April 2020. L’Oliviero pensiero.
Cambiare il mondo significa cambiare i nostri punti di vista,
sovvertirli senza paura.
Bisogna smetterla col tollerare tutto ciò che ci viene propinato.
Sviluppare l'individualita,
che è il bene più prezioso che abbiamo,
significa non rispettare le imposizioni.
E non rispettare le imposizioni significa fare delle piccole rivoluzioni.
Che messe tutte assieme fanno la rivoluzione globale.
Non è facile ma dobbiamo farlo.
Oliviero Toscani
Questo "mestée del mes" lo dedico a Oliviero Toscani. Personaggio controverso, contradditorio, polemico all'ennesima potenza, impegnato, intransigente e indisponente. Pur con simile profilo debbo riconoscere di avermi sempre interessato le sue esternazioni e averlo seguito nel suo "fotografare" provocatorio e inducente alla riflessione, espressione di eccelsa creatività. Intervallati da alcune sue foto, un parere di un fotografo e tre conversazioni con Luca Sommi tratte da da "Moriremo eleganti", 2012.
In occasione della mostra "più di 50 anni di magnifici fallimenti". 14.04-30.06.2019, MAR di Ravenna.
Oliviero Toscani è un magnifico fallito? Io non credo. Ma Oliviero Toscani è costantemente bersaglio e crocevia di scontri foto-ideologici, accusato di ogni nefandezza etica e morale, pochezza fotografica, gigionismo narcisistico, propaganda, cinismo, qualunquismo, e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo accanirsi contro e attorno a Toscani ha trovato ulteriore benzina nei social, diventando una vera "guerra di religione"; religione fotografica, beninteso. Il nostro non ha certo bisogno di essere difeso -in questo si basta- ma voglio dire a gran voce, ben sapendo di entrare masochisticamente nel tritacarne, che la penso esattamente al contrario. Certo, come non vederne l'ego smisurato, il lato narcisistico, il battutismo talvolta liquidatorio e apodittico? Come non vedere il suo intento, perseguito con metodo, di voler apparire polemico, antipatico e spocchioso? Apparire non significa essere, tuttavia. Ma come, vogliamo giudicare dalle apparenze proprio chi ci parla da 50 anni di apparenze?
Mi interessano poco i suoi pareri sulla politica o altre varie ed eventuali che prontamente sfodera non appena qualcuno gli punta addosso una telecamera e un microfono, magari all'uscita di un ristorante con 30 secondi a disposizione. Mi interessa, viceversa, quello che ha dire sulla fotografia e sulla comunicazione, quando può farlo con calma e nelle sedi opportune. Allora è un maestro, un guru, un grande saggio che ha vissuto a lungo e intensamente, molto ha visto e molto ha fatto, e può regalare illuminazioni fondamentali. Non a tutti, però, non a chi ama vivere al buio, chiuso in una scatola con le sue quattro certezze, come sepolto nel suo sarcofago insieme agli oggetti cari in vita.
Leggere tra le righe Toscani significa aprirsi e aprire la mente, spogliarsi da tutte le convenzioni estetizzanti, rassicuranti, politicamente corrette e ruffiane di molta fotografia di oggi e di ieri. La frase più ricorrente che si sente a proposito di Toscani è: "Come fotografo non è un granché, però è un grande comunicatore". Questa frase è un ossimoro, perché se è un grande comunicatore tramite la fotografia allora è anche un grande fotografo. Affermazione che -apriti cielo!- nel suo sembrare un postulato scatena il putiferio.
Per capire meglio il percorso e la portata di Oliviero Toscani possiamo andare a visitare la sua mostra aperta fino al 30 giugno al Mar-Museo d'Arte della città di Ravenna; il titolo di tale mostra è già indicativo: "Più di 50 anni di magnifici fallimenti". Anche "magnifico fallimento" sembra un ossimoro, e a ben guardare tutto un ossimoro può apparire lo stile di Toscani. Ma non lo è. Nelle otre 150 fotografie esposte si percepisce chiaramente una grande lucidità, una consapevole ricerca di pulizia, il ripudio di mediazioni ed estetismi, il coraggio di essere -brutalmente se necessario- diretto.
Pochi sono i fotografi che in un così lungo percorso hanno mostrato una simile coerenza, sempre in anticipo e dunque sempre controverso. Se c'è una cosa che accomuna Toscani ad altri grandi maestri della storia della fotografia, è la pratica del togliere. Togliere tutto il superfluo per trovare l'essenza. L'insicurezza come autori spesso induce ad aggiungere, abbellire, infiocchettare, infarcire. Si diventa barocchi per nascondere di essere brocchi.
La semplicità è il massimo, estremo e definitivo punto d'arrivo della complicazione, ma solitamente lo si capisce quando è ormai troppo tardi e bisognerebbe rinascere "imparati". Oliviero Toscani lo ha capito in culla, e questa è la sua grande lezione.
Il suo progetto in progress ossessivo e compulsivo -la fotografia è un'ossessione- si chiama "Razza Umana": ritratti di persone che abitano il pianeta Terra, giovani, vecchi, uomini, donne, con la pelle chiara, con la pelle scura, biondi, mori, ricciuti, calvi, con le lentiggini, col volto affilato, col volto pieno, con gli occhi a mandorla, azzurri, castani, e ancora, e ancora. Ritratti tutti uguali ma tutti diversi, che nella loro infinita moltiplicazione di variazioni interne diventano un progetto epocale e potente. Se ne vediamo solo una, cinque o dieci non significano nulla, perché non sono belle foto. Sono piuttosto buone foto, e tanto più buone diventano quanto più numerose sono.
Non a caso Oliviero Toscani individua in August Sander il suo padre putativo, forse l'unico che riconosce come maestro. Quel Sander che s'imbarcò, con simile atteggiamento, in "Uomini del ventesimo secolo", concepito come ritratto collettivo -sommatoria di tante individualità- della società tedesca attorno agli anni 20.
Si può perfino essere fotografi con le foto di altri fotografi, indica Toscani: se nuovo è il senso, nuovo è l'autore. Opinabile, certamente, ma obbliga a riflettere, a farsi domande, a mettere in discussione molte presunte certezze. Dunque è utilissimo, addirittura fondamentale per i giovani fotografi spesso disorientati e sballottati creativamente tra mode, tendenze, mercati.
La sua grande lezione, dicevamo, almeno per chi vuole sintonizzarsi. E proprio Lezioni di fotografia s'intitolava una collana (edita da Rcs) curata dallo stesso Oliviero Toscani, che in sua pagina introduttiva scriveva, tra l'altro:
"La fotografia è il medium per eccellenza di quell'enorme pubblicità che il mondo fa di se stesso (...)";
"Fotografare non è prendere la realtà per oggetto, ma farla diventare oggetto (...)";
"Bisogna togliere tutto ciò che è facile virtuosismo fotografico, perché la fotografia vera è fermarsi su un'immagine, quindi fermarsi sul mondo (...)";
"E' di questa immobilità che le cose sognano, è di questa immobilità che sogniamo. Qualunque sia il rumore e la violenza che la circonda, la foto restituisce l'oggetto all'immobilità e soprattutto al silenzio".
Ecco, si parla tanto attorno alle fotografie di Oliviero Toscani quando dimentichiamo che la fotografia -ogni fotografia- desidera il silenzio e di esso si nutre. Solo così, forse, ci crescerà dentro e avrà qualcosa da dirci. (L. Bertolucci, 2019)
Conversazione 1. Gli italiani leccaculo "teleidiotizzati".
- Parliamo dell'Italia?
Amo l'Italia, anche se è un Paese di mafiosi, ma odio gli italiani. Sono vili e l'unica cosa che sanno far funzionare è la mafia, quella diffusa, la burocrazia. Poi sono dei lottizzatori e, a loro volta, dei lottizzati. Purtroppo in Italia la mafia è l'unica società per azioni, a delinquere, che funziona bene e che fa fatturato. Ecco l'unico vero talento degli italiani: la criminalità!
- Partiamo bene.
Non è colpa mia se gli italiani sono così inadeguati.
-Ti leggo una cosa datata marzo 1824, Giacomo Leopardi scrive sugli italiani: "Sono i maggiori nemici del bene operare, e autori del male e della immoralità (...) la indifferenza profonda, radicata e efficacissima verso se stessi e verso gli altri, che è la maggior peste de' costumi, de' carattere, e della morale". In due secoli non siamo cambiati molto....
Si, ma Leopardi è stato buono. Gli italiani sono peggio, non sono così forti. Perché per essere così ci vuole il carattere, bisogna avere determinazione e, soprattutto, bisogna avere coraggio. Gli italiani non hanno nessuna di queste cose.
- Ecco il provocatore...
Corrispondere a quella descrizione vuol dire, in qualche modo, avere coraggio. Ti sembra che gli italiani siano coraggiosi?
- A volte lo siamo stati: pensa alla Resistenza.
Certo, ma sono episodi isolati, eccezioni che confermano la regola. Gli italiani sono prevalentemente dei vili, sono il ritratto che ne faceva Alberto Sordi. E rispetto al passato oggi siamo anche rincretiniti dalla televisione, come in nessun altro Paese. Dopo tanti anni di berlusconismo siamo stati "teleidiotizzati".
- L'Italia è un Paese frutto di diversissime etnie, culture e tradizioni: questo dovrebbe essere un punto di partenza vantaggioso rispetto agli altri Paesi. Eppure il risultato è che veniamo sempre descritti come i personaggi di Alberto Sordi. Secondo te quali sono le cause di tutto ciò?
Indubbiamente è così. Credo che la causa vada ricercata nella storia. Siamo un popolo che è il risultato di un certo padronato. Dai padroni che abbiamo avuto nella storia dipende la nostra educazione, il nostro modo di essere. Abbiamo sempre avuto dei padroni tremendi. La Chiesa in primis. E poi l'aristocrazie italiana, da mettersi le mani nei capelli. Oppure una certa imprenditoria: terribile destino nazionale!
- Però tu hai fatto fortuna grazie all'industria italiana...
Appunto, sono stato doppiamente bravo.
- Dunque cattivi padroni uguale a cattivi insegnamenti.
Non solo: ci hanno insegnato anche a rubare. Loro rubavano ai poveri, ai loro mezzadri, e il mezzadro per sopravvivere, pover'uomo, doveva a sua volta rubare: la pecora, la mucca, la gallina, il maiale. Alla fine tutta questa catena è diventata un sistema: Quindi siamo un paese di ladri. E di servi.
(...)
- Il servilismo è cosa dell'uomo, è un sintomo di debolezza. Ma tu dici che nel nostro Paese si manifesta in modo esagerato.
Certo. Noi siamo un Paese di servi nel senso peggiore del termina: siamo dei leccaculo, cambiamo bandiera in base alle comodità e alle necessità, siamo completamente inaffidabili. L'Italia è piena di ladri, che rubano anche e se stessi. Siamo il Paese dove i padroni moderni, i manager, gli amministratori pubblici e privati, hanno gli stipendi più alti d'Europa, mentre chi lavora veramente ha gli stipendi più bassi.
Conversazione 2. La moda abbruttisce e rincoglionisce.
- Parliamo del mondo della moda. C'è un paradosso che ti porti dietro da tempo: parli malissimo del mondo della moda e ci hai lavorato a lungo. Sputi nel piatto in cui hai mangiato?
Si, perché è il mio piatto, non quello di un altro.
- Questa è buona: Ma cosa pensi davvero della moda?
Hai presente quei bei culoni di ciccione racchiusi nei panta-collant? Sono un effetto della moda. E quelle scarpe con tacchi vertiginosi, con lacci attorno alle gambe? O quelle con la suola a carrarmato e il tacco di venti centimetri sulle quali caracollano ragazze anoressiche? Anche quelle, scarpe e ragazze, sono un effetto della moda.
- Cosa vuoi dire?
Che il capello debba essere unto lo dice la moda, che la gonna debba essere mini lo dice la moda, che i pantaloni debbano cascare, che le mutande debbano ridicolizzare chi le indossa, lo dice la moda. Che le donne debbano essere magre e che gli uomini debbano somigliare sempre più alle donne, lo dice la moda. Per colpa della moda siamo sempre più brutti e più stupidi.
- Ah, volevo vedere dove saresti arrivato.
La moda è quel sistema perverso che ci fa perdere il senso del ridicolo e quello della proporzione. Nascono bambini già alla moda, circondati da oggetti e vestiti alla moda. E non c'è effetto più aberrante del consumismo quando si abbatte sugli innocenti e sugli ignoranti. La moda non è, come potrebbe sembrare, il prodotto di una evoluzione del costume e del gusto. E' il sintomo di una regressione, di una deficienza: più in generale, dell'impossibilità di giudicare con il proprio cervello tra ciò che è bello e ciò che è brutto, tra ciò che è utile e ciò che è superfluo. Chi segue la moda in modo ossessivo si consegna, anima e corpo, a qualcuno che ha deciso per lui. E chi ha deciso per lui ride nell'ombra.
- Il mondo della moda è tutto da buttare?
Si, perché tutto ciò che riguarda la moda non alleggerisce soltanto il portafoglio, alleggerisce anche la dignità.
Conversazione 3. La tecnologia uccide il talento.
Si, un decennio molto importante, positivamente e negativamente. Però questa dipendenza tecnologica non va bene. Cioè, io non sono contrario, figurati, un fotografo contrario alla tecnologia.... Però inibisce nei giovani la creatività.
- Pensa un po', io ero convinto del contrario...
Il talento viene ucciso dalla tecnologia. Credono di più alla tecnologia che al loro talento. Le tecnologia è una forma di raccomandazione. Ti garantisce un risultato finale che si conforma.
E finisce che ti fai prendere dalla tecnologia per giustificare la tua paura di non avere abbastanza talento.
- Questa me la devi spiegare meglio.
La tecnologia deve essere solo uno strumento, non un nuovo credo. Se è un aiuto per fare cose che hai già in testa va bene. Ma se in testa non hai niente la tecnologia ti aiuta a fare qualcosa. E visto che ti aiuta già lei, perché sforzarsi con le idee. Faccio una cazzatina e, grazie alle mie tecnologie, la rendita è alta. Non c'è niente da fare: è inutile che mi stupisci con effetti speciali. Perché poi se sotto la patina tecnologica non c'è niente come la mettiamo?
- Tu dici che spesso dietro la tecnologia non c'è l'idea?
Si, è così. Tutto è confezionato bene così, anche un ragazzino oggi può fare un film. E' l'involucro, grazie ai nuovi programmi, sembra un film d'autore. Ma poi ci guardi dentro e scopri l'inganno. La tecnologia inganna molto: oggi cento chilometri sembrano una distanza piccola, mentre una volta, quando c'erano le carrozze, cento chilometri erano tanti chilometri.
La tecnologia spiazza e aiuta, agevola e castra. E' tutto e niente. Sta sempre all'individuo guidare la macchina.
Uccidi il padre e la madre,
nel senso metaforico ovviamente,
che vuol dire renditi indipendente il prima possibile:
non stare appiccicato a "mammà" troppo a lungo,
altrimenti la vita, dopo, ti risulterà estranea.
Uccidi la scuola:
studia per capire, per apprendere, non per i voti,
e sentiti libero di leggere ciò che vuoi.
E se un giorno non hai voglia di andare a scuola, non andare!
Vai al cinema come me, vai a vedere un'opera d'arte,
ma non andare al bar!
Devi capire di non perdere tempo,
e purtroppo tante volte andare a scuola è come perdere tempo.
Contesta tutte le verità che ti vengono propinate,
non credere a tutto quello che ti dicono.
Sii onesto, molto onesto:
è questo che fa la differenza in un uomo.
L'onestà è tutto, solo i mediocri devono imbrogliare.
Domandati veramente se hai qualcosa di nuovo da dire.
E se non l'hai devi cercarlo e devi trovarlo.
A tutti i costi, perché tutti noi abbiamo qualcosa di nuovo da dire.
Oliviero Toscani