B side.

 

 

 

 

Riflessioni di un antropologo.

Chi l'avrebbe mai detto, che qualcosa nata per designare la canzone seconda per importanza in un 45 giri sarebbe diventata un eufemismo erotico? Mantenendo però l'idea che, chi avesse acquistato una canzone, girasse il disco per vedere cosa gli avessero appioppato dall'altra parte. Come se questa parte nobilissima del corpo femminile o maschile dovesse essere una sorpresa o una delusione rispetto al lato A. 
E in questo caso, cos'è il lato A? Il viso, gli occhi, o forse piuttosto il seno (o la "tartaruga" maschile)? Ma da almeno cinquant'anni, con un ribaltamento che data dalla comparsa dei primi jeans, il lato B non è più un bonus, ma piuttosto il primo luogo dell'attenzione.
Ci sono culture che ne hanno fatto la mitologia, la spiaggia di Ipanema a Rio, dove il top-less è interdetto, ma il filo dentale, la mutandina ridotta a filo, è entusiasticamente accolta.  
Nelle culture africane, ma anche in quelle latinoamericane, c'è una andatura che si impara, quel fare andare di qua e di là la vista di chi vi segue, quello che in Sicilia sia chiama "annacare", cioè muovere il lato B come se fosse una naca, una culla. E che altro sono i tacchi se non uno strumento di questo "bilanciarsi" sulle natiche, qualcosa che solo i colonnelli e i generali sanno fare altrettanto bene sui loro stivali?
Il lato B spinge gli uomini a voltarsi o a fare di tutto per vedere se al viso che li ha colpiti corrisponda un dialogo di spalle, e spinge le donne a essere abilissime a guardarsi nelle vetrine con la coda dell'occhio.
Ci sono culture come quella giapponese dove c'è, a confronto con l'occidente, un po il complesso dell'assenza del alto B. I corpi delle donne di Tokyo sono interessanti, intriganti, ma hanno qualcosa che immancabilmente notate appena sfilano accanto alle cugine cinesi o vietnamite.
Gli stilisti di Tokyo lo sanno e puntano su parti che ribaltino questa assenza: come la moda che impazza per ora, pantaloncini inguinali e cosce scoperte sino al ginocchio, anche in inverno.
Da cultura a cultura l'attrazione per il lato B cambia, viene deprecata o esaltata, produce "piropi", esclamazioni di apprezzamento nei passanti maschi, di Buenos Aires o dell'Havana o di riprovazione negli anziani, ma in qualche modo è sempre in ballo.
Si balla per poterlo mostrare meglio, ci sono danze che si basano solo sul movimento delle natiche e dello stomaco, e non è un caso che è dall'oriente arabo e turco che vengano i movimenti più estremi, come nella danza del ventre che chiude il bellissimo film "Couscous" di Abdellatif Kechiche.
Perché gli uomini, ma anche le donne, ne sono attratti così tanto?
Perché quella parte racconta la differenza sessuale, ma anche la somiglianza sessuale più di ogni altra parte del corpo, ed è in questa ambiguità che si scatena il desiderio.
  
Franco La Cecla, 2011