Velasquez.
Ahi Velasquez, dove porti la mia vita?
Un fiore di campo si è impigliato fra le dita
e tante stelle, tante nelle notti chiare
e mille lune, mille dune da scoprire.
Ahi Velasquez, non t'avessi mai seguito,
con te non si torna una volta sola indietro,
in mezzo ai venti sempre genti da salvare,
sei morto mille volte senza mai morire.
Un vecchio zingaro ungherese,
di te parlando mi giurò,
che c'eri prima di suo padre,
prima del padre di suo padre,
più in là nel tempo non andò.
I cerchi del tuo tronco sono
ferite d'armi e di parole,
che mai nessuno vendicò.
Ahi Velasquez, com'è duro questo amore,
mi pesa la notte prima di ricominciare
e tante veglie, come soglie di un mistero,
per arrivare sempre più vicino al vero.
Ahi Velasquez, certe sere quanta voglia
fermare la vela e ritornare da mia moglie.
E tu mi dici: "Fatti scrivere", è normale,
per te bisogna solo scrivere e lottare.
E la tempesta ci sorprese
due miglia dopo Capo Horn.
Se ne rideva delle offese,
in mezzo al ponte si distese
e fino all'alba mi cantò.
Ragazze, terre, contadini,
da sempre popoli e padroni,
fu lì che tutto cominciò.
Ahi Velasquez, fino a quando inventeremo
un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno
e tante stelle, tante nelle notti chiare,,
per questo mondo, questo mondo da cambiare.
Ahi Velasquez, hai chitarra come spada,
mantello di sabbia, orecchio mozzo antica sfida,
eterna attesa, corda tesa da spezzare
e tanta voglia, tanta voglia di tornare.
Roberto Vecchioni, 1976.