L’amaca e il granchio.

 

 

 

 

Stava ciondolandosi nell'amaca tirata tra i due pali della veranda che confinava con la spiaggia. L'oceano si era allontanato di diverse decine di metri per la forte bassa marea che insisteva sulla costa mozambicana e lo spettacolo dato dal fondale emerso forse non era dei migliori, ma a lui piaceva profondamente.
Forse perché impudicamente l'oceano mostrava parte di sé solitamente coperta, come una bella donna che scoprisse maliziosamente sempre più le gambe.
L'amaca era momento di piacere, di riflessioni, di ricordi, di nostalgie,di rimpianti, ed il mare era per lui il mezzo voluto, ricercato, perché tale momento si realizzasse appieno, quale fosse un catalizzatore emozionale.
Pensò a qualche donna che era transitata più o meno velocemente nella sua vita, ma evitò accuratamente di soffermarsi su quelle a cui era capitato durante il transito di essere usate come paraorecchi. Due ne rammentava: una perché l'aveva definito "selvaggio", l'altra perché gli disse che non aveva bisogno di nulla per attrarre una donna, bastavano gli occhi e lo sguardo. Piacevoli idiozie.
Pensò alla insoddisfazione con cui aveva sempre convissuto, che rendeva stimolante solo il durante e non il fine: l'adrenalina stava in circolo nella salita, ma una volta raggiunta la cima, l'adrenalina la pisciava fuori e la noia ne prendeva il posto.
Pensò che quello in cui aveva per decenni, sin da quando aveva maturato una coscienza, creduto, lottato, sperato di vedere realizzarsi, si era progressivamente squagliato, ed ora, giunto alla sua età, si era dichiarato sconfitto, come pure si era dichiarato anarchico individualista, anche al granchio che da qualche minuto lo stava osservando impassibile.
Pensò a quando da bambino passava il tempo, seduto sulla spiaggia del suo paese, a parlare col mare, ad inventarsi da che direzione i pirati sarebbero prima o poi sbarcati.... perché lui aveva sempre amato i pirati, e li amava ancora da vecchio.
Ebbe rimpianto di cose che non aveva fatto, che aveva fatto ma non come doveva, ebbe nostalgia di molte altre, ma il bilancio era sfavorevole per queste ultime e sapeva che nel bilancio della vita è meglio la nostalgia del rimpianto: dalla prima ti fai cullare, il secondo ti strazia l'anima.
Il sole era sempre più cocente, anche se la brezza marina ne mitigava la calura tropicale, l'amaca rendeva il suo servigio, ed il granchio, che certamente aveva compreso i suoi pensieri, si era comodamente sistemato sul pianale di legno.
Pur se la conosceva bene, era ormai qualche anno che viveva sulla costa lasciato il primo mondo, rimase come sempre affascinato dalla prorompente bellezza dello scorcio d'isola e oceano visibile dall'amaca.
Pensò all'infinita imbecillità dell'uomo, ormai deciso a distruggere la magnificenza della terra, e concluse rimuginando che forse non era imbecillità, ma la sublimazione perversa ed assoluta della propria arroganza antropocentrica: essere l'unica specie animale che si sarebbe estinta non per cause ambientali indipendenti ad essa, ma per autodeterminazione. 
Teoria delirante? Fissò il granchio che gli parve condividere in toto l'analisi.
Si alzò lentamente, si versò una mezza pinta di rhum, succo di lime e una spolverata di mondzo, ne fece una golata e si incamminò lungo la spiaggia verso l'oceano: una abluzione liberatoria era indispensabile.
Il granchio lo guardò con la compassionevole superiorità di chi aveva saputo vivere. 
  
Calico Jack, 2008