
Ehi gente piena di sentimento, sto chiamando.
Non essere più schiavo.
Perché Dio ci proteggerà
Quando si tratta di giorno del giudizio.
Realizza prima che sia troppo tardi...
Che nessuno sulla terra scappi.
Siamo i re della terra.
E l'asse li metterà schiavi...
Hanno ucciso così tanti mondi prima.
Ma si pronunceranno su se stessi...
Quando la terra si aprirà... lo farà
Saranno salvati dal nostro inferno.
Sento la verità della vita.
È meglio che tutti ci rendiamo conto...
Persone come me e te
Ci sentiamo così male, non lo so
Cosa fare... ci tengono
Alto basso di droghe.
E ci hanno fatto fare i loro tappeti...
Mentre andiamo gocciolando sangue.
Ma il sole lo sa
Il vento soffia e il
Il fuoco cresce verso il
Le sponde lontane e l'acqua
Schiume per fare al vapore
Ossa di tutti coloro che non ci credono...
Il nero è l'oro è il re di questo mondo.
È meglio che prendiamo tutti i nostri posti
Prima che Dio ce lo dica al nostro
Di fronte siamo... oltre la razza umana.
Preghiamo che siamo tutti d'accordo
Dobbiamo raddrizzare l'albero genealogico.
La vita è per me e te insieme.
È così che doveva essere.
L'uomo bianco guarda la tua bocca
Perché i nostri tamburi sono rivolti a sud.
E non puoi uccidere il dio
Che ti ha tenuto in vita nel mezzo
I poli del nord e del sud.
Faresti meglio a sistemare il tuo posto
In questo mondo... prima del tuo
I capelli, iniziano ad arricciarsi... e il
Giallo, rosso e nero di questo
Il mondo ti farà a pezzi il culo e l'anima.
Da dove viene?
Dal cielo dove 1.000.000
I mondi sono uno.
Dove sta andando?
Sta per mettersi in contatto
Con i vivi e i morti...
Arriva l'oro nero...
Raduna grandi e piccini...
Si farà sentire dal
I timidi e gli audaci...
In un batter d'occhio
Con un battito di ciglia
Gli ego si gonfiano, si rompono e muoiono...
I regni cadono e piangono...
Con un battito di ciglia...
Con un battito di ciglia
Un neonato piange...
E con 100 soldati muoiono
Un batter d'occhio.

 

 

 

 

Cliccando sulla immagine, si avvia una selezione di locandine di concerti.

Il brano musicale è Highway Chile, The Jimi Hendrix Experience, Are you experienced, 1967.

 

 

 

 

 

1983… (A merman I should turn to be)

 

Urrà, mi sveglio da ieri,
Ancora vivo, ma la guerra è ancora qui.
Cosi io e il mio amore, Catherina,
Decidiamo di attraversare per l'ultima volta il frastuono
verso il mare.
Non per morire, ma per rinascere,
Lontano da terre così colpite e straziate.
Per sempre, per sempre.
Ehi, lo vedi che è veramente un casino,
Ogni angolo della terra è un focolaio di guerra.
Oggetti dalla forma di matite giganti e tubetti di rossetto
Continuano a piovere causando urla di dolore.
E l'artico si colora dal blu argento al rosso sangue,
E, quando i nostri piedi trovano la sabbia e il mare,
è li davanti,
Dritto davanti.
Bè, peccato per i nostri amici,
Non possono essere con noi oggi.
Beh, peccato per loro, la macchina che abbiamo costruito
Non ci salverà mai, dicono
Per questo non sono venuti con noi oggi.
E hanno anche detto che è impossibile
Per un uomo vivere e respirare sott'acqua,
Per sempre era il principale disaccordo.
Già.
E mi hanno rinfacciato anche questo,
Hanno detto, ah, comunque, sai fin troppo bene
Che sarebbe al di la del volere di Dio,
E della grazia del re, la grazie del re.
Già!
Cosi io e il mio tesoro facciamo l'amore sulla sabbia
Per salutare per sempre l'ultimo momento sulla terraferma.
La nostra macchina ha svolto il suo lavoro e fatto bene la sua parte.
Senza lasciarci un graffio sul corpo, le abbiamo detto addio.
Stelle marine e ande giganti ci accolgono con un sorriso.
Prima che le nostre teste vadano sott'acqua diamo
l'ultima occhiata al frastuono mortale.
Segui l'altra strada
L'altra strada. L'altra strada.
Cosi noi andiamo giù, giù sempre più giù.
Presto mio tesoro non possiamo fare tardi
per lo spettacolo.
I campionati di Nettuno nel mondo marino sono da non perdere.
"Da questa parte", sorride una sirena.
Riesco a sentire Atlantide piena di applausi.
Atlantide piena di applausi.
Riesco a sentire Atlantide piena di applausi.
Signore, grazie.

 

Jam session. Electric Ladyland. 1968

 

Jimi Hendrix, voce, chitarra, percussioni

Chris Wood, flauto

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

Castles made of sand

 

Per la strada la si sente gridare: sei una vergogna,
Mentre sbatte la porta sulla sua faccia ubriaca.
E ora lui resta fuori
E tutti i vicini cominciano a spettegolare e parlare a vanvera.
Lui piange, oh ragazza, devi essere pazza.
Che è successo al dolce amore che avevamo?
Lui si schiaccia contro la porta e comincia una scenata,
E le sue lacrime cadono e incendiano il verde del prato.
E così i castelli di sabbia cadono nel mare, alla fine.
Un piccolo indiano coraggioso, che non aveva ancora dieci anni,
Giocava alla guerra nei boschi con i suoi amici indiani.
E sognava di diventare da grande
Un capo indiano senza paura.
Più lune passavano più il sogno diventava forte
Finchè il giorno dopo avrebbe intonato il suo primo canto di guerra,
e combattuto la sua prima battaglia,
ma qualcosa andò storto.
Un attacco a sorpresa lo uccise quella notte nel sonno.
E così castelli di sabbia si sciolgono nel mare, alla fine.
C’era una giovane ragazza dal cuore disgustato
Perché era paralizzata e non riusciva a parlare.
E lei pregava e sperava che la vita finisse.
Così decise di morire.
Spinse la sua sedia a rotelle sul bordo del precipizio,
E sorrise alle sue gambe: non mi farete più soffrire.
Ma poi uno spettacolo mai visto prima la fece sobbalzare e dire:
Guarda, una nave con le ali d’oro mi sta passando davanti.
E quella non dovette fermarsi, ma solo continuare ad andare.
E così castelli di sabbia scivolano nel mare, alla fine.

 

The Jimi Hendrix Experience. Axis: Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

Little Wing

 

Guarda, sta passando tra le nuvole
Con uno spirito funambolo che corre sfrenato
Farfalle e zebre e raggi di luna e storie di fate
Questo da sempre il mondo dei suoi pensieri
Cavalcando con il vento
Quando sono triste lei viene da me
A regalarmi mille sorrisi
Va tutto bene, dice, va tutto bene
Prendi da me tutto quello che vuoi
Qualsiasi cosa, qualsiasi cosa
Vola Piccola Ala

 

The Jimi Hendrix Experience. Axis:Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

If six was nine

 

Sì. Canta una canzone fatello!
Se il sole si è rifiutato di splendere,
non m'importa, non me ne importa,
se le montagne son cadute nel mare,
lascia che sia, non è affar mio.
Va bene, ho il mio mondo da vivere,
e non ho bisogno di fare come te.
Adesso se un 6 si è capovolto diventando 9,
non m'importa, non me ne importa.
Se tutti gli hippy si sono tagliati i capelli,
non me ne frega, non me ne frega.
Stai a sentire:
ho il mio mondo da vivere,
e non ho bisogno di fare come te.
Colletti bianchi conservatori appaiono giù in strada,
mi puntano contro il loro dito di plastica.
Sperano che presto il mio modo di essere crolli e muoia,
ma sventolerò alta, alta la mia bandiera freak!
Sventola, sventola
Cadete montagne. Basta non su di me.
Fate pure Uomini d'affari, voi non potete vestirvi come me.
C'è qualcuno che capisce di cosa sto parlando?
Ho la mia vita da vivere.
Io sono quello che andrà a morire quando sarà la sua ora,
quindi lasciatemi vivere la mia vita come mi pare.
Canta fratello, suona quei tamburi.

 

The Jimi Hendrix Experience. Axis:Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

Axis: Bold as Love


L'Ira sorride, dall'alto della sua armatura di metallo viola luccicante.
Regina Gelosia, l'invidia aspetta alle sue spalle.
la sua veste verde fiammante schernisce il terreno coperto d'erba
Blu sono le acque che danno la vita come se niente fosse
tranquillamente comprendono
Eserciti turchesi un tempo felici sono schierati l'uno di fronte all'altro, pronti,
ma si domandano la ragione del combattimento.
Ma sono tutti audaci come l'amore.
Eh, sono tutti audaci come l'amore, sì!
Sono tutti audaci come l'amore.
Se vuoi chiedilo all'Asse.
Il mio Rosso è così spavaldo, fa mostra di trofei di guerra
e nastri d'euforia
L'Arancione è giovane, pieno di sfida, ma molto incerto alla prima uscita.
Il mio Giallo in questo caso non è tanto sciallo
In effetti, sto cercando di dire che è spaventato come me
E tutte queste mie emozioni mi impediscono
di dare tutto me stesso ad un arcobaleno come te
Ma sono, sì, sono audace come l'amore
Beh, sono audace, audace come l'amore,
ascoltami mentre parlo, ragazza.
Sono audace come l'amore,
se vuoi chiedilo all'Asse.
Lui sa tutto.

 

The Jimi Hendrix Experience. Axis:Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco il pezzo dedicato dal “mè amis Luciano” con spiega musicale:
"Riguardo al pezzo per Hendrix ho cercato di enfatizzare l'aspetto rumoristico del suo modo di suonare e il suo tentativo d'integrarlo in una forma musicale molto semplice come il blues in 4/4 o nelle canzoni...è stato il primo a farlo (insieme a Keith Rowe degli AMM che già 1965 operava però in contesti molto diversi come la musica improvvisata e la musica classica contemporanea) e per me è stato importante per questo, ha aperto la strada ad altri chitarristi che si sono ispirati a lui per questo...e non parlo di Robin Trower o Stevie Ray Vaughan che erano degli imitatori ma di Sonny Sharrock, Derek Bailey, Arto Lindsay, Thurston Moore, Lee Ranaldo, Fred Frith ed altri".

 

Per Jimi

 

 

 

 

 

 

La strumentazione.

 

Chitarre.
Hendrix riceve la prima chitarra elettrica nel 1959: una Supro Ozark modello 1560. La chitarra lo accompagna nei primi concerti ed è dotata di un solo pickup single coil, così come la successiva Silvertone Danelectro, acquistata dopo che la Supro gli sarà rubata. La Danelectro sarà soprannominata "Betty Jean" e accompagnerà Jimi fino alla chiamata alle armi. Hendrix adora questa chitarra e, addirittura durante il periodo di leva, si fa spedire la chitarra dal padre e la usa per esibirsi insieme ad alcuni commilitoni con cui formerà la band King Casuals.
Finito il servizio militare, nel '62 Jimi scambia la Danelectro per una Epiphone Wilshire: la chitarra ha un corpo in mogano con manico incollato e due pickup. Nello stesso periodo compra anche una Ibanez modello 1860 che deve però riconsegnare al negozio, non riuscendo a pagarne le rate. Da qui prende parte alla vita musicale del luogo e viene accolto come ospite negli Upsetters, la band di Little Richard: The Original King of Rock and Roll ("Tutti Frutti, "Good Golly", "Miss Molly"...). Con la band imbraccia una Fender Jazzmaster, chitarra dal body asimmetrico e due pickup.
Nel 1964 lavora con gli Isley Brothers in Tennessee e ottiene una Fender Duo-Sonic Honey Blonde. La chitarra possiede un body in stile Stratocaster, ma è più piccola e monta solo due single coil.
Nell'estate del '66 si trasferisce a New York. Con il denaro fornito dalla fidanzata e vendendo la Duo-Sonic, Hendrix compra la sua prima Stratocaster. Con la formazione dei Jimi Hendrix Experience, utilizza diverse Strat CBS-era, principalmente modelli con manico in palissandro. Solo più tardi utilizzerà Stratocaster con tastiere in acero e palettone, dal colore nero o bianco.
Tutte le chitarre citate sono destre, usate da mancino. A tutte Jimi apporta delle piccole modifiche. In particolare sulla Stratocaster inverte il capotasto ed è solito montare il Mi basso al contrario sulla meccanica per evitarne la fuoriuscita dalla sede.
Nella sua carriera, Hendrix acquista e suona moltissime altre chitarre, e ne rivende altrettante.
È stato possibile vederlo suonare con una Gibson ES-330, una Firebird e una Mosrite, solo per citarne alcune. Nel suo arsenale si annoverano vari modelli Rickenbacker, la famosa Gibson Flying V del ’67 e la altrettanto storica Gibson SG Custom del ’68, una Gibson Les Paul del '55 e una chitarra hawaiana Hagstrom otto corde che è possibile ascoltare in "Spanish Castle Magic".
Storica è la Guild acustica a dodici corde suonata per "Hear My Train A Comin'".

 

 

 

Accordatura e scalatura delle corde.
Hendrix è solito usare l'accordatura standard, ma nelle vesti di cantante privilegia l’accordatura mezzo tono sotto (Eb) per facilitare l’uso della voce.
Le informazioni riguardante le scalature utilizzate sono più oscure ed è necessario affidarsi ai racconti di alcune persone che sono entrate in contatto col chitarrista. Le corde maggiormente utilizzate sono le Fender Rock 'N' Roll light gauge che prevedono la scalatura .010, .013, .015, .026, .032, .038. In merito, il produttore e chitarrista Bob Kulick racconta di aver dato una volta una corda di ricambio a Hendrix: Jimi gli chiese una corda normalmente usato come Mi cantino da montare al posto del Si.
Allo stesso modo Buddy Miles, batterista della Band Of Gypsys e possessore di molte delle chitarre di Jimi, insiste sul fatto che Hendrix usasse una scalatura mista, ibrida.
Un Mi basso che normalmente definiremmo Heavy, un La e Re medium gauge, un Sol hawaiano (non ricoperto), un Si light (la convenzionale scalatura del Mi) e un Mi cantino super light: Miles sostiene che Jimi usasse questa scalatura per mantenere una migliore accordatura.
Oggettivamente, chi ha provato una chitarra con paletta rovesciata e senza bloccacorde avrà potuto notare la differente tensione di Mi basso e cantino rispetto una normale chitarra.

 

 

Amplificatori.
Hendrix ha sperimentato sistemi di amplificazione diversi nella sua carriera, alla ricerca del suono perfetto. Come dice Eric Barrett, suo roadie prima e manager poi, il suo suono fu al 99% Marshall, ma la strada che portò a scegliere i full stack inglesi fu un processo a eliminazione.
Ha posseduto un amplificatore Silvertone con cassa abbinata 2x12 intorno al 1961, anche se in quel periodo usava farsi prestare amplificatori per i concerti.
Dal 1965, con gli Isley Bros, il suo amplificatore principale fu un Fender Twin e in seguito provò amplificatori Orange, come aveva visto usare ai Pink Floyd, ma da nessuno di questi riusciva a ottenere il suono che aveva in testa: la vera svolta arrivò con gli Experience.
Nel 1967 Buck Munger di Sunn Amplification stipulò un contratto di cinque anni (durato in realtà poco più di un anno) tra Hendrix e gli amplificatori Sunn dopo la sua esibizione al Monterey Pop Festival. Sunn forniva alla Jimi Hendrix Experience qualsiasi cosa di cui avesse bisogno, in cambio di ricerca e sviluppo degli amplificatori da parte di Hendirx.
Hendrix utilizzò dapprima dei sistemi di amplificazione Coliseum PA convertiti per chitarra che pilotavano dei cabinet 100-F, normalmente usate come amplificazione da palco. Il sistema prevedeva casse equipaggiate con speaker JBL D-130 per le basse e una tromba (tweeter) LE 100-S per le alte. Le casse non fornivano in pratica una gamma media e Hendrix combinò le testate con una pila di casse Marshall 4x12 per ottenere la giusta risposta timbrica. In seguito, il setup Sunn incluse cinque testate 100S 120 watt con dieci casse equipaggiate con due JBL D-130 ciascuno.
"Siamo arrivati a quattro speaker da 12" Eminence su richiesta di Jimi, e il suo consiglio fu che la minima potenza accettabile fosse 100 watt per cassa", ricorda Munger.
Durante l’Experience, tour che ebbe inizio nel febbraio del '68, Hendrix usò dei Fender Dual Showman, dei Marshall, e poi testate da 100 watt Sunn Coliseum, con cabinet 2x15 Sunn.
Foto di scena di quel periodo mostrano Hendrix usare un assortimento di Sunn, Fender e Marshall.
Hendrix interruppe il suo rapporto con Sunn e iniziò a usare quasi esclusivamente Marshall. "Jimi è stato utilizzato per i grandi numeri", spiegò Munger, ma quando interruppe il contratto fu chiaro che gli amplificatori non gli piacessero.
Hendrix passò quindi a utilizzare esclusivamente amplificatori Marshall 100 watt Super Lead a pilotare due cabinet 4x12. Presto il suo setup contò tre testate da 100w e sei casse 4x12. Hendrix usava collegare la chitarra al primo amplificatore e ponticellare le altre testate in serie, sfruttando gli ingressi separati delle plexi.
Suonando praticamente sempre al massimo volume, i suoi amplificatori e valvole avevano vita breve.
Eddie Kramer, il tecnico del suono dell’Experience, ricorda che le testate furono equipaggiate su richiesta di Jimi con valvole finali KT66, che producono un suono più grosso e nitido rispetto alle classiche EL-34 delle testate 1959 SLP.
Marshall equipaggiava le sue casse con dei Celestion con magnete in Alnico da 20w, utilizzati anche da altri produttori come Vox (senza la caratteristica campana blu). Non erano però sufficienti a reggere la pressione sonora della Plexi che, a pieno volume, ruggiva fino a 140w nominali.
Marshall utilizzò dei nuovi speaker dotati di magneti ceramici, i G12M-30, rinominati Greenback per il colore della campana e forniti in due versioni, 55 Hz e 75 Hz per una differente risposta timbrica delle basse. È molto probabile che fu la versione 55Hz a essere scelta, nonostante nella prima fase del tuor avesse usato anche i JBL 120F. Quello che è certo è che lo speaker che richiama perfettamente il suono di Hendrix è il Greenback, ora tanto amato dai chitarristi di tutto il mondo.

 

 

Effetti.
I primi effetti per chitarra erano relativamente nuovi quando Hendrix si trovò a utilizzarli e molti sistemi, appena inventati, divennero parte integrante del suo suono. Uno dei tratti caratteristici di Hendrix è sicuramente il pedale wah-wah. Iniziò a utilizzarlo dopo aver ascoltato il suono del filtro in "Tales Of Brave Ulysses" dei Cream.
Il suo suono tradizionale era prodotto dal Vox Clyde McCoy V846 con induttore Fasel.
Probabilmente l'impronta più riconoscibile del suono di Hendrix è data dal Fuzzface, il pedale rosso e rotondo prodotto da Dallas Arbiter che deve il suo nome alla forma raffigurante un volto sorridente.
La voce originale del Fuzz Face era prodotta da transistor al germanio, che fornivano un suono distorto molto particolare.
I transistor erano molto delicati e non tutti avevano lo stesso carico di corrente, per cui era difficile appaiarli nel circuito.
Per questo motivo, nessuno dei primi fuzz suonava identico a un altro e non tutti suonavano bene, quindi era molto importante sceglierli accuratamente.
Successivamente, Arbiter introdusse un nuovo modello blu con transistor al silicio, che hanno un suono più brillante e con una gamma media più esposta (come ora riedito). L’alimentazione a batteria è una parte certa del suono e, nonostante la cosa possa far sorridere, gli estimatori del suono originale (tra cui Eric Johnson) suggeriscono di sfruttare delle pile zinco-carbone già usate per modellare il suono del Fuzz Face e renderlo più controllabile.
Hendrix utilizzò da subito dei fuzzbox (il primo un Maestro), ma fu solo dopo l'incontro con un giovane costruttore di nome Roger Mayer -a Londra nel 1967- che iniziò a usare un prototipo chiamato Octavia.
L’Octavia era un fuzzbox con circuito a doppia frequenza che sintetizzava una seconda nota un'ottava sopra la nota suonata, doppiando in effetti il segnale audio distorto.
Mayer diventò allora tecnico delle chitarre nel tour del 1968 negli Stati Uniti e continuò a lavorare per Hendrix anche successivamente. Anche se il fuzzbox principale di Hendrix si associa al Dallas Arbiter Fuzz Face, Mayer ha costruito decine di fuzz per Hendrix, insieme a un numero imprecisato di Octavia. Questo effetto è udibile per la prima volta in "Purple Haze" e "Fire".
Un altro ingrediente essenziale nella catena effetti di Hendrix è l’Univox Uni-Vibe, un effetto di chorus / rotary speaker, simulatore Lesile introdotto nel 1969. Hendrix ha immediatamente aggiunto il dispositivo al suo setup e ha continuato a usarlo per tutta la sua carriera.
Fu quindi il Fuzz Face a determinare il suo suono distorto e il feedback, pilotando gli amplificatori Marshall con volume al massimo, tratto importantissimo per raggiungere il suo stesso livello di dinamica e potenza. Spesso utilizzava l’Octavia prima del Fuzz Face, ottenendo un suono più aggressivo. Hendrix sfruttò il fuzz anche per i suoni clean, abbassando il volume della chitarra per pulire il suono, ma contemporaneamente mantenendo un attacco più deciso e nitido.
Il pedale Wah, per lo più Vox, si può ascoltare su Axis: Bold as Love per la prima volta. L'Uni-Vibe compare attorno al 1970.
La grande differenza nel suono dal vivo rispetto al lavoro su disco fu data dal doppiaggio delle parti di chitarra, inversione di fase e utilizzo degli effetti su nastro, per cui è consigliabile l’ascolto delle registrazioni live per avvicinarsi al suono originale di Hendrix.

 

 

 

 

 

Jam back at the house. Gypsy sun and Rainbow. Live in Woodstock. 1969.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Larrt Lee, chitarra ritmica

Mitch Mitchell, batteria

Juma Sultan, percussioni

Jerry Velez, percussioni

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)

 

 

 

 

 

L'approccio filosofico.

 

Un nuovo libro.
La complessa questione del sistema di pensiero di Jimi Hendrix che sta dietro praticamente ogni gesto poi fatto sul palco, ogni accordo preso a prestito, spesso inconsapevolmente, dal raffinato mondo del jazz che gli scorreva attorno, e ogni testo che rivela una sorprendente maturità espressiva e poetica è affrontata in un nuovo libro, piccolo per mole, spesso per densità e riflessione critica realizzato da Alberto Rezzi per Mimesis.
Si intitola "La filosofia di Jimi Hendrix/Viaggio al temine del mondo", esce nella bella serie "Il caffè dei filosofi". Rezzi, che s’è già occupato di quanto pensiero sistematico sia dietro anche alle due apparentemente facili figure di chitarristi centrali nella storia del Novecento, Pat Martino ed Eric Clapton, con il testo su Hendrix in meno di centocinquanta pagine offre ben più d’uno spunto di riflessione. Non di agiografia mitizzante si tratta, comunque (di quella ce n’è già stata a dismisura), ma di seguire indizi e piste per il motivo esattamente contrario: restituire Hendrix a un viluppo di questioni filosofiche, esistenziali, musicali, naturalmente, che incrociano il suo brevissimo tragitto terreno, e la sostanziale indifferenza al tempo della sua opera. Il più importante dei quali, quello cui fa riferimento il sottotitolo "celiniano" del testo, viaggio al termine del mondo, va diretto a un filosofo nordamericano della seconda metà del Novecento occasionalmente ricordato, e spesso di laboriosa lettura. È Nelson Goodman, eversivo elaboratore di tesi costruttiviste. Le sue pubblicazioni, come Ways of Worldmaking, alla lettera "Modi per costruire mondi", reso con scarsa efficacia nella traduzione italiana per Laterza Vedere e costruire il mondo, esplorano il concetto di "molteplicità" dei mondi, intendendo come molteplicità e realtà fattuale di innumerevoli mondi anche quelli creati dall’arte, perché la differenza tra scienza e arte è solo "nel predominio di certe caratteristiche specifiche dei simboli, ed entrambe operano inventando, applicando, interpretando, trasformando, manipolando, con sistemi simbolici che si somigliano e si differenziano in modi specifici".

Parabole e rumori.
Einstein e Hendrix, dunque, non sarebbero così lontani: semplicemente Hendrix analizzato con questa chiave, diventa nella sua bruciante parabola creativa da Are You Experienced a The Cry of Love un "costruttore di mondi" alternativi con l’uso cosciente, deliberato e via via più raffinato di linguaggi e codici simbolici corporei, musicali, poetico-metaforici, immaginativi, cromatici, sinestetici, e infine tecnici, applicati alle novità che via via emergevano per far suonare in modo "altro" la chitarra, e di cui Jimi era attentissimo osservatore e fruitore. A partire dall’uso ineguagliato del volume, e del controllo del feedback, il "rumore parassita" innescato dalle casse che Hendrix trasformò in una micidiale e plasmabile risorsa.
Un altro punto di riferimento filosofico agevolmente rintracciabile in testi e musica del mancino di Seattle "costruttore di mondi", secondo Rezzi, va ritrovato nella filosofia presocratica del filosofo siciliano Empedocle: dove il suo celebre frammento "Non c’è nascita alcuna di tutte le cose mortali, né alcuna fine di morte funesta, ma solo mescolanza e cambiamento di cose frammiste" si può applicare alla lettera al pulsante mondo di contaminazioni incrociate di Hendrix, e dove i suoi testi ci rimandano di continuo la pregnanza, nel sistema di pensiero hendrixiani, delle quattro “radici eterne” del divenire delle cose, acqua, terra aria fuoco», tenute in continuo movimento da Philia e Neikos, amicizia e amore da un lato, odio e discordia dall’altro. Gran bel modo per riassumere le spinte catastroficamente divergenti che attraversarono il mondo nella seconda metà dei Sessanta, e per tutto il decennio successivo. Un universo aperto, in continuo movimento, infinito e privo di centro (di nuovo: la "molteplicità dei mondi" a venire di Goodman): difficile non scorgere, secondo Rezzi, alcune delle conclusioni cui arrivò secoli dopo Giordano Bruno, per questo bruciato vivo dall’ortodossia cattolica. C’è ancor qualcos’altro, un riferimento al Bataille dell’erotismo, e al nodo inestricabile tra erotismo e sacrificio, nel plateale gesto di Hendrix che dà alle fiamme la chitarra al termine della celeberrima esibizione al Monterey Pop Festival, una riflessione necessaria, ancora, su quanto alcune delle avanguardie pittoriche del Novecento abbiano avuto in comune con la sinestetica visione della "musica colorata" di Jimi Hendrix, le sue vere e proprie tecniche di pittura sonora.

Action painting.
Rezzi avvicina in particolare le tecniche di action painting e di colatura dei colori di Jackson Pollock alle note di Hendrix. Là una sorta di "uso ritmico" del colore, steso lasciando fluire i movimenti impulsivi del corpo e lo sgocciolamento, qui il chitarrista che dice, del metodo compositivo col suo gruppo: "Non vogliamo nulla di scrupolosamente pianificato", e filtra e usa all’impronta linguaggi e simboli a lungo meditati, poi lasciati fluire nel crogiolo finale che dà vita a un "altro mondo".
Forse l’uomo Hendrix, il genio della chitarra che non ha visto i suoi trent’anni tutto questo lo ha tratto solo dalle sue letture fantascientifiche, innesco di pluralità di visioni, non certo dallo studio sistematico di filosofie che non ha mai conosciuto. Forse, però, conoscerle direttamente non l’avrebbe portato più in là di quanto le sue ali d’angelo elettrico non l’abbiano portato, per sempre.


Guido Festinese.

 

 

 

 

 

 

 

 

Portfolio con audio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Manic depression. The Jimi Hendrix Experience. Are you experienced. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Up from the skies. The Jimi Hendrix Experience. Axis:Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, voce basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Love or confusion. The Jimi Hendrix Experience. Are you experienced. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

One rainy wish. The Jimi Hendrix Experience. Axis: Bold as love. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All along the watchtower. The Jimi Hendrix Experience. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fire. The Jimi Hendrix Experience. Are you experienced. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Burning on a midnight lamp. The Jimi Hendrix Experience. Electric Ladyland. 1968.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con Eric Clapton

 

 

 

 

 

Con Mick Jagger

 

 

 

 

 

Con Jim Morrison e Bruce Lee

 

 

 

 

 

 

 

Hey Joe. The Jimi Hendrix Experience. Are you experienced. 1967.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Noel Redding, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

 

 

 

 

 

Con Brian Jones

 

 

 

 

 

Con Janis Joplin

 

 

 

 

 

Con Joan Baez

 

 

 

 

 

Con John Mayall e Steve Winwood

 

 

 

 

 

Con Johnny Winter

 

 

 

 

Atlanta Pop Festival, 1970.

 

Jimi Hendrix, voce chitarra

Billy Cox, basso

Mitch Mitchell, batteria

 

(clicca sulla locandina per l'avvio)