Incontriamoci in quel punto li.

 

 

 

 

Da qualche anno sono diventato un vecchio. Non un senior, un giovanotto della terza età, un diversamente giovane, no. A 60 anni mi sono laureato vecchio, un traguardo invidiabile, un'età in cui si può essere forti come querce e folli come bambini. Della giovinezza non ho rimpianti né mancanze; dell'infanzia sì, una sola: la spensieratezza. Non ho soldi, casa, incarichi, assicurazioni, pensione. Campo alla giornata. Sono qui, ora, come te che mi leggi.
Del domani mi stufa parlarne come del passato, perché entrambi non esistono, sono braci che la nostra mente attizza, ma invece di scaldarci ci terremotano il cuore. Me ne guardo bene, voglio essere un vecchio spensierato. Riuscirci è la sfida di ogni attimo. Per il nostro mondo la vecchiaia è un'oscenità, invece di essere considerata sacra come per gli antichi.
Che follia, per i trenta-quarantenni, liquidare i vecchi con commiserazione, quasi con disprezzo. Si candidano alla stessa tragica sorte perché domani avranno i capelli bianchi. Quel giorno prossimo come potranno rispettarsi, amare o essere amati? Essere, è tutto quello che ho imparato. Non fare, non apparire, non sembrare: essere. Suonare tutti i registri di quest'organo da chiesetta di campagna in un accordo pieno, armonizzato con la Big Band dell'Universo.
Fallo anche tu, amica, amico mio: donaci il tuo irripetibile accordo. Entra a far parte della grande orchestra, ci manchi. La coscienza universale ha bisogno della tua chitarra, del tuo flauto, del tuo violino per suonare con la gioia più piena. Tutte le volte che mi sono accapigliato, ho ambito a posti di potere, ho accumulato ricchezza o mi sono distrutto per la disoccupazione, per un amore finito, e tutte le volte che l'ho visto fare a te o ad altri, mi sono chiesto, col cuore, sin da bambino: perché ti scaldi tanto? Non lo sai che potresti morire fra un istante? Fermati, respira piano, profondamente, vigile, cosciente. Guarda la vita che entra ed esce dalle narici, alla tua Presenza, l'energia che ti anima e che ti attraversa. Sei qui per litigare, immusonirti, sfondare nel jet set? O la tua missione è un'altra? Respira. Che sei venuto a fare, qui? Quale dono ci hai portato?
C'è solo una cosa ancora più reietta della vecchiaia in questo mondo di sciocchezze adulte. Un bene, un valore prezioso da custodire come la nonna delle favole o la nipotina deliziosa a cui raccontarle. È la nostra più fraterna amica, sorella morte, come la adulava poeticamente San Francesco. Non è la zucca di Halloween. Le zucche siamo noi. Scoprire soltanto in quel momento che di tutto quello che hai, potere, soldi, titoli , a lei non importa un bel nulla, ma conta solo ciò che sei, questo sì sarebbe un "Oibò" da vecchi rincitrulliti. Io sono. E tutti siamo uno. Se non ci credi, guarda, respirando piano, gli occhi della ragazza nella foto. Incontriamoci in quel punto lì.


Diego Cugia, 2019