Fantasma d’amore.

 

 

 

 

Una narrazione straordinaria in cui amore e malinconia, inquietudine e nostalgia, poesia e follia si amalgamano perfettamente, fotografia e ambientazione strepitose che travalicano l'immagine divenendo transfert psicologico dei due amanti "perduti e ritrovati", interpretazioni di grande levatura, fanno di "Fantasma d'amore" uno dei film che ho amato di più. Due letture introducono il link dello streaming RAI, purtroppo di mediocre qualità: se potete cercate una proiezione ottimale che non penalizzi la fotografia. Da non perdere se ancora non visto, da rivedere, se piaciuto, per assaporarne nuovamente le indimenticabili atmosfere esterne e interiori, per ripensare alla follia come dolce, estrema alternativa all'insostenibile grigiore del quotidiano.
Prima lettura, di Davide Comotti.
Anche questo film, come "Anima persa", è tratto da un romanzo, l'omonimo "Fantasma d'amore" di Mino Milani- con la sceneggiatura di Risi e Bernardino Zapponi. Fra le due opere c'è una certa continuità e somiglianza, quasi a voler portare avanti il discorso iniziato quattro anni prima: innanzitutto la presenza di due attori monumentali come Mastroianni e la Schneider (nel precedente abbiamo Gassman e la Deneuve), l'atmosfera insieme misteriosa, romantica e triste, nonché tutta una serie di tematiche complesse quali l'amore, il ricordo, il tempo che fugge, la follia.
"Fantasma d'amore" introduce, insieme all'elemento "giallo", anche una presenza soprannaturale -appunto il "fantasma" del titolo- impersonato dalla Schneider con la consueta eleganza. Naturalmente lo sguardo di Risi è scevro da ogni elemento thriller, anche se il carattere misterioso e gotico della storia contribuisce in maniera decisiva a rendere affascinante il film. Dalla Venezia decadente di "Anima persa" ci spostiamo in una Pavia grigia e nebbiosa. Le location svolgono nuovamente un ruolo fondamentale per la creazione dell'atmosfera: dalla piazza dove si svolge il mercato popolare ai vicoli uggiosi, dal ponte nel centro cittadino fino al fiume in campagna. Tutto è quasi sempre avvolto nella nebbia o bagnato dalla pioggia, i paesaggi trasudano mistero e abbandono: la regia di Risi è talmente solida e attenta che lo spettatore può quasi "sentire" gli odori, profumi e percezioni che incontra lungo la vicenda.
Altrettanto suggestivi sono gli interni, tre in particolare: la casa borghese dove Nino e Teresa consumano stancamente il loro matrimonio ("come due vecchi amici", afferma Mastroianni), la lussuosa villa in cui abitava Anna Brigatti (che tanto ricorda quella di "Anima persa") e la misteriosa abitazione di Padre Gaspare, uno spretato dedito all'occultismo. La decadenza nostalgica dei luoghi è una sorta di corrispettivo esterno del grigiore interiore che vivono i personaggi: malinconia e ricordi accompagnano costantemente Mastroianni e la Schneider, che si trovano a riprendere un'antica storia d'amore interrotta anni prima, una relazione adesso impossibile in quanto supera i confini della realtà.
Un amore profondo, mai sopito -opposto alla noiosa routine in cui Nino vive insieme alla moglie- talmente forte da far "rivivere" la defunta Anna, il cui "fantasma" si manifesta al protagonista prima sotto forma di una vecchia decrepita, poi nelle consuete e splendide sembianze, quasi si nutrisse del suo sentimento. Ma il commovente finale, con Mastroianni ricoverato in manicomio che vede il volto della Schneider anche in un'infermiera, crea una suggestione secondo cui tutto quanto vissuto sia frutto della sua folle immaginazione.
Ad ogni modo, il film è costruito apposta per non dare una spiegazione razionale: poco importa se Anna Brigatti sia fantasma o follia, quello che conta per Dino Risi è creare sensazioni ed emozioni nello spettatore, che si trova avvolto in questa atmosfera sognante, sospesa nel tempo, rarefatta e surreale, il tutto accresciuto dalle malinconiche musiche di Riz Ortolani. Seguiamo quindi, con una forte immedesimazione e partecipazione emotiva, Nino Monti mentre vaga per le stradine di Pavia o nell'antica villa in cerca dei luoghi del suo antico amore: una "ricerca del tempo perduto" struggente e quasi proustiana, che diventa un bellissimo sogno fino a trasformarsi in amara disillusione a cui l'uomo non vuole rassegnarsi, fino a precipitare sempre nella follia.
La malinconia del tempo perduto è rafforzata dai ricordi della giovanile passione, tradotti cinematograficamente in flashback con atmosfere luminose e inquadrature "flou": gli unici momenti di luminosità presenti nel film, dominato per il resto da tonalità grigie e cupe (da notare la cura fotografica di Tonino Delli Colli). Amore, malinconia e mistero si intrecciano indissolubilmente. Memorabili e intensi gli incontri fra i due innamorati che si ritrovano e riaccendono "l'antica fiamma": prima casualmente su un autobus, poi nella villa barocca, infine nella romantica e drammatica gita in barca sul Ticino -con la donna che precipita in acqua e vi scompare come l'Ofelia dell'"Amleto" shakespeariano.
Per quanto riguarda l'aspetto più "gotico", è notevole la sequenza in cui Monti naviga sul fiume avvolto nella nebbia scorgendo sulla riva opposta un uomo, a cui offre un passaggio senza però ricevere risposta: un altro "fantasma", una sventurata anima errante che aspetta di essere traghettata, con Mastroianni che compie una sorta di viaggio dantesco tra i fantasmi del passato. Inquietante il personaggio dello spretato Padre Gaspare (Michael Kroecher): scheletrico e dallo sguardo folle, vive in uno studio pieno di libri antichi, fra teschi e gatti neri, e ammonisce il protagonista come una severa guida -se vogliamo proseguire la suddetta metafora, è il novello "Virgilio" nel viaggio fra le ombre. Arricchisce il tutto una sotto-trama gialla, con l'omicidio di una donna e le relative indagini: un caso che si rivelerà connesso al personaggio della Schneider e che rimane aperto a varie interpretazioni.
Immensi i due protagonisti. Mastroianni si conferma, come in ogni film, uno fra i migliori attori del cinema italiano: nell'evoluzione del personaggio, nell'espressività del volto e nella calda voce che fa anche da narratore esterno -come se il film fosse un suo "diario segreto". Romy Schneider regala un'impagabile eleganza e profondità a questo carnale fantasma, passando dall'avvizzita signora alla splendida ragazza del passato.
Come in "Anima persa", anche in "Fantasma d'amore" la colonna sonora è un elemento fondamentale per la costruzione dell'atmosfera. Qui è affidata a uno fra i più grandi compositori del cinema italiano, Riz Ortolani, conosciuto dagli amanti sia del cinema "di genere" sia del cinema "d'autore". In questo film, il maestro si avvale di un musicista d'eccezione: il celebre clarinettista americano Benny Goodman, che esegue una performance impeccabile sulle note composte da Ortolani. Un brano lento, malinconico e ricco di sonorità quasi jazz, con un retrogusto di mistero; questa melodia si alterna con musiche più romantiche e altisonanti che accompagnano i flashback, unici veri momenti di felicità dei due personaggi.
Seconda lettura, di Carlo Baldacci Carli.
Alla sua uscita, questa pellicola non fu ben accolta. Definita un "goffo tentativo di fare un film gotico all'italiana", con una trama "artificiosa e contorta", venne stata snobbata e accantonata come se si trattasse di un qualcosa di presuntuoso e poco serio, su cui nemmeno valeva la pena spendere due parole. Ovviamente critiche di tale fatta non vengono qui reputate condivisibili. "Fantasma d'amore" è un film gotico, che alle atmosfere più cupe ed inquietanti, tipiche di questo genere letterario ed artistico, preferisce atmosfere più rarefatte in cui le tematiche portanti amore, vendetta, desiderio, passione e morte, abbandonino i loro connotati più angoscianti e più irruenti, per sviluppare, invece, il loro lato più poetico e malinconico.
La prima cosa che salta all'occhio dello spettatore è l'eccellente fotografia realizzata e curata da Tonino Delli Colli. I colori sono tenui, quasi sbiaditi. Tante differenti gradazioni di grigio contribuisco a creare un'atmosfera spettrale e misteriosa, che, insieme alle nebbie che invadono i vicoli di Pavia e alle foschie che salgono dalle acque del Ticino, sfuma gli oggetti e cancella i confini dello spazio visivo proiettando sia i personaggi, sia lo spettatore, in un clima irreale, sospeso nel tempo e nello spazio, scevro di concretezza. Tonino Delli Colli aveva curato anche la fotografia di "Anima persa". A questo punto è facile vedere come il cast tecnico dei due film sia praticamente il medesimo. Forse per questa ragione quanti si aspettavano due pellicole simili sono rimasti inevitabilmente delusi. In "Anima persa", Risi dirige una storia carica di tensione, cupa e inquietante, torbida e psicologicamente violenta, quindi è ovvio che in quel film la fotografia giocasse molto di più con l'alternanza di chiari e scuri, risultando più vivace e d'impatto. "Fantasma d'amore", invece, ci racconta una storia più malinconica, permeata di poesia e di dolcezza.
I ritmi narrativi sono rarefatti e leggeri proprio come le foschie di Pavia. Dino Risi non vuole creare tensione nello spettatore, ma un senso d'inquietudine e di nostalgica malinconia. Forse è per questo motivo che non ricorre all'uso di quelle che Hitchcock definiva "scene shock". Anche quando ci viene mostrata la portinaia con la gola tagliata, la macchina da presa non indugia su particolari truculenti. Questo non è un film dell'orrore, non è un thriller, né un noir, né un giallo. Questa è una storia d'amore. E come tale ci viene raccontata.
Le eccellenti sfumature di grigio della fotografia vengono poi esaltate dalle musiche composte da Riz Ortolani, i cui temi sono eseguiti al clarinetto da Benny Goodman. Dolci e melanconiche, esse accompagnano con tenerezza i personaggi nel ricordo e nella riscoperta del loro amore, mai dimenticato. La recitazione degli interpreti è perfetta. Quella di Mastroianni, convincente, delicata e seducente, ci trasmette questo sottile dolore di un'esistenza, quella di Nino Monti, vissuta sottotono, schiva e timorosa di affrontare le traversie della vita, sottomessa ad un esercizio mentale, razionalmente opportunistico, di fuga dalla sofferenza il cui prezzo è l'assenza di felicità. La recitazione della Schneider è più sofferta, così come lo è il suo personaggio. È tormentata, bramosa di vita, affamata di carnalità, ma al contempo eterea e leggera come spesso sono i ricordi di un amore passato.
Sono affascinanti i vari riferimenti alla simbologia classica. Dino Risi ci offre alcuni primi piani di una moneta da cento lire, quelle cento lire che Nino Monti offre alla donna sull'autobus perché possa pagare il biglietto di passaggio. La moneta compare a più riprese ed è sempre inquadrata sul lato della testa. È evidente il riferimento all'obolo che doveva essere versato a Caronte, il traghettatore infernale, per passare dal mondo dei vivi al mondo dei morti. Oltre che obolo, quelle cento lire sono anche un pegno rimasto in sospeso fra Nino ed Anna. Così come era rimasto in sospeso fra loro un pegno d'amore: un bacio richiesto e mai dato.
"Sai, Anna, un giorno, tu forse non te lo ricordi, ma al momento di lasciarci mi hai offerto le labbra per un ultimo bacio, ma io non me ne sono accorto. L'ho capito subito dopo, ma tu eri già andata via".
"Non mi sembra così grave", replica lei.
"No, ma vedi: quel bacio, che tu volevi e che io ho dimenticato di darti, è come un debito che ho verso di te. Per quanti baci ti abbia dato dopo, non potrò mai andare in pari con quel bacio che mi chiedevi e che non hai avuto".
La simbologia giunge poi alla sua apoteosi con la metafora acquatica come momento di fisica transizione fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un incontro sul fiume. Le acque del Ticino scorrono placide fra le sponde alberate e velate di nebbia. Nino le attraversa con una barca a remi per incontrare ancora Anna in un luogo dove un tempo si nascondevano per fare l'amore. Un personaggio dallo sguardo assente sembra attendere su una sponda qualcuno che gli dia un passaggio, ma quando Nino glielo offre, questi neppure risponde. Poi l'incontro fra gli amanti. Segreti del passato che vengono rivelati senza colpi di scena, ma con la solita dolcezza che permea tutta la pellicola. E ancora il volto bellissimo della Schneider, che affonda sotto la superficie dell'acqua con un'espressione serena ed indulgente, sembra elevare il suo personaggio a divinità, come fosse la Dama del Lago. Anche se resta quella metafora acquatica che indica la transizione fra i due mondi.
Film denso e carico di simbologia, "Fantasma d'amore" scorre morbido senza voler preparare colpi di scena eclatanti. Ritmi rarefatti per una storia sospesa, raccontata sottotono, con un filo di voce che è al contempo preghiera e sussurro, invocazione e ricordo, speranza e lamento. La sceneggiatura, ricca, fluente e con dialoghi lunghi e complessi, dona emozione e sentimento, oltre che poesia e una dolce tristezza.
Forse i critici che hanno stroncato "Fantasma d'amore", asserendo che "le interpretazioni straordinarie di Mastroianni e della Schneider sono state sprecate", pensavano oppure speravano di trovarsi di fronte ad un thriller dai ritmi convulsi e con scene di forte impatto visivo. Spiacenti per loro. O forse avrebbero preferito un film che avesse i soliti contenuti politici e ad "alto valore sociale", come se far cinema in Italia fosse solo questo. Contrariamente a costoro, chi scrive reputa assai apprezzabili film come questo ed "Anima persa", in cui gli autori, per una volta, se ne sono fregati del mondo politico italiano e di tutta quella presuntuosa intellighenzia politicizzata, mai sufficientemente paga della propria pochezza artistica e culturale, che desidera soltanto film demagogici in linea con la loro ideologia. "Fantasma d'amore" è un film d'alta scuola. Forse non ha espresso interamente il suo potenziale, così ricco e poetico, ma resta un film da scoprire e da riscoprire. Forse non un capolavoro, ma di certo un'opera di grande qualità.
Potrebbe anche dirsi che si tratta di un film che rimane in sospeso fra generi differenti, fra il compiuto e l'incompiuto, così come la storia che narra. E così come dice Nino Monti in questa sua riflessione: "Vede, caro signore: tutto quello che dicono dell'aldilà, dell'aldiquà... sono soltanto storie! Perché siamo sempre noi; siamo vivi e siamo morti nello stesso tempo!".