Tupilaq.

 

 

 

 

I tupilaq in origine erano spiriti maligni contenuti negli scheletri di diversi animali, che venivano cuciti in un pezzo di pelle imbottito di torba e riportati in vita. ll tupilaq veniva nascosto nel kayak della persona che era oggetto della fattura, oppure veniva gettato in mare, in attesa dell'arrivo della vittima e della morte della persona odiata. Purtroppo, se il motivo dell'odio non era reale, oppure se la vittima era a conoscenza di rituali magici più potenti, il tupilaq si ritorceva contro chi l'aveva preparato. Era quindi un oggetto da trattare con estrema cautela.
I primi tupilaq artistici furono realizzati intorno al 1880 su richiesta dei danesi. Dapprima furono intagliati nel legno e in un secondo momento in osso, denti di animali e pietra saponaria. Ma la Groenlandia ha, nelle sue tradizioni, sempre pacifici intenti, anche quando si tratta di sfidarsi a duello. E' tipica della Groenlandia orientale infatti, la tradizione della danza con i tamburi. Due pescatori cantano a turno, accompagnati da un ritmo ottenuto battendo le bacchette sul bordo del tamburo. Il ritmo cadenzato è sottolineato da poderosi movimenti dell'addome.
Il primo a parlarci dei tupileq (plurale di tupilaq) fu l'esploratore danese Knud Rasmussen, inuit per parte di madre, che nei primi anni del 1900 guidò diverse spedizioni in Groenlandia, raccogliendo storie e canti delle popolazioni indigene, che divulgò poi nella più famosa delle sue opere, "The People of the Polar North", del 1908. ll tupilaq è un essere soprannaturale che condivide la sua natura con altri esseri presenti nella tradizione occidentale, dagli homuncoli di Paracelso fino al golem ebraico.
Creato dallo sciamano con pelli e ossa di animali - ma anche umane - pezzi di legno e quant'altro, è una specie di mostro di Frankenstein in veste animale, che può assumere le sembianze di una foca o di un altro animale, e prende vita grazie a un canto magico e al contatto con l'acqua. Ma mentre il golem viene creato dal rabbino solo in gravi casi di emergenza e ha il compito di difendere la comunità minacciata, il tupilaq è essenzialmente uno strumento malvagio, finalizzato a uccidere un nemico. Uno strumento malvagio e pericoloso da usare, perché, se lanciato contro una persona dotata di poteri maggiori del suo creatore, può rivoltarglisi contro.
Non risulta che, di tutti gli antropologi che indagarono sulla sua esistenza, qualcuno ne abbia mai visto uno. E la cosa è più che comprensibile, dato che il tupilaq è per sua natura visibile solo al suo creatore e alla persona cui è destinato. E ormai che la maggior parte della popolazione inuit si è convertita al cristianesimo, sarà difficile che ne circolino ancora.
La curiosità degli esploratori nei confronti di questo essere magico, però, era tale che gli inuit cominciarono a intagliare delle statuette per mostrare loro le fattezze del tupilaq. I primi erano fatti di legno e pelle o fanoni di capodogli; dopo le recenti restrizioni poste alla caccia delle specie protette, questo materiale venne sostituito da zanne di tricheco e corna di caribù, ma negli anni sessanta vennero utilizzate anche corna di bufalo importate dall'Africa.
Oggi quella del tupilaq è una forma d'arte, sviluppatasi soprattutto nell'area orientale della Groenlandia, dove esiste una forte tradizione di intaglio, e il tupilaq non è il solo essere magico a essere rappresentato: ci sono anche il kikituk, suo equivalente dell'Alaska nordoccidentale, l'uccello dalle piume nerissime Tulugak, figure mitologiche come Sedna, dea del mare, Takanakapsaluk, che ha potere su tutte le creature marine, o Kajutaijuq, che possiede solo testa e gambe.
Molte delle espressioni artistiche contemporanee si rifanno ad antichi riti e leggende, mantenendo viva la stretta connessione fra arte e magia che è esistita in tutte le culture. Se i primi graffiti tracciati sulle pareti di una grotta o i primi simboli di fertilità scolpiti nel legno o nella pietra nacquero probabilmente da una funzione propiziatoria, una volta perso il valore "magico", rimase quello artistico. Ma c'è anche un ritorno, dall'arte alla magia, quando la prima svolge la funzione di mantenere vivi nella memoria di un popolo tradizioni e rituali ormai scomparsi. E forse questa è una delle ragioni per cui anche in occidente siamo affascinati dalle forme d'arte ancora così vicine alla loro origine.
Portata all'attenzione mondiale da una prima mostra svoltasi a Montreal nel 1949, dopo il 1999, con la costituzione del Governo indipendente di Nunavut, l'arte inuit -e non solo quella dell'intaglio- vive una stagione di grande sviluppo, soprattutto grazie a Enti pubblici e Fondazioni e Musei che custodiscono importanti patrimoni e promuovono l'arte contemporanea. Alcune delle loro collezioni hanno girato tutto il mondo e sono arrivate anche in Italia, prima nel 1995 a Verona, e più recentemente a Roma.