Otober 2012. Paciarotta, ovvero l’essere bimbi.

 

 

 

 

Preambolo. 2 ottobre 2011.

 

 
Ciao Giorgia, eccoti qua, arrivata...
ed ecco il mio frammento di muro,
che figura uno dei simboli
di quando tuo nonno era molto giovane,
simbolo da tempo ignorato, volutamente dimenticato,
ma che voglio che sia per te,
quello che è stato per me.
Il crescere e vivere con dignità,
sapendo sempre da che parte stare,
stringendo risoluta tra le mani i tuoi diritti,
non meno che i tuoi doveri,
e lottare duramente perché gli altri facciano altrettanto.
Capire che la diversità è un valore inestimabile,
che le passioni vanno vissute,
e talvolta possono, devono, anche non avere limiti.
Conoscere, perché la cultura è la miglior difesa,
dai prepotenti, dai mistificatori, dagli utili idioti,
di cui è pieno il mondo.
Comprendere che religione e potere,
al di là di quello che ti vorranno far credere,
hanno un unico dio.
E, soprattutto, renderti forte nei momenti in cui ne avrai bisogno,
perché tra una sconfitta ed una vittoria,
la scelta sia solo quella che, dopo,
guardandoti allo specchio,
tu non debba mai abbassare gli occhi.

 

 

 

 

 

 

"El mestée" di questo mese non poteva che essere dedicato, ricorrendone il primo compleanno, alla mia Paciarotta. Nessun commento o scritto che, data la liaison esistente, avrebbero potuto facilmente incorrere in stereotipi o insopportabile retorica, ma esclusivamente ritratti b&w fatti nel periodo trascorso insieme a Ca fiù 'd reusa. Peraltro, avendo dedicato "el mestée" alla mia bimba, colgo l'occasione per estendere a tutti i bimbi la dedica, se non con le foto, con una poesia di Marcello Bernardi, "Discorso a un Bambino", un testo di Gianfranco Zavalloni, "Il Manifesto dei Diritti Naturali di Bimbe e Bimbi", una mia meditazione libertaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

Discorso a un bambino.


Se ti dicono sempre che sei bravo,
sta' in guardia:
qualcuno cercherà di sfruttarti.
Se ti dicono sempre che sei intelligente,
sta' in guardia:
qualcuno cercherà di farti schiavo.
Se ti dicono sempre che sei buono,
sta' in guardia:
qualcuno cercherà di opprimerti.
Ma se ti dicono studia,
non temere:
tu potrai fare un mondo senza scuole.
Se ti dicono taci,
non temere:
tu potrai fare un mondo senza bavagli.
Se ti dicono obbedisci,
non temere:
tu potrai fare un mondo senza padroni.
Se ti dicono chiedi perdono,
non temere:
tu potrai fare un mondo senza inferni.
Non credere a chi ti comanda,
a chi ti punisce, a chi ti ammaestra,
a chi ti deride, a chi ti lusinga,
a chi ti inganna, a chi ti disprezza.
Essi non sanno che tu sei ancora un uomo libero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 Il Manifesto dei Diritti Naturali di Bimbe e Bimbi

 
 
1. Il diritto al tempo

 

Siamo nell'epoca in cui tutto è programmato, curriculato, informatizzato. Ai bambini e alle bambine offriamo praticamente una settimana programmata nei minimi dettagli. Spesso le loro iter scolastici, le loro carriere, sono praticamente predefiniti da noi adulti. Non c'è spazio per l'ozio, l'imprevisto, l'auto-organizzazione infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati. Non c'è, da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti autogestiti.
È ingiusto pensare al tempo dei bambini e delle bambine esclusivamente come un tempo di preparazione a "quando saranno adulti, con un loro lavoro"? È importante la meta, ma è altrettanto importante il "cammino" che si fa per giungere a quel traguardo. L'infanzia va vissuta in quanto tale e non solo come periodo di preparazione all'età matura. Si tratta perciò di imparare a "camminare" sapendo che educazione è anche "fare strada insieme", attenti a ciò che ci viene incontro in maniera imprevista.
E forse, come afferma il Piccolo Principe, capiremo che "l'essenziale è invisibile agli occhi".
E' indispensabile, per noi grandi, prendere coscienza che il tempo del gioco, il tempo dell'ozio, il tempo del "non far niente insieme agli amici" è importante. E tutto questo anche senza la presenza di noi adulti. I bambini e le bambine hanno bisogno di scoprire da soli quelle che sono le regole dello stare insieme, del giocare nello stesso luogo. Solo così matureranno e faranno proprie le "regole fondamentali di convivenza". Saranno regole, a quel punto, acquisite naturalmente nella coscienza personale e non imposte dagli altri, dall'adulto, dall'alto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

2. Il diritto a sporcarsi
 
L'epoca attuale è quella del look, delle cartelle firmate, delle riviste di moda e dei negozi di abbigliamento per l'infanzia, dei bambini col cellulare. Ma il nostro è anche il tempo del "non ti sporcare", "stai attento", "ma cosa mi hai combinato?!". Credo che i bimbi e le bimbe abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali: la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, i sassi, i rametti, la neve, l'acqua,... Quanta gioia c'è, nei bambini e nelle bambine, quando pastrocchiano in una pozzanghera o in un cumulo di sabbia o di neve. Però queste, a detta degli esperti, rischiano di essere attività poco igieniche.
Nulla si dice sulla poca igienicità di una moquette, delle paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano e manipolano i bambini e le bambine soprattutto nelle scuole. Proviamo ad osservare attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi organizzati oppure quando siamo in un boschetto o su un prato.
Sarà interessante scoprire che un bimbo o una bimba sono capaci di giocare per ore con le poche cose trovate per terra, le foglie d'erba, un po' di sabbia, alcuni bastoncini o ciottoli. Sono sufficienti uno spazio all'aria aperta, qualche semplice oggetto che l'ambiente naturale ci regala, un po' d'acqua e... un clima sereno. In questa semplicità emerge un grande messaggio educativo per i mondo di noi adulti: i bimbi e le bimbe ci insegnano che non hanno bisogno di giochi e giocattoli complicati ed elaborati, ma che si accontentano delle piccole e semplici cose che la natura di offre, in un clima sereno e accogliente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

3. Il diritto agli odori
 
Oggi il rischio è quello di mettere tutto "sotto vuoto". Nel percorrere le nostre città e i nostri paesi è difficile poter distinguere luoghi tipici, percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa.
Pensiamo alla bottega del fornaio, all'officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio, al falegname, alla farmacia. Questi luoghi emanavano odori speciali, di cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre. Oggi entrare in una scuola (chi non ricorda l'odore del primo giorno di scuola), in un ospedale, in un supermercato o in una chiesa spesso significa respirare ed annusare lo stesso odore di detergente.
Non ci sono più differenze. Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive. Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe selvatiche? Sono sensazioni che dal naso passano direttamente al cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra esistenza. Non possiamo derubare il mondo dell'infanzia di questa grande opportunità: il diritto al proprio naso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

4. Il diritto a prendere la parola
 
Dobbiamo constatare sempre di più la triste realtà di un sistema di comunicazione e di informazione "unidirezionale". Da una parte la TV, i giornali, i mass-media, dall'altra gli ascoltatori, i telespettatori che subiscono passivamente. Siamo al monologo. Un tempo si poteva entrare tranquillamente nelle case e si poteva chiacchierare al caldo del camino o della stufa. Oggi al centro non c'è più il fuoco, ma la televisone e, possibilmente, sempre in funzione.
Si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici "a televisione accesa". Un calcolo matematico (approssimato e per difetto) ci dice che se un bambino o una bambina seguono la TV per 2 ore al giorno, moltiplicato per circa 360 giorni all'anno, abbiamo un totale di 720 ore. Se dividiamo per le 24, cioè le ore di un giorno, otteniamo 30. Trenta giorni, cioè un mese ininterrotto (24 ore al dì) di televisione all'anno. E questo non è certo dialogo. Con la televisione non si "prende la parola". Cosa diversa è il raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini. In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire, dialogare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

5. Il diritto a saper usare le mani
 
La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L'industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti "usa e getta", che non possono essere riparati.
Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano dell'apporto creativo della manualità del bambino o della bambina. Oggi, poi, anziché i calcio-balilla, nelle sale giochi o nei circoli ricreativi, ci si abitua al video-gioco. E nel contempo mancano le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità fine.
Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano piantare chiodi, segare, raspare, scartavetrare, incollare... anche perché è difficile incontrare adulti che vanno in ferramenta a comprare i regali ai propri figli. Quello dell'uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società post-industriale e rischiamo di avere bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer, ma incapaci di usare un martello o un paio di pinze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

6. Il diritto ad un buon inizio
 
Qui mi riferisco alla problematica dell'inquinamento. L'acqua non è più pura come cantava San Francesco, l'aria è intrisa di pulviscoli di ogni genere. Non meravigliamoci, perciò, della esplosione delle allergie, che colpiscono oggigiorno una buona percentuale di popolazione.
La terra è fecondata dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo e del progresso. Eppure in quel "tornare indietro" che molti di noi hanno vissuto fra il 1973 e il 1974, con la famosa "austerity", abbiamo ritrovato il gusto della città, lo stare insieme in maniera conviviale, divertente, spensierata, senza l'assillo dell'automobile e del tempo. È questo che spesso i bimbi e le bimbe ci chiedono. Da qui l'importanza dell'attenzione a quello che "fin da piccoli si mangia", "si beve" e si respira.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

7. Il diritto alla strada

 

La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto. La strada e la piazza dovrebbero permettere l'incontro. Oggi sempre più le piazze sono dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo motorizzato. Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamento. É praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza, spostarsi in bicicletta. Gli anziani sono continuamente in pericolo in questi luoghi. Dobbiamo renderci conto che, come ogni luogo della comunità, la strada e la piazza sono di tutti, così come ancora è in qualche nostro piccolo paesino di montagna o in molte città del Sud del mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. Il diritto al selvaggio
 
Anche nel cosiddetto tempo libero tutto è preorganizzato. Siamo nell'epoca dei "divertimentifici". Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney, Gardaland, Mirabilandia... parchi gioco programmati nei dettagli. E così è nel piccolo, nei parchi pubblici e nel verde delle città, compreso l'arredo urbano. Certo, nulla da eccepire riguardo l'aspetto estetico. Ma dov'è la possibilità di costruire un luogo di rifugio-gioco, una capanna di legno, dove sono i canneti e i boschetti in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi?
Il mondo è fatto di luoghi modificati dall'uomo, ma è importante che questi si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati allo stato naturale. Anche per l'infanzia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. Il diritto ad ascoltare il silenzio
 
I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma le orecchie sono sempre aperte. Così sono sottoposte continuamente alle sollecitazioni esterne. Mi sembra ci sia l'abitudine al rumore, alla situazione rumorosa, a tal punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile partecipare a feste di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da musiche assordanti. E così accade anche a scuola.
L'immagine emblematica di tutto ciò è data da coloro che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si portano nella natura, per una bella passeggiata, con le cuffie del registratore portatile ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua. Questo significa diritto al silenzio, ad educarci all'ascolto silenzioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10. Il diritto a percepire le sfumature
 
La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c'è. Nelle nostre case l'elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall'una all'altra situazione. Quel che più è grave è che poche persone, pochi bambini o bambine, riescono a vedere il sorgere del sole, cioè l'aurora e l'alba oppure il crepuscolo o il tramonto. Non si percepiscono più le sfumature. Il pericolo che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o bianco si rischi davvero l'integralismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La gioia di vivere di una bimba,
la sua voglia di sussurrare,
di gridare, di urlare,
la sua incontenibile esigenza
di provare emozioni,
causarne, subirne,
di comunicare le sue sensazioni,
con gesti, con movenze,
con sguardi, con bronci improvvisi,
non deve avere impedimento.
Se hai occasione di esserne partecipe,
liberati da logica e saggezza,
da regole e principi,
e assecondala senza remore o esitazioni.
Solo allora sentirai, capirai,
di assistere alla piena libertà di essere,
del suo essere, del suo esistere,
alla affermazione della sua personalità.
Triste è vedere, quando si cerca
di condizionare, controllare tutto ciò,
se non proibire,
adducendo a giustificazione
formazione, educazione, pedagogia,
che nascondono, e infondono,
solo conformismo e omologazione.
L'espressione ingabbiata è tra le cose peggiori
che possa sopportare una bimba,
e che uno spocchioso adulto le possa imporre.